Intervista doppia a un Carema buono fino alle lacrime

Intervista doppia a un Carema buono fino alle lacrime

di Gianluca Rossetti

Scrivere è possibile in un’infinità di stesure. Indispensabile che almeno per un essere vivente quel che hai scritto abbia senso. Non necessariamente quel qualcuno devi essere tu ma sarebbe un buon inizio” (Anonimo).

Ragionandoci a dovere, ho pensato che potesse essere divertente dar vita e sostanza a questa epigrafe, forzandola in una sorta di “intervista doppia”. Il soggetto è: raccontare da prospettive differenti la stessa cosa. Lo scopo non dichiarato è altro, ai limiti della perversione e certamente a nord delle mie capacità: l’idea che la parola, nel migliore dei casi, è il fine, non il mezzo.

VERSIONE 1.

Per una volta parlo di vino. Nel senso di boccia specifica, chiaramente identificata. E anche la scrittura sarà diversa. Dovendomi concentrare su uno singolo tra gli universi possibili faticherò non poco. La libertà d’azione è costretta in volumi ridotti, comunque non eccedenti 0,75l.

Siamo tra le alture del nord Piemonte. Carema Riserva della Cantina Produttori Nebbiolo di Carema, millesimo 2012. Quasi un monopole quello del Consorzio, escludendo giusto un paio di ettari. Le terre a vite stanno in un fazzoletto, annodato attorno ai dirupi morenici della montagna di Carema. Disegno del vigneto particolarissimo, un dedalo di colonne (i “pilun”) a ferire i terrazzamenti come Menhir, per reggere una teoria di pergolati su cui poggiano i tralci. Architettura che assomma alla funzione di sostegno quella di regolatore termico, cedendo alle piante il calore accumulato dalla pietra durante il giorno. Qualcosa, forse a sproposito, mi ha fatto pensare oltre che ai ciottoli che si possono rinvenire in Medoc come in Friuli – quindi alla funzione di scambiatore della pietra -, ai muri che solcano il Clos Cristal, letteralmente attraversati dalle viti: sperimentazione feroce con mezza pianta al sole e il resto che si offre al vento e al freddo, ingabbiato dalla roccia.

Il disciplinare prevede che la denominazione possa essere rivendicata solo dai vigneron che hanno impianti nel comune di Carema, oggi intorno ai quindici ettari; ne consegue una manciata di ettolitri tendente alla rarefazione. Tre anni di invecchiamento obbligatori per la riserva, di cui almeno uno in legno.

Verso nel bicchiere. La trasparenza del nebbiolo, la luce che già si fa trama di riflessi autunnali, splendono su un granato pieno. Mi accosto timidamente, impaurito da un’evoluzione che immagino repentina. I sentori sono di maturità raggiunta, come se il vino si trovasse all’apice della sua parabola espressiva. Non me lo spiego molto, considerando l’età, ma difetti non ce ne sono, quindi procedo. E me la godo. Devo averlo detto o scritto da qualche parte: siamo nella terra di mezzo tra emporio di spezie ed erboristeria. Profumi di sottobosco, liquirizia, fiori macerati e coulisse di piccoli frutti rossi, alloro, genziana, ruggine e terra umida. Di un’intensità stordente. L’assaggio è accovacciato nello stesso solco: pieno ma dritto come una pertica, in contrappunto salvifico tra morbidezze e pressione verticale. Chiude quasi salino per poi riemergere in retrolfazione con rimandi speziati e terrosi. Una piccola, definitiva forma di piacere e, senza dubbio, tra i migliori campioni nel rapporto qualità\prezzo del millennio. Lo trovate intorno ai sedici euro, presso il Consorzio probabilmente anche a meno. Se posso dare un consiglio, pigliatene un bancale. Il vino adesso è un interprete di ragionata eppur sensuale pacatezza; nulla ci trovo della rabbiosa esuberanza di un nebbiolo in fasce: non ne conosco il motivo. E me ne importa poco. Per quanto mi riguarda potrebbero anche averlo messo in botti scolme sotto il sole o passato al microonde prima della commercializzazione. Ma io ho apprezzato lo stesso. Sulla resa nel tempo non riesco a sbilanciarmi. Se mantenesse questi talenti anche per i prossimi dieci anni certamente di una cosa mi pentirei: averne comprato solo un bancale.

VERSIONE 2.

Immagini di schiene rotte, caricate dalla terra del fondovalle, viste risalire fino in cima ai gironi dell’inferno, sorvegliati dalla corona gelida dei muretti a secco. A questo ho pensato, quasi vedendolo, quando ho bevuto per la prima volta un Carema. Non per come è oggi la viticultura lì ma per come immagino sia stata all’inizio, quando lì si decise di coltivare o si fu costretti farlo. E improvvisamente il sorso è più buono e pieno e forte di quanto sarebbe mai potute essere di suo. Sa di buono. E la voglia di riberne è seconda solo al piacere che ne ricavo. Non costa molto, non ne fanno molto. Da quell’inferno di fatica sono scappati in tanti. Spero ne rimanga almeno uno: a raccontarmi il peso di ogni singolo passo. Mentre sale dal fondovalle.

avatar

Gianluca Rossetti

Nato in Germania da papà leccese e mamma nissena. Vissuto tra Nord Reno westfalia, Galatina (Le) e Siena dove ho fatto finta di studiare legge per un lustro buono, ostinandomi senza motivo a passare esami con profitto. Intorno ai venti ho deciso di smettere. Sai com'è, alla fine si cresce. Sommelier Ais dal 2012, scrivo abbastanza regolarmente sul sito di Ais Sardegna. Sardegna dove vivo e lavoro da diciotto anni. Sono impiegato nella PA. Tralascerei i dettagli. Poi la musica. Più che suonare maltratto le mie numerose chitarre. E amo senza riserve rock prog blues jazz pur non venendo ricambiato. Dimenticavo, ho un sacco di amici importanti ma non mi si filano di pezza.

9 Commenti

avatar

elle

circa 7 anni fa - Link

Il Carema è commovente; suggerisco, una volta effettuato l'acquisto in cantina, di allungare qualche km in direzione Aosta e provare il Donnas alla cantina sociale, altra bella espressione di nebbiolo di montagna.

Rispondi
avatar

andrea jermol groppi

circa 7 anni fa - Link

Provati entrambi. Il Donnas ( annata 2010) era decisamente più duro e meno complesso. Il Carema riserva per me è il miglior qualità prezzo d' Italia.

Rispondi
avatar

ALE

circa 7 anni fa - Link

parli del Donnas base? la selezione NAPOLEON è più complessa/aperta e c'è anche il vieilles vignes, che definirei un simil Sfursat della Valtellina ovvero con un lieve appassimento delle uve nebbiolo prima della vinificazione, il risultato è OTTIMO

Rispondi
avatar

Luca Sacco

circa 7 anni fa - Link

Sia il Napoleon che il Vielles Vignes sono meritevoli di un assaggio. Tra i due decisamente il primo é più nelle mie preferenze, un bicchiere che consiglio. Il donnas base non mi ha mai convinto del tutto, sempre un poco piatto in bocca. Però le vigne, inerpicate sui terrazzamenti di pietra, mi emozionano ogni volta che vado a Donnas.

Rispondi
avatar

andrea jermol groppi

circa 7 anni fa - Link

Provati entrambi. Il Donnas ( annata 2010) era decisamente più duro e meno complesso. Il Carema riserva per me è il miglior qualità prezzo d' Italia. Il 2012 descritto molto buono ma non come il 2011. L' autore ha forse raccolto previsioni sul 2013?

Rispondi
avatar

Vinocondiviso

circa 7 anni fa - Link

Quel millesimo (2012) mi è piaciuto anche se meno di altri (ad esempio del 2011 dei Produttori, o del 2010 di Ferrando). Però l'intervista doppia non è male come idea! ;-)

Rispondi
avatar

Vincenzo busiello

circa 7 anni fa - Link

Nebbiolo di montagna. Rapporto qualità/prezzo: la castellina della fondazione fojanini?

Rispondi
avatar

zzzzz

circa 7 anni fa - Link

2007 fantastico, 2009 un po' caldino, 2010 promette bene

Rispondi
avatar

Luca

circa 7 anni fa - Link

Castellana - Fojanini: La castellina 2010 non meno che ottimo, Le Barbarine Riserva 2009 SPETTACOLARE (e parliamo di circa 17/18€ a scaffale). Sono le due annate attualmente in commercio.

Rispondi

Commenta

Rispondi a Vincenzo busiello or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.