Il vino per chi ha pazienza: 8 Brunello di Montalcino a Zagarolo

Il vino per chi ha pazienza: 8 Brunello di Montalcino a Zagarolo

di Emanuele Giannone

Sono monocorde. Anzi no, lo strimpello: studiate il monocorde e scoprirete i segreti dell’universo. Strimpellando lo strumento a una sola corda, un migrante scoprì le relazioni tra gli intervalli musicali, ovvero i rapporti delle serie armoniche. Quell’Asylant che fuggì da Samo e riparò a Crotone, una Berlino-Cupertino-Sophia Antipolis magnogreca, studiò la vibrazione sonora dell’unica corda nelle sue dimensioni infinitamente piccole e ne dedusse le leggi macroscopiche che regolano il cosmo – l’immenso monocorde, per dirla come lui: unica corda trascendentale tesa tra cielo e terra.

Io, monocorde, pizzico spesso la corda dello stesso sangiovese, quello cosiddetto grosso. Che cosa ho scoperto? Qualcosa. Moltissimo e ancora poco. Giusto l’attacco della musica delle sfere. Sono ancora al primo livello, non un matematico ma solo un acusmatico del Brunello. D’altronde, del nostro migrante si dice pure che abbia inventato il termine filosofia, amor di scienza vero perché conscio dell’impossibilità di possederla. Io la inseguo e studio molto, ovunque sia possibile e con diletto. La lezione più recente ha avuto luogo, pensate un po’, a Zagarolo. Non era presente Pitagora ma quattro dei suoi migliori discepoli, oltre ai legati di altri quattro.

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Brunello di Montalcino 2011 Fornacella. Dinamica e sostanza. La seconda è essenziale e proiettata nella prima, risolta in frutto, succulenza, giustezza della pressione tattile. Il sangiovese grosso, animale solitamente nervoso e riottoso, in una sua espressione leggiadra e snella ma non diafana: equilibrio e agile persistenza. Pochissime bottiglie dalla più piccola delle Fornaci.

Brunello di Montalcino 2011 Pietroso. Montalcino è per Alfonso Gatto un paese di confidenza e insieme un davanzale per l’Apocalisse. Al poeta, che probabilmente si riferiva all’affaccio dalla Madonna del Soccorso, è però sfuggito che a Montalcino i davanzali apocalitticamente belli non si contano. Avrebbe dovuto censirli. Quello di Pietroso è tra i gloriosi, con una veduta da rasserenare gli animi e ispirare le migliori mozioni di ogni essere senziente, sia esso paesaggista o turista, lirico o geo-masnaghettiano. Il vino è da principio ombroso, tutto bosco e terra, la distensione è graduale e riesce in un sorso via via più appassionante, succoso, rigoroso nel contegno e nella presa, di progressione giusta e senza passaggi a vuoto.

Brunello di Montalcino 2011 Le Potazzine. Al quinto incontro in pochi mesi ci piacciamo sempre molto e lui ci mette molto del suo giocando sulle variazioni dei dettagli: a risaltare come dote naturale, senza forzature, erano ora ciliegia e ribes, ora la mela granata e il ferro, ora cenni di salvia e arancia amara; e sempre la sua poise di eleganza briosa, non affettata, né sussiegosa. È il vino bello, vino shelleyano, Hymn to Intellectual Beauty. Shelley, uno dei migliori artisti fra noi tutti per la perfezione dello stile (Wordsworth). La sua lingua è pura, né volutamente semplice, né carica di ornamenti, ma ovunque fluida e trasparente (Praz).

Brunello di Montalcino 2011 Caprili. Il vino dell’enologo: nel senso che a Zagarolo è piaciuto moltissimo a un giovane enologo di passaggio. Intenso, ampio, avvolgente nei profumi di frutta matura, ciliegia e ribes insieme a terra, curcuma e karkadè. Nel frutto dichiara e incorpora bene il caldo e il vento agostani che qui peraltro non cossero, piuttosto concentrarono tutta la sostanza buona e ingente. Profilo disteso e per questo già godibile, tessitura spessa e trama fitta, una pienezza né statica, né prolissa, anzi dinamica e succosa, sostenuta da freschezza infusa. Svariature di spezie rosse, cenere e sottobosco. Chiusura calorosa e in largo con tannini piccoli, morbidi e nettanti.

Brunello di Montalcino 2011 Corte dei Venti. Siamo a Piancornello ed eccoci a un Brunello delle terre rosse, quello di Clara Monaci. Un ricco mazzo d’erbe aromatiche, scorze d’agrume, resine e sfumature balsamiche sullo sfondo del frutto rosso maturo e del bosco. Generoso, accogliente senza compiacenze, intenso e solare. Fittezza di trama e ricchezza di materia, è largo ma dinamico, carnoso, di struttura ingente ma naturalmente sostenuta dalla dote di freschezza, ornato di spezie e note silvestri nel lungo finale. Prende il ritmo da tannini grossi e buoni, coessenziali al liquido.

Brunello di Montalcino “Bramante” 2008 SanLorenzo. Un amico di bocca buona e grande esperienza lo ha definito in camera caritatis “un Vino della Madonna”. Non aggiungo altro: l’apoftegma è felicissimo, pregnante, esaustivo. Questo VdM è corda tesa tra cielo e terra, vibrante, con tutti gli elementi in relazione armonica. Un sorso di energia e vitalità esemplari. E VdM diventa la nuova classificazione di riferimento.

Brunello di Montalcino Riserva Vigna Soccorso 2006 Tiezzi. A voler essere fiscali e nominalisti, il vino della Madonna sarebbe questo: più esattamente, di quella del Soccorso che dà il nome alla vigna. E anche questo è, a tutti gli effetti, un VdM: profondo, di grande finezza al naso, più ampio e di tensione più risolta al palato, con un toucher de bouche di assoluta eleganza, dettagliatissimo e cionondimeno unitario nell’espressione.

Brunello di Montalcino 2007 Biondi Santi. Fu un’annata calda. Come un lungo mezzogiorno, quando gli alberi non hanno ombra e la luce bionda inonda tutto. Il vino richiama alla memoria proprio la gloria del disteso mezzogiorno montaliano: distensione e calore diffondono uno spettro aromatico di grande ampiezza e definizione – qui, diversamente dai versi, niente parvenze falbe e occasi scialbati – ma la coesione e cadenza sono intatte, il passo è segnato da tannini seri, non secchi, e la freschezza non è complementare ma coessenziale. Un Biondi Santi già in largo o larghissimo ma integro. Così che, come secondo il poeta, in attendere è gioia più compita.

I vini sono quelli del seminario “Montalcino e il vino per chi ha pazienza” svoltosi il 18 giugno al Wine Expo 2016, Palazzo Rospigliosi, Zagarolo. “Il vino per chi ha pazienza” è una citazione da Burton Anderson. 

Nota: si ringrazia il sito www.museoscienza.org per la bella sintesi su Pitagora e il monocorde.

 

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

2 Commenti

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Luciano Ciolfi

circa 8 anni fa - Link

VdM la possiamo proporre come nuova classificazione sopra alla Docg :-)) Grazie per la passione con cui ci racconti!!!!!

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Emanuele

circa 8 anni fa - Link

Grazie a voi spacciatori di roba bôna.

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