I voti e le bocciature fanno male agli studenti e alla scuola. Talvolta pure ai vini

I voti e le bocciature fanno male agli studenti e alla scuola. Talvolta pure ai vini

di Alessandro Morichetti

Mi interesso di tematiche educative – sono figlio di insegnante ma educare ed insegnare sono due robe diverse (trovate qui un abstract della prof. Paola Dal Toso, Università di Verona, sui principi pedagogici dello scoutismo con annessa distizione suggerita da Robert Baden-Powell) – da molti anni prima di incontrare il vino e sono arrivato sul Chianti per portare i ragazzi del clan – cioè i più grandi, 16-19 anni – a Barbiana prima che per bere. Lì operò don Lorenzo Milani con la sua scuola e se non avete mai letto Lettera a una professoressa fareste bene a farlo subito, che siate genitori, insegnanti o semplici interessati come me.

Franco Lorenzoni è insegnante e questo suo articolo dal titolo “I voti e le bocciature fanno male agli studenti e alla scuola” si presta a molte letture, non ultima quella rigurdante il vino e i suoi voti. Partiamo da questo estratto:

Insegno nella scuola elementare da 38 anni e continuo a domandarmi come sia concepibile affibbiare a un bambino un voto in geografia, italiano o matematica nei primi anni di scuola. A chi stiamo dando quel voto? Al grado di istruzione della sua famiglia? Al grado di ascolto che hanno avuto le sue prime parole a casa? Alle esperienze che ha avuto la fortuna di fare? Al destino che ha fatto giungere proprio qui la sua famiglia da campagne analfabete o dalle periferie di qualche megalopoli africana o asiatica?

Sono convinto che quei voti non abbiano alcuna giustificazione e non contengano alcun valore pedagogico. Eppure un peso ce l’hanno, eccome! È a partire da quei primi voti, attesi da casa con sempre maggiore trepidazione, che la bambina o il bambino comincerà a scivolare e collocarsi, come la pallina di una roulette, dentro alla casella data da una classifica arbitraria di presunti meriti, che aumenteranno o avviliranno grandemente la sua fiducia in se stesso.

Mutatis mutandis, a chi stiamo dando il voto quando giudichiamo il vino alla stregua di un compito in classe? Spesso al liquido in sé in virtù di una presunta oggettività del giudizio, talvolta al contorno o all’importo del bonifico per la partecipazione ad attività annesse e connesse, altre volte ancora all’amico da non deludere o a chi ha organizzato la serata in pompa magna, con tartine e ogni sfiziosità.

Uso i numeri del vino cum grano salis perché posso permettermelo, perché non redigo bollettini periodici o schede per qualche guida dove sono praticamente necessari. Poi c’è anche chi, ancora, nel 2017, a cena tra amici sente il dovere di punteggiare una bottiglia per darle e darsi un senso ma è il genere di cene a cui non vado manco sotto tortura.

A volte utili, molto spesso inutili, i voti dei vini sono diventati strumento commerciale praticamente agli albori visto che pochi hanno tempo di leggere una descrizione e, probabilmente, ancora meno sono capaci a scriverne di esaustive e comprensibili anche nel giudizio senza numerare. Certo è che, senza numeri, centesimi e classifiche, qualsiasi strumento divulgativo perde una buonissima parte della propria valenza commerciale. Ma qui stavamo parlando di educazione, qualcosa di pedagogico, e ci basti quantomeno ricordare che la critica, qualsiasi critica, alla fine sta a metà strada tra questa istanza e i soldi che ne possono derivare.

Il peggio della numerologia vinosa sembra però essere alle spalle, tranquilli. A scuola non saprei ma temo di no.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

4 Commenti

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Denis Mazzucato

circa 7 anni fa - Link

La scuola deve dare medesime opportunità a tutti, medesima dignità a tutti, e premiare anche l'impegno al di là dei risultati. Ma è proprio non dare voti per non turbare che genera insicurezza in alcuni casi, violenza in altri, nei ragazzi abituati da quando indossavano il pannolone che non è MAI colpa loro. Tornando al vino (che è meglio) e ai suoi giudizi, ti segnalo un libro divertentissimo e a tratti illuminante: Prevedibilmente Irrazionale di Dan Ariely. Conosci?

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Alessandro Morichetti

circa 7 anni fa - Link

Mai letto ma curioso: "Perché un farmaco di marca dovrebbe essere più efficace di un generico? Perché riteniamo legittimo rubare la cancelleria in ufficio? Perché la lotteria non ci sembra antieconomica? Ce lo spiega Dan Ariely esaminando innanzitutto la sua esperienza: grande ustionato dopo un attentato terroristico in Israele, ha dovuto anche subire le conseguenze delle "decisioni irrazionali" prese dalle infermiere che gli strappavano i cerotti. Da allora ha raccolto una vera e propria collezione di quotidiane scelte sbagliate. Dalle conseguenze dell'eccitazione sessuale alle strategie di esposizione delle merci in vetrina, ha scoperto che anche i comportamenti più insensati hanno una logica, radicata nel nostro essere animali più emotivi che razionali. Per fortuna, siamo anche animali prevedibili e un po' di accortezza potrebbe trasformarci persino in creature (davvero) intelligenti."

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vinogodi

circa 7 anni fa - Link

...semplicemente il voto ad un alunno , magari giovanissimo, non l'equalizzo a quello di un vino , che è solo la sintesi di un pistolotto che nove volte su dieci non leggo , salvo chi scriva non sia accertato elemento di piacevole lettura. Davvero non comprendo la criminalizzazione dell'elemento di sintesi , sia esso numerico che simbolico. Estrinsecazione del gusto personale? Certo , ma siamo noi che leggiamo , eventualmente, a legittimare lo scrivente , non quello che scrive o cosa scrive ... PS: faccio sempre l'esempio di Luca Maroni . Chi aderisce al concetto estetico che esprime , se ne compiace . Chi no , lo fancula . Quindi la transitorietà si sposta da vino al giudizio e , in ultimo , alla persona ...

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Federico

circa 7 anni fa - Link

Lorenzoni parla di scuole elementari e dei primi anni di scuola! ...non di studenti, ma di bambini. Il paragone penso sia stato volutamente forzato, avendo esperienze scoutistiche ed educative immagino che ad Alessandro sia ben chiaro questo, e sia chiarissima la differenza "umana" tra i diversi "materiali" sotto giudizio. Per questo mi pare che il post sia giocato solo sulla similitudine dell'inutilità a volte di utilizzare espressioni numeriche per formulare giudizi rapidi, ergo anche se a prima vista sono più chiari e sintetici, a volte dovrebbe essere necessario prendersi più tempo e parole per esprimere un giudizio di qualcosa che riteniamo importante.

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