I rosé della Loira con Elizabeth Gabay MW al Pink Rosé Festival

I rosé della Loira con Elizabeth Gabay MW al Pink Rosé Festival

di Andrea Gori

L’altra grande denominazione rosata di Francia, oltre la Provenza, è una delle più amate (o odiate) al mondo, per la sua forte concessione alla piacevolezza e allo zucchero residuo anche elevatissimo. È anche quella che più riesce ad avvicinare alla tipologia i bevitori occasionali. Non si può tuttavia generalizzare, parlando di rosati della Loira, e la lezione di  Elizabeth Gabay MW durante l’ultima edizione del Pink Rosé Festival di Cannes ci ha permesso di chiarire pregi e difetti di questi vini, e capire come mai siano così popolari.

La premessa di Elizabeth parte da lontano, facendo appunto notare che non si può generalizzare parlando di “rosé”: sarebbe come definire solo rossi vini tra loro diversissimi come Bordeaux, Borgogna, Barolo e Brunello. Anche tra i rosati esistono differenze enormi, in parte derivanti dal terroir e in parte da precise scelte enologiche. Nello specifico il sottoinsieme dei rosati della Loira è per forza di cose variegato, perché l’area si estende su un fiume lunghissimo con numerose AOC attorno, una situazione ben diversa rispetto all’omogeneità delle denominazioni provenzali.

Quindi occhio a dire “Rosé de Loire”, in quanto copre tanti stili e tipologie compresi i rosati di Anjou – unica denominazione al mondo ad avere addirittura tre AOC rosé (Rosé de Loire, Rosé d’Anjou e Cabernet d’Anjou). A questi si devono aggiungere le versioni spumanti. Premessa essenziale è che è bene ricordarsi che siamo vicini a Layon e Vouvray, con i suoi produttori esperti storicamente a gestire dolcezza e acidità. La stessa bravura che ci vuole nel cucinare un dessert locale, Cremet d’Anjou, che gioca su un rapporto delicato tra acidità e zucchero, ma irresistibile, e che non stanca il palato, con effetti dietetici immaginabili.

Bilanciamento

Nel preparare i vini della Loira i produttori hanno sempre in mente un grafico, con l’acidità che si deteriora nel tempo mentre il frutto sale di intensità: se si vendemmia troppo presto avremo ottima acidità e poco colore, ma anche poco frutto e sapore. Se attendiamo troppo avremo molto frutto e poca tensione, e vini piatti, stancanti. L’epoca di vendemmia è fondamentale per ottenere un grande rosato da queste parti, l’obbiettivo è avere nel bicchiere non solo acidità ma anche una certa dolcezza. Impossibile bere i vini della Loira, secondo Elizabeth, senza i grandi cieli azzurri e il rosa ovunque dei fiori, come in una favola. In qualche modo ce l’abbiamo fatta, quindi ecco i nostri assaggi, iniziando da un Rosé de Loire.

Rosè de Loire Cuvée 2017 Possession Loire Properties. Da uve pineau d’aunis e cabernet sauvignon, vino secco, completo al palato anche se ha 1,8 gr/lt di zucchero (con un max ammissibile di 4). Bella acidità, che sfrutta al meglio la varietà particolare di vitigno pineau (evitare alte produzioni) e si combina bene col cab perché ha poco colore. Pesca dolce, poi minerale che sale, fragola abbondante e matura “come fosse una signora di una certa età”. 87

La denominazione Rosè d’Anjou, di moda nel diciannovesimo secolo a Parigi nei bar e di nuovo in voga negli anni ’50 con James Bond (lo beve in Goldfinger) si ottiene da gamay, cabernet franc, grolleau noir e grolleau gris. Nella sua composizione sono ammessi da 7 a 20 gr/lt di zucchero residuo. Una soglia elevata, che ha generato in molti produttori della zona la fuoriuscita dalla AOC per protesta, come nel famoso caso di Ferme De La Sansonnière. In ogni caso, vini perfetti per il melone con formaggio e pomodoro, e con formaggi come Camembert, Munster o il Maroilles, e alla grande con formaggi a pasta secca e gusto più dolce come il Saint Nectaire.

Chateau de Fesles La Chapelle 2017. 70% grolleau 30% gamay: fragole e ribes rosso, dolcezza molto presente ma buonissimo con il giusto abbinamento, molto facile a bersi e invitante. Al sorso lascia note decise di vaniglia e zucchero, e persino burrose. 86

Domaine la Petite Roche 2017 Rosé d’Anjou. 80% grolleau 20% gamay: colore delicatissimo ma più estrazione di altri, dolcezza ben presente e bilanciamento ben costruito, molta acidità, bella macerazione che porta più frutto rosso, fragola e ribes, tanto che i quasi 19 gr/lt di residuo zuccherino non stancano. Vino perfetto per piatti con curry e spezie. 88

Domaine des Hautes Ouches 2017 Rosé d’Anjou. 100% tra grolleau e grolleau gris, varietà più chiara per la quale si può aumentare il tempo di macerazione, 20gr/lt zucchero. Acidità molto alta e soprattutto grande estrazione e corpo, che bilanciano il tutto: nocciole, “peachy”, con il tempo la frutta secca qui solo accennata viene fuori benissimo, insieme ad anice, menta e ginepro. Palato divertente con rimandi ad arancio giallo e rosso, finale lungo e con sapidità ottima. 90

La denominazione Cabernet d’Anjou proviene da uve cabernet franc e cabernet sauvignon, anche l’uno senza l’altro. Si tratta di varietà molto diverse dalle altre della Loira, tipiche di Bordeaux, uve ben più ricche quindi di colore e sostanza e anche di tannino. Qui la chiave è fermare la fermentazione nel momento giusto, e nel modo meno traumatico possibile. Come zucchero il minimo è 10 gr/lt ma spesso si arriva fino a 30 e oltre.

Domaine du Haut Mint 2016 Cabernet d’Anjou. 60% cabernet franc, 40% cabernet sauvignon, il  livello zucchero è davvero elevato (35 gr/lt!). Ha molto frutto rosso e corpo, bocca di mirtillo dolce e violette, non è facile ottenere un vino piacevole e bevibile e qui un lieve tannino aiuta. I rosati con un finale tannico sono particolari, ma hanno il suo perché e questo vino lo dimostra. 86

Domaine de Flines 2017  Cabernet d’Anjou. 100% cabernet franc dal colore bellissimo: delicato e appena rosato, intensità di frutto molto diverso rispetto al cabernet sauvignon: ribes rosso e rabarbaro più che mirtillo e more qui si sente molto bene, vaniglia e pepe, finale intrigante. Vino che dimostra che il rosato di questa AOC può essere davvero noioso, ma se ci concentriamo su acidità, equilibrio e tannino è molto più divertente. 28 gr/lt e alta acidità. 90

Domaine de Fontaines 2017 la Vignerie Cabernet d’Anjou. 80% cabernet franc, 20% cabernet sauvignon: qui c’è frutto, l’estrazione è oltre i 30 di zucchero con 3,8 di acidità: frutta più rossa e solare, canditi e pesche, anice e sale. Lascia un ottimo ricordo, eccome, anche se è meno contrastato e più molle. 88

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

2 Commenti

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Stefano

circa 6 anni fa - Link

Ecco, scusa, penserai che sono un rompiscstole enorme a farti domande dopo ogni post, ma confesso che li trovo molto interessanti e istruttivi. Purtroppo solo per eventuali viaggi in Francia, visto che in Italia sono denominazioni introvabili. Vengo al punto: non è stato fatto cenno ai rosati di Sancerre? Ne ricordo a base pinot nero - che qui non compare -di fantastici, non propriamente economici però.

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Andrea Gori

circa 6 anni fa - Link

In effetti esistono anche i Rosati di Sancerre da pinot nero ma in totale sono addirittura 19 le AOC della Loira che possono produrre rosati... http://loirevalleywine.com/discover-the-wines/ Dal punto di vista della comunicazione credo abbiano deciso di puntare sulle sole AOC che producono esclusivamente rosati che sono appunto queste tre

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