Il mio vino: perfetto come una partita a scacchi

Il mio vino: perfetto come una partita a scacchi

di Andrea Troiani

Non ho mai giocato a scacchi, ma ho spesso giocato “con gli scacchi”. La differenza non è sottile come potrebbe sembrare.
Trovo questo gioco profondamente democratico, la fortuna non conta, a scacchi si parte ad armi pari e la partita è in mano ai giocatori, non al fato. Purtroppo non ho mai avuto sufficiente dedizione per studiare il gioco e diventare giocatore. Ho mantenuto però la fascinazione per la scacchiera e per i pezzi che vi danzano sopra.
Sarà quindi per questo che la somiglianza tra una bella bevuta, altro momento ricco di fascino, e una solida partita mi appare sempre più evidente.
Il pensiero di questo parallelismo è nato da una breve intuizione durante l’ormai lontano corso per diventare Sommelier.
Ne scrivo quindi, nella speranza che detta intuizione prenda forma nella mia testa.
Proviamo.
Il gioco degli scacchi si divide in tre fasi: apertura, medio-gioco e finale. Vi ricorda qualcosa?
Ognuna delle tre fasi vive una propria vita, esistono testi dedicati a ciascuna di esse e giocatori specializzati nelle stesse.
Max Euwe, campione olandese del secolo scorso, era fortissimo nelle aperture, il cubano José Raul Capablanca, invece, era un vero asso dei finali. Eppure la partita è composta dall’insieme delle tre e non si può vincere senza un’idea armonica che passi in modo trasversale attraverso tutti i momenti del gioco.
Ecco, per me la bevuta è proprio così.
Trovo vini splendidi in apertura, e poi deludenti nelle altre fasi, alcuni che invece mi sorprendono nel finale, pochi invero reggono durante il medio-gioco.

E io sono da medio-gioco.
Il mio vino perfetto entra lieve ma deciso, non invade con aromi troppo intensi, si affaccia invece con sicura educazione. La descrizione, tutta ipotetica, di questa bevuta ideale la vede poi svilupparsi nel mezzo del sorso, scalpitando in un crescendo rivelando angoli nascosti, piccole gioie generose.
Si arriva poi al momento della chiusura, come negli scacchi anche nel vino è questa la fase che decreta il vincitore. La migliore delle aperture e il più strutturato gioco medio non potranno certo giustificare un deprecabile finale. Sarebbe sconfitta comunque.
Il finale dovrà riprendere a sé quanto seminato nel gioco medio, raccogliendo le fila in pulizia, lasciando però il ricordo di quanto è stato. I pezzi, a questo punto, non saranno più sulla scacchiera, ma il loro lavoro sarà stato evidente, fino all’inevitabile scacco matto.
L’ultima partita l’ha vinta ‘Fleur de l’Europe’ di Fleury 85% Pinot Nero e il resto Chardonnay.

Uno Champagne brut nature, di raro equilibrio.

Apertura sulle note di agrume delicato, medio gioco di classe, corpo quasi cremoso sostenuto da una evidente salinità (minerale non lo diciamo più, giusto?) e splendido “échec et mat” che trionfa per lunghi, verticali minuti.

Prosit.

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Andrea Troiani

Nasce a Roma dove lavora a mangia grazie al marketing digitale e all'e-commerce (sia perché gli garantiscono bonifici periodici, sia perché fa la spesa online). Curioso da sempre, eno-curioso da un po', aspirante sommelier da meno.

4 Commenti

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C.A.

circa 4 anni fa - Link

Minerale continuiamo ad usarlo, please. Per una categoria determinata di aromi, non c'è termine più efficace. Kerosene, roccia bagnata, ferro, pietra focaia, ruggine, cartongesso, selce ecc ecc.

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VINOLTRE

circa 4 anni fa - Link

L'ho bevuto pochi giorni fa, ho percepito una mineralità/salinità/oqualsivoglia termine un po' troppo incisiva ... ma cmq un gran bere "adulto"

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Tommaso

circa 4 anni fa - Link

Per un giocatore mediamente scarso come me, la partita a scacchi migliore è quella dove riesco a non commettere errori. Inevitabilmente il paragone con un vino mi porta a pensare a vini mediamente facili, senza errori. Magari in bag in box. 😉

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vinogodi

circa 4 anni fa - Link

...concordo .... bag in box oppure tetrabrik : sono i vini decisamente più emozionanti , pronti a darti scacco matto in ogni occasione...

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