Il vino del due gennaio

Il vino del due gennaio

di Emanuele Giannone

Ecco, è fuggito il dì festivo. E al festivo, finalmente, anche quest’anno succede quello che trepidanti attendevamo: il primo giorno dopo, quello ordinario, giorno di riassetto e di riscatto, di sveglie e pentole mute, vestaglie e tute, disdetta delle playlist natalizie, let there be rock, play that funky music, that old Bilbao moon, Coleman Hawkins, luminarie spente. Lo avevamo agognato, pigiati nel quindicinale tritacarne delle ferie comandate, il benedetto giorno qualunque. Ecco, è arrivato. Il sereno rompe là da ponente. E ora, che si fa? Torna il lavoro usato, torna la musica di sempre, torniamo ai buoni costumi antichi. Sono giorni buoni, quelli dopo i festivi, per un libro del riso e dell’oblio: ridiamo dimenticando struffoli, strambotti e strenne, la tavola è più vuota, la mente anche. E si dischiude finalmente spazio nella seconda per fermare i cronometri e innescare le memorie. E si dischiude finalmente spazio anche sulla prima, via le candele, le Adventskränzchen, i centrini, gli scheletrini bruciacchiati delle stelline. E ora, che si fa?

Ma come, che si fa? Vieni, passata è la tempesta, mettiti a tavola.

Cuvée Blanc Barrique 1996 Pretterebner, Burgenland (chardonnay, pinot bianco). Ecco, è arrivato un grand Bourgogne blanc rond, gras et robuste, mais très raffiné. O no? Giallo dorato luminoso, scintillante, senza età. Ridotto allo stappo, libera con lentezza un bouquet generoso, strepitoso di pietra focaia, miele, mela golden, scorza d’arancia e zenzero canditi, camomilla, melissa, pepe bianco, mango e papaya maturi, vaniglia. Pieno e intenso al palato, si articola in una progressione ampia e lenta, eclatante per ricchezza e precisione dei riscontri (fiori e spezie bianchi, agrumi, frutta tropicale, resina), una riserva di freschezza che dona e dosa lo slancio, tocco e presenza incisivi, grassezza squisita, persistenza interminabile. Vino di elegante e riguardosa opulenza, senza esuberanze o ridondanze.

IGT Paestum Aglianico “Zero” 2000 D’Orta – De Conciliis. Pochi giorni a Natale. Alla Taverna Cestia, che i dissoluti come me annoverano tra le attrazioni dell’Aventino al pari di chiese, basiliche e Giardino degli Aranci, tento l’abboccamento di un vino celebrato che, stando alla fama e al culto tributatogli da molti insigni, surclasserebbe questo post-festivo. Invece va che questo rievoca le tante magnificazioni lette sul primo e lo surclassa. Un vino sui generis – la didascalia Supercampano ne denota le intenzioni – che occhieggia Amaroni e Sforzati. Denso, intenso, ampio nel bouquet rosso-nero surmaturo con terra, carruba, grafite, cacao e spezie dolci a corredo, vigoroso e avvolgente al palato, di corpo possente. Frutta surmatura e in confettura, spezie e cacao riecheggiano nell’impronta morbida e calda del finale, con tannini fondenti ad accompagnarla.

DOC Cerasuolo d’Abruzzo Superiore Praesidium 2011. Magnifico. Ricordo col sorriso l’ansia di Ottaviano Pasquale davanti al vecchio Cerasuolo già nel 2010, allorché si stappò un 2003. Lui lo temeva passato, noi passammo una bellissima serata. Bello, questo 2011, lo era già in tenera età; ora è splendido e meriterebbe superlativi per rendere il giusto apprezzamento alla bontà delle ciliegie mature, alla finezza dei profumi di rabarbaro, more di gelso, chiodo di garofano, e marzapane, al finale che mima fiori e dolcezze e chiude con Kirschwasser, mandorle e arancia rossa.

DOC Penisola Sorrentina Gragnano Rosso frizzante Iovine 2018 (agianico, piedirosso, sciascinoso). Dove oramai è costume diffuso derubricare le sgorbiature a estro o semplicità, ecco invece un vino estroso e semplice senza sgorbiature, pieno di allegria e buonumore. Vinoso, silvano, terroso, spumoso, franco nei profumi di viola e pepe rosa e dalla beva propriamente appetitosa che invoca salumi, il cotechino con lenticchie avanzato da ieri, panini napoletani, panuozzo e pizza. Asciutto e nettante nel finale fruttato e delicatamente speziato.

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VdF rouge Bonne Nouvelle Laura Aillaud (Sud Luberon, Vaucluse, Provenza, anno di produzione 2019. Syrah, grenache noir, grenache blanc, vermentino, ugni blanc, moscato d’Amburgo). Toh, un novello. L’etichetta è un feuilleton, ispira grande simpatia perché sembra composta da un artigiano col pallino dei calligrammi o fulminato dal Palombaro di Govoni; la ispira anche per l’attribuzione solidale dei meriti: si citano l’incisora, l’autrice dei testi, la vigneronne e le misteriose rimboccatrici di maniche. Il testo, minuto e fitto, suscita curiosità. Leggiamo:

Dopo la caduta delle foglie, è faticoso vedere il sole calare prima e con sempre meno voglia di risorgere. Era quindi necessario ripristinare lo slancio. Così, abbiamo pubblicato il seguente annuncio: «Cercasi qualcuno che sappia restituirci il buonumore». Ed eccole che arrivano, sguardi fieri e maniche rimboccate: «Dobbiamo avvertirvi che se ci rimbocchiamo le maniche, ciò è solo per mostrarvi le braccia (1), perché bisogna che ci prendiamo tutti l’un con l’altro sottobraccio, se vogliamo avanzare uniti su una buona strada!» Nessun dubbio, sono loro! Le nostre rimboccatrici di maniche! Possa la loro forza ispirarvi e il loro vino inebriarvi. E se vi vien voglia di stappare questa bottiglia e alzare il vostro bicchiere, non esitate: rimboccatevi le maniche, prendetevi sottobraccio e assaporate la vita!

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Se incrociate la bottiglia, rispondete immediatamente all’esortazione: vino di golosità irresistibile, esuberante nei profumi di piccoli frutti rossi, dosato in quelli di tartufo, oliva nera e salvia, lontano dalle profumazioni assorbiodori del novello medio e soprattutto irresistibile nella beva per freschezza, slancio, intensità e precisione del frutto, fragrante e croccante in progressione e in chiusura. Una Buona Novella che restituisce il buonumore. Il vino del due gennaio è sicuramente questo.

(1) Il testo in etichetta cita in realtà i gomiti (les coudes) coerentemente con l’espressione francese se serrer les coudes, lett. stringersi l’un l’altro i gomiti, con ciò intendendo “rimanere uniti”, “sostenersi”.

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

1 Commento

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Sancho P

circa 4 anni fa - Link

Taverna Cestia sempre un bel posto. Prezzi abbordabili, il Menù è giustamente semplice, ma la carta dei vini offere sempre qualche sorpresa. Ho comprato da loro un Monvigliero dei F.lli Alessandria, non facilissimo da trovare a Roma. Zero e Naima (quest'ultimo se non ricordo male, in omaggio a John Coltrane) super celebrati all'epoca in cui i vinoni concentrati, fruttatoni e ben laccati dal rovere impazzavano. Chissà se lo stile è rimasto lo stesso.

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