Incontri con gli alieni: una verticale di Chateau Rayas

Incontri con gli alieni: una verticale di Chateau Rayas

di Vincenzo Le Voci

La prima volta che ho assaggiato Chateau Rayas ho avuto una folgorazione. La sensazione che ho provato deve essere stata simile ad un incontro ravvicinato del quarto tipo.
No, non sono mai stato rapito dagli alieni, non so cosa si prova e non so nemmeno se credere a fenomeni paranormali del genere, ma il liquido che avevo appena ingerito doveva avere per forza provenienza extraterrestre, non trovavo altre spiegazioni e in quel momento mi faceva comodo così.

Trasparente, luminoso, impalpabile e allo stesso tempo di incommensurabile profondità, ipnotico, in grado di emanare profumi unici e cosí intensi che non riuscivo ad affiancarlo a nessun altro vino bevuto in vita mia.
È passato tempo da quel primo assaggio, e gli incontri con i vini di Reynaud sono stati frequenti, sì, perchè non esiste solo Chateau Rayas, c’è Fonsalette, Pignan, Chateau des Tours, Domaine des Tours, tutti vini meravigliosi e tutti identificabili in uno stile particolare, simile a nessuno, unico, quello di Emmanuel Reynaud.

Chateau Rayas ha poco in comune con il resto dei vini prodotti nella AOC in Vaucluse, a partire dal suolo da cui viene prodotto:
terra rossa, sabbiosa e priva dei celebri ciottoli protagonisti indiscussi dei terreni di Chateauneuf.

È prodotto con uve 100% grenache, in una Appellation dove si possono utilizzare fino a 14 vitigni diversi, ha rese basse di 10/20 hl/ha, fermentazioni in vasche di cemento, affinamento in botti vecchie o vasche di acciaio per circa 16 mesi.

Pensando alla storia di Chateau Rayas mi viene in mente un noto proverbio che dice: “Non tutti i mali vengono per nuocere”. Ma forse in questo caso sarebbe meglio scrivere non tutte le malattie portano a conseguenze nocive, per lo meno da un punto di vista enologico perché, come è noto, tutto nacque a causa di un disturbo; fu la perdita dell’udito a spingere nel 1880 il notaio Albert Reynaud ad acquistare Chateau Rayas.

Il resto della storia è facilmente reperibile sul web, perciò non mi dilungo troppo e facendo un grande salto temporale arrivo dritto al 1997, anno in cui Emmanuel Reynaud – che al tempo gestiva già Chateau Des Tours – prende le redini dell’azienda più importante di famiglia.

Nella verticale di oggi abbiamo bevuto sette annate di Chateau Rayas, tutte prodotte da Reynaud, più uno Chateuaneuf du Pape Reserve des Célestins (l’altro vino mito del Rodano Sud).
Di seguito le mie impressioni.

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Chateuaneuf du Pape Reserve des Célestins 2009
Chi conosce i vini di Henri Bonneau sa che addentrarsi nel mondo Célestins in annata così recente è un atto di fede, eppure già oggi regala gioia e sorrisi.
Parte trattenuto, ha bisogno di prendere confidenza con l’aria; più tardi alle classiche note di frutta matura e garrigue soggiungono profumi ematici, di smalto e spezie dolci. Carico l’assaggio, ricco, profondo, alla ricerca di un equilibrio che verrà con gli anni. Oggi buonissimo, domani grandioso.

Chateau Rayas 2006
Ho tessuto le lodi della 2006 in ogni occasione e dibattito ma oggi, seppur in ottima forma, ha brillato meno del solito.
Miele, frutta dolce, fragolina di bosco, pulsa nel bicchiere e non cede un millimetro al trascorrere del tempo.
È essenziale, per qualcuno troppo, tanto che l’estrema sottigliezza mette in risalto la componente alcolica e crea una certa insoddisfazione nei palati più sofisticati del gruppo.
Divide il tavolo, tra chi ne apprezza la silhouette e chi lo penalizza per l’eccessiva magrezza.

Chateau Rayas 2005
Parte esplosivo e intenso ma presto si chiude in se stesso e cade in uno stato letargico dal quale non riesce più a svegliarsi. Ha potenza, struttura e profondità maggiore rispetto a tutte le altre annate degustate ma ha bisogno di tempo. Sarà un vino immenso tra 5/10 anni.
Se ne avete, non cadete alla tentazione di stapparlo ora, potreste sprecare ed io l’ho fatto già in due occasioni; uno dei più grandi Rayas degli anni 2000.

Chateau Rayas 2004
Riesce a bilanciare la dolcezza del frutto con profumi di agrumi e radici amare, pare sia il vino più cupo della batteria ma al tavolo seduce a tal punto che per alcuni, contro ogni pronostico, arriva dritto sul podio.

Chateau Rayas 2003
Intensità e ampiezza fuori scala. Nella girandola di profumi dolci, agrumati e speziati, trova spazio anche un sottile tratto animale che dà un tocco di rusticità senza schernire un registro olfattivo di inarrivabile bellezza. Vino meraviglioso, all’apice della sua magnificenza, in grado di mettere d’accordo tutti.
Eletto all’unanimità vino della giornata.

Chateau Rayas 2001
Bottiglia non felicissima che non giudico in quanto non paragonabile ad altre bevute negli anni passati. Per alcuni nel bicchiere ha avuto una bella evoluzione, io non ho colto questa crescita ed ho svuotato il bicchiere forse troppo in fretta.
Dal mio punto di vista, non giudicabile.

Chateau Rayas 1999
A primo impatto si esprime con profumi lattici e terrosi. Vira su un frutto maturo ancora perfettamente integro, arricchito da spezie piccanti che ne completano il quadro. Sofisticato, dal sorso sottile e vibrante. Bella bottiglia.

Chateau Rayas 1998
Dopo 22 anni l’immagine del frutto è nitida, di inusitata bellezza, dal tannino completamente risolto, quindi setoso e dal sorso leggero ma incisivo. Vino pronto ed etereo.

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Vincenzo Le Voci

Farmacista con un passato da bevietichette spinto in via di redenzione, beve tanto e di tutto dal naturismo estremo alle bombe certificate passando per il vinoverismo che non dissangua e convince. Non è tipo che si perde in chiacchiere e va dritto al punto

3 Commenti

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Arnaldo

circa 4 anni fa - Link

Quindi oggi x bere godere direi 2003, 2002, 2004 pur con i suoi limiti (?) e via via con gli ante 2000. 2005 chissa' quando si potra' bere..annata monstre.

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vincenzo

circa 4 anni fa - Link

Hai dimenticato la 2006 che è favolosa e la 2008 che é già molto “ approcciabile” come lo è del resto Célestins 2008.

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Lanegano

circa 4 anni fa - Link

A proposito di 2004 pochi giorni fa ho avuto la fortuna di scolare con due amici una Reserve des Celestins 2004 semplicemente sublime. Davvero una bottiglia memorabile. Tra l'altro tappo perfetto che avrebbe garantito una comoda decina d'anni di cantina senza colpo ferire.

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