Il cannonau di Gianfranco Manca è un vino che non parla del terroir
di Gianluca RossettiNon è in discussione il totale di riconoscimenti ma la loro definizione. Vero è che, per alcuni, qualità è quantità. Tuttavia, nel caso di specie, non il numero né la precisione degli intarsi ma la mano dell’ebanista rischia di incuriosire.
Boeri, polvere da sparo, ceralacca, fieno e, con ostinazione, erbe aromatiche il cui elenco vi risparmio. Rubino cupo, di vedetta a bordo calice. Non un campione di limpidezza. Volatile? C’è eppure, per come la vedo, mi pare sostenga con una manciata di sale il peso dei 15 gradi alcol, che ne liberi la zavorra, ne smorzi i bollori in concorso di colpa con l’acidità. Certamente, all’inizio. Ma ho l’impressione che questo vino non ami l’aria, forse tra qualche ora potrei non apprezzare. Bevo. E in fretta.
Dalle parti di Andrea Scanzi ho letto di Gianfranco Manca, viticultore in quel di Nurri, una quarantina di chilometri a nord di Cagliari, nella regione del Sarcidano. Ricordo perché, tra le altre cose, mi ha investito con ferocia una dichiarazione ai limiti dell’intollerabile, quasi iconoclasta, che suonava più o meno così: non voglio vini espressione del territorio. Guardati attorno: qui, ad esempio, è stato devastato tutto dagli incendi. Voglio un vino che racconti chi lo fa.
In epoca di microparcelle e riporto di vigne-menzioni-toponimi, mi è parso l’equivalente di un cazzotto tra i denti. E finora una bordata tanto sonora l’ho sentito solo da lui, oltre che, in termini differenti, in diverso contesto e per tutt’altre ragioni, dai sostenitori del varietalismo. Controcorrente per questo. Forse anche per altro: nessuna aggiunta di solforosa anzi, come recita la scarna etichetta, “senza l’utilizzo di alcun correttivo e conservativo”.
Trovo una sua bottiglia in enoteca, per me la prima. Ci ragiono su: costa trenta e passa euro. Tentenno. Complicato liberarsi dal sentito dire di amici che non me ne avevano parlato bene: troppa variabilità tra annate, bottiglie, bicchieri, sorsi perfino. Mi intestardisco e mi muovo d’incontro, per puro culto del dispetto. In casi come questi cerco la smentita, senza trovarla nella maggior parte delle circostanze, perché davvero ho la fortuna di conoscere persone preparate più di me. Ma stavolta, in questo preciso istante, disquisendo della mia boccia, Vino rosso Picci (cannonau) L RPC 14 , incontrata il 02 aprile 2017, posso dire che ho ragione io.
Perché è davvero buona, di una bontà sua propria. Esile e rapidissima a diradarsi. Ma ricorderò quei primi venti minuti.
3 Commenti
nicola barbato
circa 7 anni fa - Linkbellissima descrizione con bellissima impostazione. precisa. come se avessi bevuto anche io. [sempre viva il culto del dispetto].
RispondiFoodofAnarchy
circa 7 anni fa - LinkGianfranco si definisce "vignaiolo sulla terra". Cerca di elevare la posizione dell'uomo tanto quella del territorio. Terroir significa questo, tanto territorio quanto vignaiolo. Territorio e terroir sono due termini completamente differenti. Bell'articolo, ma penso che il titolo non sia corretto. I vini di Gianfranco sono tutti espressione di terroir. Non di territorio.
RispondiCasadeivini
circa 7 anni fa - LinkOttima descrizione e bell'articolo su questo vino cannonau, proprio come averlo degustato.
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