Il film enogastrologico del 2020 fotogramma per fotogramma

Il film enogastrologico del 2020 fotogramma per fotogramma

di Samantha Vitaletti e Emanuele Giannone

I Ferragnez hanno degli zii poverissimi chiamati Vitalonez. I Vitalonez sono influencers con molti followers a: Isole Pitcairn, Bravetta, Tuvalu, Nauru, Nuuk, Prati Fiscali. En ese momento de incertidumbre, dicono i Vitalonez desde Càdiz o de vez en cuando La Gomera, quando ti passa davanti il film gastrologico della tua vita – e te lo dice pure Trilussa (1) che pôi sta’ sicuro, a un certo punto te passa dinnanzi, il film gastrologico della vita tua – non preoccuparti perché no, nun stai pe’ mori’: stai solo aspettando il nuovo DPCM e ricordi quello che è stato perché quello che sarà dopo il DPCM è incerto o è anoressia, o reflusso, o delivery. Lo stomaco, si sa, è un secondo cervello (?) e ricorda anche meglio del primo che, a forza di cucinare in casa, si è rammollito, está cocido, podrás deshebrarlo fácilmente con un tenedor. Lo stomaco rimembra, brontola e brama. A noi questo film gastrologico della vita è passato davanti ad Anzio, seduti a Piazzale Orazio in un meriggio molle dicembrino, rimembrando quel tempo della nostra vita sociale quando bontà splendea per beccatoi e stellati e aperitivi. È il nostro otto millimetri, gli siamo tanto fieramente affezionati quanto voi lo sarete al vostro.

IL CUBO DI POMMARD 
Avevamo prenotato da Auprès du Clocher a Pommard già l’anno prima. Poi ci persero la valigia all’aeroporto di Torino e ci giocammo buona parte del pomeriggio. Così, dal Fréjus, dovemmo chiamare per disdire e da lì ci perdemmo seguendo le frecce verdi che, al contrario che da noi, in Francia non segnalano l’autostrada. Quella volta finì a tarallucci e pinot nero a mezzanotte nell’ultimo posto ancora aperto a place Carnot, a Beaune. L’anno dopo ci riprovammo e qualche volta quella cena mi si ripropone nei sogni tanto quanto negli incubi. Avevo già una visibile panza allora e quando arrivò quel cubo spumoso, bianco, enorme, etereo, spaziale, mi trasformai nell’urlo di Munch. Poi per fortuna arrivò il piccione e con un battito d’ali rimise a posto il flusso ed impedì il reflusso.

IL MARCHESE DEL GRILLO (Fabriano)
Le previsioni davano Verdicchio. Invece, sul coniglio in porchetta e sulle quaglie piovve a sorpresa il Montepulciano 1973 di Emidio Pepe, tutti indimenticati, Pepe e quaglie e coniglio.

L’UOVO DI CORTONA
Io non mi sono mai fidata di Wanna Marchi né dei nutrizionisti da televendita. Il mio modello di vita sana è quello contenuto nella Regola Sanitaria Salernitana. Uno dei consigli per gli acquisti ivi riportato suona così: “Mentre pranzi allegramente / bevi poco, ma sovente. / Se recar fai l’uovo al desco / Che sia molle e che sia fresco. / E dunque noi s’andò a Cortona e dopo un Beato Angelico d’ottima annata (2) ci si accomodò alla Taverna Pane e Vino dove ci perdemmo nella lussuria più peccaminosa che al sol pensier ancora stimola la bavetta. Uovo morbido, come da prescrizione, e caldo con una lingerie di tartufo fresco e profumato. Il tutto accompagnato dal solito paio di bocce, bevute però, come Regola insegna, a piccoli sorsi.

IL CLANDESTINO SUSCI BAR (Portonovo).
Il 2020 è il primo anno di buco dopo tanti scanditi dal passaggio al Clandestino. La prima volta, ebbro di felicità e non solo, deambulavo a passo di mambo ma già dalla seconda lo spirito di Tito Puente non mi ebbe più. L’ultima fu quella del Gioco del Tonno e di Murakami, musica sopra ogni cosa, Record of the Year e il premio della critica andò al panino del giorno dopo, lungo la via del ritorno, alle Fonti del Clitunno.

I CRUDI DI KANDINSKIJ (Anzio)
Ti siedi alla Fraschetta del Mare e ti aspetti (ah, quanto male mi fai, aspettativa!) una cosa da Fraschetta, mica con cattiveria, ma la Fraschetta nell’orbita romana è sinonimo di semplicità, cucina bbòna, casareccia, un po’ pesante ma gustosa e senz’altro scevra da ogni idea di scenografia o di elucubrazione, la presentazione del piatto non è proprio contemplata. Poi arriva direttamente dal 1926 questa “Struttura allegra” che davvero sembra impiattata da Kandinskij. Gamberi di ogni colore, ombrine, tonni e spigole, bellezza e bontà. Da cosa si capisce, dunque, che siamo alla fraschetta? Elementare, Watson: dal vin ne la fojetta!

KOENIGSHOF (Monaco di Baviera)
Più del bovindo affacciato su Karlsplatz, della coda, del piccione e del Clos des Forêts Saint Georges 1998 fece epoca il sommelier francese non dandy, non trendy, non turbo, non hipster, non trickster, presente, competente, non invadente, no smarty-pants. Un modello di virtù che sbaragliò per anni l’intera concorrenza intergalattica fino all’arrivo di…

LE LAPAS DI MADEIRA
A Madeira splende il sole fino a tarda sera… ma anche dopo il tramonto c’è una luce che illumina i volti. Una luce che porta il nome di “lapas”, una sorta di patella dal sapore intenso e fortemente marino, di ottima consistenza. Abbiamo girato l’isola in lungo e in largo passando dall’equivalente madeirense della “Sora Maria” a “Peppe l’Ostricaro” per assaggiarne quante più possibile e in tanti modi diversi: crude, alla griglia, salsate. La sera poi, con un bel pieno di Verdelho e Boal nel corpo, ma ancor più nello spirito, si tornava all’indimenticabile pensione “O Zarco”, passando per il “Pão-de-Ló”, un bar pieno di vita dove far l’ultimo cicchetto di Malvasia in attesa di tornarci la mattina dopo per una colazione a tosta mista e bolo do caco e pomodoro (3).

DYLETANCI
(Varsavia). Eccoli. Poi arrivarono loro. Che si autodefiniscono i dilettanti. In uno dei posti più belli in Europa per mangiare bere uomo donna, ecco i due sommelier che sbaragliarono l’intera concorrenza intergalattica ricevendo il testimone dal Königshof.

RISTORANTE BELVEDERE (Montà)
In quest’episodio del film gastrologico, noi due e Beppe Viglione eravamo fondamentalisti radicalizzati del plin, suoi insaziabili adoratori e consumatori, vendicatori dichiarati e furibondi sulle tracce di Del Piero, Rocchetta, Chiabotto e Uliveto che ne avevano profanato il nome a scopo pubblicitario e diuretico.

EFFERVESCING ELEPHANT (Figlmüller, Vienna)
Dieta viennese: prima di dedicarsi a un ambizioso progetto culturale è bene tenersi leggeri. Oppure, nell’indecisione tra Hofburg, Museumsquartier, Albertina, MAK e casa Hundertwasser, è saggio accumulare calorie e trigliceridi nella quantità che servirebbe a visitarli tutti. Orecchio d’elefante di estensione pantagruelica. T’abbàsta? E ‘na Erdäpfelsalatchen nun ce la metti? (4)

OSTRICHE E GUINNESS
Adoriamo Philip Glass e a ottobre del 2019 siamo volati a Dublino per il suo Concerto in Dodici Parti. La mattina avevamo fatto la colazione dei campioni con dodici ostriche di Dungarvan e un paio di pinte di Guinness proprio di fronte al Dublin Castle (The Oak). La colazione perfetta, ricca di Omega-3, sali minerali e carboidrati. Poi verso le 11.00 am siamo andati a far due salti in un pub con musica celtica e da lì a pranzo in un posticino delizioso (The Vintage Kitchen) arredato coi mobili di casa degli anni 60 dove il vino arrivava, su richiesta, dal negozio vicino. Il concerto in Dodici Parti dura quattro ore, con pausa ogni tre parti arriviamo a sei. Il concerto in Dodici Parti è stato bellissimo. Tra la seconda e la terza parte posso dire di aver fatto il miglior riposo della mia vita, forse secondo solo al pisolino durante la performance di Pat Metheny all’Auditorium di Roma, ché in effetti quella non si batte.

IL GOLDEN MILE DI VIALE DELLA PIRAMIDE CESTIA (Roma)
In realtà dalla Taverna Cestia a Barnaba saranno al più trenta passi, ma tutti d’oro: ecco di qua un monumento alla cucina romana di retroguardia (evviva), arricchita dalla stagione del porcino che viene e che va e dal bar de famija che alletta i tramezzinari; di là l’aedes bibitoria monumentale intitolata a un santo e titolata da un console della gens Fabricia. Che ce volete fa’? Col Monte dei Cocci, Aventino e Caracalla a un passo, la zona pare predestinata per i monumenti.

LA CASA DELLA WODKA (Dom Wòdki, Varsavia)
Io ero la prima a pensare che la Wodka fosse abbinabile solo con qualcosa in grado di smorzarne gli effetti (in Polonia aringhe o zimne nòzki – lett. “piedini freddi”, una terapeutica gelatina di carne). Invece a Varsavia siamo andati a provare questo ristorante interamente dedicato e abbiamo scoperto una miriade di piatti abbinati a una miriade di wodke diverse. La wodka non è per forza il male, come il diavolo non è sempre brutto come lo si dipinge. Ricordo che la cena è stata molto piacevole e divertente, che siamo usciti molto allegri e contenti, i dettagli esatti, non so perché, non li ricordo.

LA JOTA (Carso)
La rubrica culturale è la stessa curata a Vienna: spuntini leggeri prima delle fatiche. In questa parte della fu Doppelmonarchie la fatica in questione era una visita da Joško Renčel, che poi sfoderò un arsenale di salumi e vini in quantità atte a saziare un reggimento. Era quasi anonima, quella gostilna lungo la via, ma non sfuggì all’avido, panottico sguardo ombelicale dei visitatori imperiali e regi.

IL BRODO DI PAPERA DI SAN PIETROBURGO (Литературное Kафе / Literaturnoe Kafè)
Questa sarà per sempre la mia madeleine. Dopo aver percorso qualche chilometro della Prospettiva Nevskij innevata siamo capitati nell’800. Il Caffè Letterario ricco di velluti, broccati, lampade di vetro, cristalli e tappezzerie importanti non erano altro che lo sfondo, la cornice, i valletti del protagonista assoluto: il brodo di papera. Quel gusto un po’ amaro di cose perdute, cantava Gino Paoli. La rotondità più sensuale fatta brodo. La felicità di un piatto fumante mentre dai vetri appannati s’intuisce la neve fioccare.

ANCORA VARSAVIA (e non solo)
Abbiamo accumulato materiale sufficiente per redigere una guida varsaviana alla perdizione estiatoria, dalle soluzioni più grassroots a quelle più cliquey con supplemento di gita fuori porta. Capitolo I: Il primo pieróg non si scorda mai. Il luogo del nostro primo pieróg, purtroppo, non esiste più. Per dissipare le melanconiche brume della nostalgia non avevamo altra scelta: pierogi a Chłopskie Jadło, pierogi a Pod Herbami, pierogi a Podwale 25, pierogi al Czerwony Wieprz e tanti altri. Per soddisfare fantasie più audaci si virò anche su Atelier Amaro, Senses e Tamka 43 per finire con la wild duo getaway thing a Cracovia, da Wierzynek affacciati sulla Piazza del Mercato e poi alla Jama Michalika, il caffè della bohème. (5)

IL GIGLIO A MONTALCINO
Per noi Montalcino è piezz’ e côre. È anche un po’ casa, per diversi motivi. E tra i motivi principali c’è questo: a Montalcino c’è il Giglio e al Giglio ci sono Mario e Anna and Family. Mario ha una cantina che è un pozzo di San Patrizio e Anna fa delle cose che provocano assuefazione, come i tortelli all’olio che ho preso l’abitudine di ordinare già col bis integrato. Il Giglio è il posto dove si va con gli amici più cari, con la famiglia, in due o con l’amica del cuore. È il posto a cui si pensa con nostalgia quando il Dpcm dice che non puoi raggiungere la seconda casa.

MYSTERIUM COSMOGRAPHICUM (Atlas Coelestis, Roma)
L’inscalfibile insondabilità delle procedure premiali-siderali continua ad avvolgere nel mysterium (buffo) ogni (p)assaggio: il posto delle stelle snobbato da chi appioppa le stelle. Unico ristorante romano con soffitto, cucina e cantina ugualmente empirei, per noi significa ripetute soddisfazioni, compresa quella del primo pranzo fuori, tête-à-tête, soli, io e la bionda, quella di tre anni che ha il mio stesso cognome e si fece fuori tutte le portate. (6)

SALE, PEPE E SORPRESA (Cadice)
Al sale dei vini di Jerez aggiungere tassativamente Pepe q.b.: Pepe non è in questo caso Emidio ma il tabernero di una taverna fuori dal tempo, La Manzanilla a Calle Feduchy; mesce di tutto, dal Fino agli Amontillados per finire col Pedro Ximénez, servendo in automatico aceitunas con anchoas, due olive per un bicchiere. E la Sorpresa? Si chiama proprio così (Taberna La Sorpresa), è a Calle Arbolí, serve anch’essa di tutto ma è soprattutto un paradiso per tonnòfili (tartar, carpaccio al ceviche tabernero, sashimi hispano-japonés, solomillo de atún mechado, hueva en salazón, mojama en salazón), per accoliti di conservas e salazones d’altri pesci, per gastrolirici rétro come noi che apprezzano profile descriptions come queste: “Le aseguramos que este rincón mantiene el espíritu de los mas clásicos tabancos, de la grata reunión, del encuentro inesperado y, por qué no, de los antiguos ultramarinos.

MA CUISINE
A Beaune è l’appuntamento immancabile ogni volta che si va in Borgogna. La cantina di Monsieur Escoffier fa paura per quello che contiene ma da lui, ancor più che per la cantina, noi ci andiamo inebriati da un canto più carnale, carnoso, se vogliamo, quello delle ris de veau, cioè delle animelle. Sono l’unica presenza in grado di oscurare il potere delle magnum di Romanée-Conti presenti in bella vista praticamente in ogni dove.

BARCELONA QUEMADA, ASADA ECC.
Le rosticcerie di Barcellona. Non finiremo mai di ringraziarle per i metri di jamón, le marmitte di stufati, i bastioni di frittate fortificate, i banchi di alici fritte e marinate, le gragnole di croquetas, patatas bravas e albóndigas e per finire i montaditos tanto fantasiosi da appassionare gli adulti e, soprattutto, i pargoli fino a placarne la fame e addormentarli (superbonus).

LA SALSAMENTERIA DEI MONTI PARIOLI (Roma)
Se non hai Netflix né Prime non c’è problema. Valida alternativa, e certamente multisensoriale, è quella di farti versare un calice di champagne “fai tu”, sederti al tavolino che ti verrà aperto e sistemato per l’occasione, chiedere un piattino di salumi e formaggi “fai tu” e goderti il via vai di chi entra e chi esce ascoltandone le storie, seguendo i quesiti sul pranzo ma anche sulla vita e sulla morte posti all’oste Mangione, facendo tesoro delle sue risposte che oscillano tra la Sibilla Cumana e l’Alberto Sordi.

ENOTECA DEL GATTO (Anzio)
Sempre entrati col sorriso, sempre usciti col sorriso più largo di quello d’ingresso. In tempi non coronati ci piaceva sedere per due calici intenzionali che per magia diventavano quattro, mai mancando la sessione estiva e quella prenatalizia. Quest’anno, per non interrompere una felice tradizione, abbiamo brindato in piedi e in strada, felici come sempre. Quasi.

CESARE AL CASALETTO (Roma)
Abbiamo tutti bisogno di sicurezze. Averle a due passi da casa tiene lontani i pericoli, i dolori e le noie. Qui solo cucina molecolare: tra le nostre preferite, le molecole di carbonara, coda e cacio e pepe.

LA TAVERNA DELL’INSACCATO
A Porto ci siamo fatti tutte le aziende di Vila Nova de Gaia, il processo di acculturazione prevede determinati ritmi. Noi il tris di assaggi e la pupa, allora duenne, tutti i biscottini secchi serviti col vino. Poi il biscottino ha stufato e la duenne ha suggerito di cenare in una pittoresca tasquinha nascosta tra i vicoli della Ribeira. Qui per la prima volta si ritrovò nel meraviglioso mondo dell’insaccato, taglieri e scifette arrivavano pieni e ripartivano vuoti per tornare nuovamente pieni. Quella sera cambiò per sempre l’alimentazione dell’infante che ancora oggi rifiuta il prosciutto se non c’è un’adeguata quantità di grassetto.

TAVERNA MILOS (Kalathos, Rodi)
Citazione: “… Il simposio era un momento fondamentale della vita sociale greca, in cui persone della stessa estrazione si riunivano in un determinato momento per scambiarsi idee ed opinioni riguardo a vari argomenti, (…) dove si cercava di comprendere meglio le pratiche sociali della propria civiltà, dove si sviluppava la memoria collettiva, poetica e visiva, in una parola l’identità culturale, accompagnando le discussioni con cibo e vino…” (7). E così noi, studiosi diligenti, ci strafogavamo in quella terra solatia. Per acculturarci, mica per altro.

TRUSSARDI ALLA SCALA (Milano)
Un punto d’orgoglio: da qui il sottoscritto uscì con un trenta e lode all’esame di (Auto)Gestione degli (negli) Stellati in Condizioni Eticamente Ineccepibili ed Etilicamente Combustibili, dopo una cena bellissima, non so più quanti cocktail e una sosta di serendipità e rifiorimento in una sala dove ci fu concesso fumare (senza prender fuoco).

CUORE CINESE
Due sono i nostri cinesi del cuore. Uno è a Milano, nel cuore di Paolo Sarpi, e si chiama Long Chang. La zuppa di wonton è talmente rinfrancante e nutriente e gustosa che mi verrebbe da dire “come quella di mia nonna”, se avessi una nonna cinese e non lituana. L’altro cinese del cuore è sotto casa, si chiama Corona Magnifica ma per noi è “da Callisto”, dove Callisto è il figlio quattrenne dei proprietari. Qua si sta davvero comodi, con il papà di Callisto che è in Italia da una vita e conosce la grammatica meglio di tanti italiani, si chiacchiera di politica, di sport, di cibo, delle abitudini cinesi, delle tante leggi italiche che, per lui come per noi, sono arabo. Nel frattempo si beve Tsing-Tao e si mangia pollo alla maniera di Sechuan, col cuore teso verso il momento in cui verrà scartato il biscotto della fortuna, foriero solitamente di qualche seme del dubbio.

MIKONOS FUORI STAGIONE
La prima volta le volammo sopra senza atterrare. Motivi tecnici da low-cost (vale a dire low-end). La seconda volta ce la facemmo, fuori stagione si mangiò bene ovunque e sempre ronzando in scooter. Ai lidi si andava con la bottiglia d’ouzo imbustata e imboscata in borsa per ordinarne uno e rabboccarne sei di nascosto. Fu allora che facemmo il danno grosso (il migliore mai fatto).

IL GIARDINO DI BOSCH (Il Giardino, Zagarolo)
Quando ancora la gita fuori porta non era quella oltre la porta di casa e fino all’edicola o al tabaccaio, al posto dell’autocertificazione c’era il posto di famiglia di Daniele Delle Fratte dove si andava a veder paste uscire mantecate da forme di pecorino, tordi matti che nitrivano anziché volare, polli alla stiratrice (chissà perché), abbacchi e piatti di mare per chi non voleva piatti di terra, ma in quest’ambito io sono sempre stato terrapiattista convinto.

OSTERIA BOTTEGA (Bologna)
Se le due donne bolognesi più competenti in fatto di cibo e di vino che conosciamo, Cristiana Lauro e Lisa Foletti, ci consigliano entrambe di andare all’Osteria Bottega a mangiare i tortellini e il bollito, noi prendiamo il treno e andiamo. Il nostro delizioso tavolino sotto i portici fatica a contenere i piatti che si susseguono. Prosciutti, mortadelle, bis di tortellini in brodo, bolliti strabordanti di cicce e sapori. Pignoletti e lambruschi ad agevolare il tutto. Ci alziamo dipinti da Botero e un po’ storti come la Garisenda, ci tuffiamo nel buio della notte bolognese cantando L’anno che verrà.

AUGURI
Auguri di cuore a tutti, che nel 2021 ognuno possa essere in salute e tornare a vivere come più gli piace il proprio enogastrologico film! Buon anno dai Vitalonez, anime gemelle che per uno strano gioco di crasi e del destino diventano, per gli amici e non a caso, anim-elle.

 

NOTE

(1) Trilussa (Carlo Alberto Salustri) – Er Sorcio Lombetto
Un Sorcio bianco, pieno de coraggio,
stava studianno er modo
d’entrà ne la bottega d’un caciaro
pe’ fasse una magnata de formaggio;
e siccome era secco come un chiodo
nu’ j’ariuscì dificile er passaggio.
Smerlettò lo stracchino,
fece ‘na grotta ar cacio pecorino,
allargò li bucetti a la groviera…
De tutto quer che c’era
vorse sentì er sapore:
s’ingozzò come un lupo, come un porco,
insomma fece un pranzo da signore.
Ècchete che la sera,
doppo d’avé magnato e rimagnato,
er Sorcio pensò bene de squajasse
da l’istessa fessura ch’era entrato.
Ma aveva voja a spigne e a intrufolasse:
ce capeva la testa, ammalappena.
— Mó sconterai la pena
d’avé fatto un’azzione disonesta.
— je disse un Sorcio, antico der locale —
Se voi riuscì de qui, caro collega,
bisogna che diventi come jeri,
secco, affamato, debbole com’eri
quanno ch’entrassi drento ‘sta bottega…
— E allora — disse er Sorcio — nun me mòvo:
mica so’ scemo! Già che me ce trovo
seguito a magnà qui: chi se ne frega?

(2) Il Giovanni da Fiesole in questione è quello dell’Annunciazione conservata nel Museo Diocesano di Cortona. Per le prossime due Annunciazioni ci riserviamo altrettanti gastro-corti da Madrid per il Prado e da San Giovanni Valdarno per il Museo della Basilica di S.M. delle Grazie.

(3) Il pão-de-ló, prima ancora che il salvifico, mirifico, atlantico, umoristico, istrionico bar con cucina di Rua da Alfândega a Funchal, è il fratello lusitano di pan di spagna, sponge cake, pasta genovese e simili. Il bolo do caco (lett. “pane di coccio” poiché cotto su pietra) sta a Madeira come la ciriola sta a Roma. Quanto alla tosta mista, sta al toast prosciutto e formaggio come la Multipla sta al Cayenne. Decisivi in tal senso sono sia il motore, sia la carrozzeria (e a proposito di quest’ultima si rimanda all’illuminata spiegazione su greenhousepantry.com: “… It’s the combination of that hearty bread with the melted buttery cheese blended with the flavours of ham and bacon that make it so amazing and delicious to eat. […] There are two types of bread that I would recommend […]. They are very easy to find in any Portuguese bakery: 1) A heavy uncut loaf of bread. Believe me, the results are not the same if you decide to use sliced store-bought loafs, because they are light, soft, full of air and they just won’t hold the sandwich together. 2) The rustic country bread which we call pão caseiro is a great hearty bread. It’s strong and has a crispy crust… “.

(4) Effervescing Elephant è il titolo di una filastrocca alterata di Syd Barrett (in Barrett, 1970).

(5) Coi suoi 40.000 metri quadrati di superficie, la Piazza del Mercato (Rynek Główny) a Cracovia è la più grande della Polonia nonché la piazza medievale più estesa in Europa. Splendida, vitale, violata nella parentesi breve e odiosa dell’occupazione nazista, quando fu rinominata Adolf-Hitler-Platz. Per quanto riguarda i pierogi, più che una definizione (quella più in voga tra i gitantes è: “Somigliano ai ravioli!”) meriterebbero la trattazione di un Artusi polacco, che in realtà esiste ed è piuttosto un’Artuska: l’autorità in fatto di teoria e pratica del pieróg si chiama Joanna Jakubiuk.

(6) Mistero Cosmografico è Atlas Coelestis nonché il titolo del primo trattato pubblicato da Johannes Kepler. Keplero mi è sempre stato simpaticissimo – genio incompreso e perseguitato, assistente universitario sempre in bolletta, fornicatore indefesso ergo proletario ante litteram per forza di cose e penuria di anticoncezionali, ostinatissimo e illuso quadratore scientifico di cerchi creazionisti – e lo è ancor più adesso, nell’era delle autocelebrazioni, quale autore di un’autocelebrazione tra le più belle e oneste mai scritte: il suo epitaffio. “Mensus eram coelos, nunc terrae metior umbras. Mens coelestis erat, corporis umbra iacet“. Misuravo i cieli, ora fisso le ombre della terra. La mente era nella volta celeste, ora il corpo giace nell’oscurità.

(7) La citazione per esteso: «Tra le varie definizioni che sono state date della civiltà greca vi è anche quella di Bankettkultur o Trinkkultur. Il simposio era un momento fondamentale della vita sociale greca, in cui persone della stessa estrazione si riunivano in un determinato momento per scambiarsi idee ed opinioni riguardo a vari argomenti, ed un luogo di riflessione dove si cercava di comprendere meglio le pratiche sociali della propria civiltà, dove si sviluppava la memoria collettiva, poetica e visiva, in una parola l’identità culturale, accompagnando le discussioni con cibo e vino. La dimensione comunitaria del pasto e il consumo comune del cibo producevano tra i commensali una sorta di identità, rendevano più vicine le persone che vi partecipavano. Lo spazio comune doveva essere tale da consentire a ciascuno di vedere e sentire tutti gli altri in ugual modo. Il simposio era uno dei mezzi più usati dalla città per esprimere l’idea stessa di comunità civica.» (riduzione da E. Amato, Ateneo di Naucrati: I Deipnosofisti o i dotti a banchetto. Prima traduzione italiana commentata su progetto di Luciano Canfora, in Plekos, n. 4, 2002, pp. 149-163.

45 Commenti

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Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...articoletto semplice, lineare, che si legge tutto d' un fiato...

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Nicolò Seminara

circa 3 anni fa - Link

Ahimè, nonostante le buone intenzioni, praticamente illeggibile. E si che sarei uno di 'cultura superiore': universitariona, qualche pubblicazione, un poco di insegnamento, buone letture e via continuando. Forse uno stile meno aulicoroboante aiuterebbe il lettore...

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Vitalone 2

circa 3 anni fa - Link

Via continuando, lo aiuterebbe anche l'accento sulla i di sì.

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hakluyt

circa 3 anni fa - Link

Rispostina piccata ad una critica educata...

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Pittosforo Alchechengi

circa 3 anni fa - Link

Giannone è illeggibile

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Emanuele

circa 3 anni fa - Link

È vero. Lo è altrettanto il pittosforo con due t. Maximum effect with minimum means.

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Eb2323

circa 3 anni fa - Link

Io ho letto fino a dpcm poi mi sono fatto un gin tonic.... credo di averne bisogno una dozzina per terminarlo.

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Eb2323

circa 3 anni fa - Link

Se finisco il gin mi è rimasto il marie brizard... così magari riesco a leggere ostriche e Guinness che per me è un must!

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Nicolò Seminara

circa 3 anni fa - Link

Si (o sì?) mi aiuterebbe l'accento sulla i (o ì?) che forse ho sbagliato a digitare...

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Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...finalmente un dibattito stimolante...

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Eb2323

circa 3 anni fa - Link

Dai che sono arrivato a Syd Barret... purtroppo non avendo album solisti mi limito a " The piper of the gates of dawn..."...spero scritto correttamente..

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Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...con A Saucerful of secret non c' era più Syd Barret?

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Eb2323

circa 3 anni fa - Link

"Jugband blues "credo ultimo brano scritto da Barret e "Set the control to the world of fire" unico brano dove suona con Lui anche David Gilmour... non ricordo con precisione smentitemi serenamente.

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Eb2323

circa 3 anni fa - Link

...for the heart of the sun"..

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Eb2323

circa 3 anni fa - Link

Mi ero confuso con i Kiss... il marie brizard fa male...

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endamb

circa 3 anni fa - Link

Tutti questi followers dei Vitalonez a Bravetta non i risultano, ma mancando oramai da Febbraio causa Covid, "è capace", verificherò appena possibile.

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Samantha

circa 3 anni fa - Link

Ti ringrazio per aver preso la cosa con la giusta serietà. Per questo ho piacere di invitarti alla festa patronale che si svolge ogni giugno a sostegno e supporto dei Vitalonez, ingresso libero, consumazione obbligatoria. A presto!

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Emanuele

circa 3 anni fa - Link

Io a Bravetta vivo da expat e non ho la licenza da cerimoniere. Però curo la nostra immagine alle Isole Pitcairn: sei il benvenuto alla Sagra del Rallo di Henderson.

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Eb2323

circa 3 anni fa - Link

Questo articolo è un po come Sandinista....troppo complesso e cerebrale....materiale di discussione che si sarebbe dovuto espandere in maniera molto più dilatata. Si può gridare al capolavoro ma forse troppa carne al fuoco.

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Eb2323

circa 3 anni fa - Link

È un complimento....ora vi lascio. I Clash per me sono la Vita.

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Emanuele

circa 3 anni fa - Link

Beh, ma questo non è un complimento, è un complimentone. Leggo, peraltro, con timore l'evocazione del Marie Brizard: nel mio film enogastrologico è incubo nonché fra le icone dell'hangover più attoscante.

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Eb2323

circa 3 anni fa - Link

Beh se dovessi associare il marie brizard ad un film sarebbe sicuramente "Suspiria "...non quello di Guadagnino ovviamente, la sensazione di angoscia e terrore nell hangover mattutino è decisamente accomunante.

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Francesco

circa 3 anni fa - Link

Si potrebbe avere qualche notizia in più sulla LA TAVERNA DELL’INSACCATO?

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Emanuele

circa 3 anni fa - Link

Certo. È la Tasquinha dos Loios a Rua dos Caldeireiros.

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Ruggero Romani

circa 3 anni fa - Link

Una domanda non eno-gastronomica: dei Deipnosofisti avete letto solo l'introduzione o anche le oltre 2000 pagine di testo? in greco ovviamente...

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Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...personalmente ho letto solo una parte, tra l' altro con la traduzione ( e relativa interpretazione) latina...

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Eb2323

circa 3 anni fa - Link

Ai tempi del liceo i gin tonic erano di pessima qualità... ho guardato solo la copertina.

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Ruggero Romani

circa 3 anni fa - Link

allora non è l'edizione citata dagli autori, che comprende solo il testo graco e traduzione e commento in italiano.

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Emanuele

circa 3 anni fa - Link

Duemila e più pagine, quindici libri e se non erro un prezzo alla portata dei soli Dell'Utri (quando non "prendono in prestito"...) & co. Sarebbe stato bello ma forse anche no. Mi sono accontentato (contentissimo) del commento di E. Amato all'opera (e all'introduzione di M. Jakob) e degli estratti reperiti a fatica che mi servivano per una ricerca e un seminario sui linguaggi del vino. Amato, tra l'altro, auspicò nel 2002 una futura pubblicazione più economica a possibile beneficio dei sub-Dell'Utri come me. Non credo che il suo auspicio abbia avuto seguito. Per toglier polvere e scrostar ruggine dai simposi tradotti col Rocci tanto tempo fa (e vedere l'effetto che fa) basta e avanza il più agile ed economico Simpósion tõn épta sofõn.

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Francesco Fabbretti

circa 3 anni fa - Link

Quando vivevo a Roma ho avuto l'onore di incocciare più di una volta con la cucina molecolare della trattoria Da Cesare...eh ma quella è una sperimentazione spinta, non per tutti i palati

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Emanuele

circa 3 anni fa - Link

Ciao Francesco. Noi abbiamo il piacere di ripassarla a fondo abbastanza spesso e tutta, dalle molecole più semplici, ad esempio i cartocci molecolari di alici o moscardini fritti, fino a quelle più complesse, che so, broccoli e arzilla o coda. Senza farci mai mancare le sferificazioni ('e porpette). Sempre una gioia.

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Giacomo

circa 3 anni fa - Link

Il fuffometro segna 10/10, ergo non ho letto l'articolo; comunque, finché c'è fuffa c'è speranza. Buon anno a tutti.

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marcow

circa 3 anni fa - Link

Il dibattito è stato interessante anche perché si è soffermato sulla forma, sullo stile di scrittura che è un tema che mi affascina da sempre(chiaramente anche in altri smbiti). Ed è un aspetto, della partecipazione ai dibatti, su cui noi commentatori ci possiamo prendere qualche "soddisfazione"(?) nei confronti dei redattori : ---) __ E, quindi, su questo esprimo qualche opinione. Si è parlato di illegibilità del testo. Ma in che senso? 1 A me sembra che il testo sia comprensibile e, comunqie, non presenta particolari difficoltà. 2 Il testo è, invece, un po' lungo. E, questo, può scoraggiare il lettore che potrebbe parlare di illegibilità nel senso che non gli va di leggere un testo troppo lungo. Ma non perché è incomprensibile. 3 Altri hanno criticato lo stile enfatico ma non c'entra nulla con la comprensibilità. Anche in questo caso un lettore a cui non piace molto questo stile può parlare di illegibilità ma nel senso che non è disposto a leggerlo tutto. __ Per concludere. L'unico difetto che vedo è quello della lunghezza. Ma, attenzione, altre volte ho apprezzato un testo lungo dello stesso autore(recensione di un libro di Nicola Perullo) perché l'argomento mi interessava molto di più e la completezza richiedeva non un testo breve.

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hakluyt

circa 3 anni fa - Link

Illeggibile quando ci sono troppi riferimenti "personali" che sono difficilmente comprensibili al lettore "medio". Illeggibile quando ci sono troppe parti in lingua non italiana (in ordine sparso: francese, tedesco, inglese, sloveno, portoghese, ) che il lettore "medio" non è in grado di capire appieno. Illeggibile quando lo stile di scrittura è una continua esibizione di "cultura" (o di semplici conoscenze?) Illeggibile quando le note al testo sono lunghe quasi quanto il testo stesso. Illeggibile quando alcuni (troppi) "fotogrammi" (ad esempio KOENIGSHOF, oppure DYLETANCI, oppure OSTRICHE E GUINNESS, oppure MYSTERIUM COSMOGRAPHICUM, oppure TRUSSARDI ALLA SCALA) nulla aggiungono alle conoscenze enogastronomiche del lettore "medio". Illeggibile per l'ostentazione palese: io so' io e voi...

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Emanuele

circa 3 anni fa - Link

Il lettore medio non esiste. Se anche esistesse, non farebbe riferimento. Il tuo riferimento, oltretutto, è chiaramente egocentrico: perché è chiaro che il c.d. lettore medio al quale fai riferimento non è in realtà che uno e sei tu. Fossi in te, quindi, sarei più accondiscendente con me stesso: non mi abbasserei implicitamente al rango di lettore medio.

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hakluyt

circa 3 anni fa - Link

Magari sarà anche vero quello che dici; la cosa comunque che mi lascia veramente esterrefatto è che mi scrivi: "Il tuo riferimento è chiaramente egocentrico". A me !!!! Ma ogni tanto rileggi quello che scrivi ?

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Emanuele

circa 3 anni fa - Link

Te la senti di accettare un invito a ragionare centoventi secondi su quanto segue? Se commenterai, sarò lieto di leggere ed eventualmente ri-commentare a mia volta: la scrittura "neutra" non esiste come non esiste il lettore medio. La scrittura è implicitamente, necessariamente un'egodicea (cit.). Quindi, che io chiami egocentrico il tuo scritto o tu faccia altrettanto col mio non è un affronto ma un dato di fatto e di necessità. Considerato poi che i limiti del mio/tuo linguaggio null'altro sono che i limiti del mio/tuo mondo (quasi-cit.) e che i mondi sono diversi (bonus) e spesso lontanissimi, almeno io non sento l'esigenza di aprire il mio al turismo di massa. Accetto che non piaccia e pace. Trovo, in compenso, oltremodo divertente che qualcuno esponga i motivi della sua avversione e si esponga nel discuterne civilmente. Ciò che significa, in ogni caso, thank you.

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hakluyt

circa 3 anni fa - Link

Volentieri ho raccolto il tuo invito e ho cercato di ragionare su questa mia idiosincrasia verso questo post. Ma anche, me ne sono reso conto, verso altri tuoi post precedenti e successivi. Partendo dall'assunto che se una persona si prende la briga di usare del suo tempo (poco o molto non importa) per scrivere qualcosa su un forum pubblico lo fa per passione, immagino che si aspetti di essere letto e (magari) capito. Il problema che riscontro nei tuoi post è che li "leggo" ma non li "capisco". Nel senso che, oltre ad aver difficoltà nella lettura (ma questo comprendo bene essere un mio limite), non capisco perchè inserisci così tante note (per un desiderio di aiutare il lettore ad elevarsi culturalmente o per far notare che "ne sai"?), non capisco la necessità di usare citazioni in latino (non mi pare di aver visto anche quelle in greco, e meno male...), in tedesco, in francese (ed in altre lingue a piacere...) ma soprattutto non capisco perchè li scrivi, visto che spesso sono solo una riflessione sul tuo "ombelico". Oppure mettila così: proprio perchè sono pensieri rivolti al tuo "ombelico" capisco perchè li scrivi. Un esempio: rileggiti il capitolo KOENIGSHOF qui sopra e dimmi che valore può avere per me lettore di Intravino, a parte prender nota di un elenco di parole inglesi che finiscono in -y o in -er. Di chi stai parlando? Di cosa stai parlando? Il punto focale è forse che (beato te...) hai bevuto "Clos des Forêts Saint Georges 1998". Un altro esempio: il capitolo TAVERNA MILOS. A parte lo sfoggio di cultura (con relativa nota per i poveri lettori che non sanno di cosa stai parlando), che cosa posso apprendere dal tuo scritto? Che sei stato a Rodi e niente di più. Senza parlare poi della necessità della nota di 9 (nove) righe su Keplero. Forse per via della "bella e onesta autocelebrazione", ma quando mai può un'autocelebrazione essere onesta? E soprattutto della non-risposta piccata al buon Seminara che critica civilmente il tuo stile di scrittura. Alla fine del mio lungo ragionamento, fatto non da "lettore medio" (qui hai ragione) ma da "lettore mediocre", non posso che confermare quello che ho scritto più sopra: illeggibile perchè, come diceva il Belli, "io sò io, evvoi...". D'altronde mi pare che tu questa cosa ci tenga a rivendicarla...

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Maurizio

circa 3 anni fa - Link

Io trovo oltremodo divertente che uno che dichiara di non sentire l'esigenza di aprire il suo mondo a un turismo di massa scriva su quello che probabilmente è il blog di vino più letto in Italia e quindi quello più di massa.

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Emanuele

circa 3 anni fa - Link

Buongiorno, rispondo qui sopra perché al tuo ultimo commento non si può (mistero). La risposta sarà, almeno qui, sintetica, avendo tu articolato il commento in moltissimi punti; ai quali sarebbe sì doveroso replicare puntualmente, ma svolgendo il tutto inevitabilmente in una sequela di obiezioni e osservazioni a carattere personale (sulla mia persona, sulle mie opinioni, sui miei gusti, sulla mia idea di scrittura). Per questa replica, se veramente ti interessa, rimando a una discussione in altra sede (basterebbe che tu scrivessi alla redazione - dillo@ - per indicare a quale indirizzo potrei risponderti). In sintesi, l'intera tua invettiva è viziata da una disattenzione piuttosto... irriguardosa; e, in più, da un elemento che effettivamente sfuggiva per necessità alla tua considerazione: questo post non è mio, è in realtà a due voci. Dialogico. Hai omesso di considerare la voce che parla oltre alla mia, che è della persona con cui vivo; e, per assurdo o mostruoso che ti sembri, quelli che cassi capziosamente quali esercizi autonfaloscopici, dotte citazioni etc. sono il nostro quotidiano. A casa, al ristorante o in auto parliamo così, intercalando quattro o cinque lingue, punzecchiandoci a colpi di classici (o di Franco Lechner, o di Franco Califano e Vianella) e così via. È la nostra lingua, né più, né meno. Che piaccia o meno, non mi interessa. In chiusura, telegraficamente: con l'altra voce, inoltre, condividiamo l'idea fondamentale che, proprio come il "lettore medio", non esista il "povero lettore". È un concetto piuttosto allarmante.

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hakluyt

circa 3 anni fa - Link

OK, dopo aver letto "autonfaloscopici" mi arrendo...

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Emanuele

circa 3 anni fa - Link

Peccato. T'arendi facile. Si ć'aripènzi, noi ce sémo.

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Maurizio

circa 3 anni fa - Link

Caruccio l'aneddoto da Casa Vianello, aggiunge quel tocco di comicità che mancava.

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circa 3 anni fa - Link

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circa 3 anni fa - Link

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