Il giovedì delle signore

Il giovedì delle signore

di Sara Boriosi

PREMESSA
È una tradizione interrotta per colpa delle circostanze, non dalla nostra volontà. Il giovedì delle signore è stato rispettato fino a quando il nostro quotidiano non ha subìto cambi di programma dovuti a tutti quei motivi che danno una battuta di arresto alla spensieratezza: figli, lavoro, varie ed eventuali.

Io ed Ele abbiamo mantenuto vivo questo appuntamento fino a che è stato possibile onorarlo con costanza. Poi impegni e stanchezza hanno avuto la meglio, perciò i nostri incontri hanno iniziato a diventare irregolari fino all’ultimo giovedì, quando ci siamo incontrate tirate a lucido come da tempo non si faceva.

Tanta era la voglia di incontrarsi e tale l’entusiasmo, che decido di studiare la carta dei vini dalla mattina stessa.

Quando ci siamo sedute al tavolo del Civico 25, la scelta del vino dunque è stata imposta da me. Ele è sempre generosa quando si tratta di decidere; che sia poca voglia di accollarsi responsabilità o motivi altrettanto nobili, a me sta più che bene. Chiedo un Volnay-Champans, Premier Cru Domaine Blain Gagnard del 2010.

Mentre attendiamo che l’oste ci serva, tentiamo goffamente di riprendere le fila dei discorsi interrotti diverso tempo addietro. Quando l’oste arriva con la bottiglia, stappa con solennità e ci fa assaggiare quel tanto che basta per farci capire che dietro quella riduzione importante c’è il genio della lampada, rimasto intrappolato là dentro per quasi dieci anni.

Da questo momento in poi, la serata si è sviluppata in tre fasi:

PRIMA FASE ~ del timore e della reverenzia.
Si parla di lavoro, di quanto sia difficile far entrare tutto in sole ventiquattr’ore disponibili; i soldi che se ne vanno senza capire come, l’idea di un viaggio insieme che poi, a conti fatti, diventa un fine settimana, che però è meglio ridurre a una domenica perché non riesco a liberarmi per più giorni, mi dispiace.

Al naso il pinot noir si spalanca selvatico, carico di sudore di cavallo bagnato che sembra quasi erotico da quanto è pungente, e all’assaggio veniamo colpite da un’acidità vivace e dalla pulizia che contrasta con forza l’aroma al calice. La struttura del vino è essenziale, senza alcuna ridondanza. Good shot, penso tra me e me.

SECONDA FASE ~ della consapevolezza.
Sarà la felicità di ritrovarsi insieme per una sera dopo tanto tempo, sarà che quel poco di vino bevuto inizia a distendere i nervi e tutto sembra più facile, ma finalmente torniamo ad essere come quando ci siamo viste l’ultima volta: un’occhiata alle novità in fatto di ceretta inguinale e molti incoraggiamenti per i successi lavorativi di cui a inizio serata si parlava solo in termini di rinuncia e fatica. Il vino intanto fa capolino, si schiudono gentili i profumi balsamici di piccoli frutti, rabarbaro e spezie. Passiamo minuti interi ad annusare il calice estasiate nonostante gli sguardi interrogativi e leggermente disgustati degli altri avventori che ci scrutano, mentre al sorso il vino rivela una trama finissima e di un’eleganza esplicita che ci fa sentire quasi inadeguate; i tannini si accomodano in bocca con grazia. Ci stupiamo della persistenza lunga lunga, talmente lunga che è quasi un peccato interromperla con il piccione ripieno arrosto – delizioso, che cretina, perché l’ho scoperto solo ora?

TERZA FASE ~ della deriva.
Ormai siamo totalmente senza filtri inibitori, perciò – complice il vino che ci obbliga a formulare considerazioni sulla contemporaneità applicabile alla Critica della Ragion Pratica -, quando Ele mi comunica che Tizio flirta con Caia mi trovo a sussurrare un misurato giudizio di disappunto alzando il sopracciglio mentre faccio sapere a tutta la sala che Se fossi Caia, scapperei da quel lumacone di Tizio! Che secondo me è pure uno di quelli che a letto ti dice fai così, fai cosà nel tentativo di riuscire ad avere un erezione non dico gloriosa, ma almeno decente. Ma il vino sta subendo più o meno la stessa evoluzione, perché adesso ogni respiro è carico di sottobosco, radici di rafano, funghi, erba bagnata e muschio, mentre ogni sorso che ci separa dal rimpianto vuoto di bottiglia è sempre più voluttuoso, infinito, fresco ed esageratamente elegante.

CONCLUSIONI
Ha poco senso incontrarsi spesso se si ha poco da dire, così come ha poco senso bere spesso ma mediocremente.

Perciò ho deciso di evolvere il mio scarso tempo alle amicizie vere, e di spendere qualche soldo in più per regalarmi una bottiglia che mi permetta di avere un’esperienza gustativa appagante, che faccia da palestra al palato e che mi faccia vivere il ricordo di ciò che ho bevuto nei giorni a seguire, almeno ammortizzo la spesa.

E scrivo un bel post come questo.

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Sara Boriosi

Vivo come un’estranea nella provincia denuclearizzata, precisamente a Perugia. Bevitrice regressiva, il mio cuore appartiene al Carso. Dotata di una vena grottesca con la quale osservo il mondo, più dei vini mi piace scrivere delle persone che ci finiscono dentro; lo faccio nel mio blog Rosso di Sara ma soprattutto per Intravino. Gestisco con godimento la migliore enoteca della città, ma lo faccio piena di sensi di colpa.

4 Commenti

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Andrea Tomatis

circa 5 anni fa - Link

Bellissimo post e ottima filosofia di vita. Pian piano ci si arriva tutti.

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Matteo

circa 5 anni fa - Link

Brava!

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Elgaldil

circa 5 anni fa - Link

...post bello e filosofia tutto sommato sottoscrivibile... Poi. Io sono un fan delle descrizioni “emotive” e non tecniche dei vini: peró -se posso- visto che il “sudore di cavallo bagnato” lo conosco piuttosto bene, non riesco proprio a trovarci nulla di vagamente “erotico”, anche se pungente lo è di sicuro ;-)

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Sara

circa 5 anni fa - Link

Rido! A me l'afrore equino piace da matti, sarà che sono innamorata di certi arabetti col fuoco dentro e la coda dritta. Comunque sono una persona dagli entusiasmi facili. Ed effettivamente, una descrizione tecnica durante l'incontro con l'amica sarebbe stata una sorta di esercizio inappropriato, vista l'aria che tirava. Grazie del commento, a presto!

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