I presidenti U.S.A. e il vino: una piccola storia

I presidenti U.S.A. e il vino: una piccola storia

di Elena Di Luigi

Prendendo spunto dalla minaccia dei dazi di Trump, per esempio sul vino europeo, viene da chiedersi quanto questo o quel prodotto usato come rappresaglia, sia rilevante nella vita personale di un capo di stato.

Donald Trump, tra le mille altre cose, passerà alla storia anche come il primo presidente “moderno” astemio. Sembra che a convincerlo a non bere sia stata la tragica fine di suo fratello maggiore, morto di alcolismo a 43 anni. Trump consiglia a tutti, figli compresi, quello che suo fratello gli disse, e cioè, di non bere mai per non correre il rischio di non sapere smettere. Nulla da aggiungere se non il fatto che se uno ha una natura compulsiva poi altre vie di fuga le trova comunque, per esempio su Twitter.

Di Barack Obama si sa solo che nella sua casa di Chicago ha una cantina con un migliaio di bottiglie  e che Michelle è la vera connoisseur di familgia, come ampiamente dimostrato nel 2017, durante la visita della coppia in Italia, completa di degustazioni e tour in cantina.

Diversa storia per George W. Bush che dopo anni di abuso di alcol decise di smettere a quaranta anni, anche perché la moglie gli impose un ultimatum: “It’s either Jim Beam or me,” . Va anche notato peró, che durante la sua presidenza il consumo di vino in USA aumentó vertiginosamente, tanto che nel 2008 gli Americani erano in cima alle classifiche mondiali. La politica estera del presidente Bush potrebbe essere la chiave di lettura per interpretare questa anomalia.

Andando indietro nel tempo, un altro astemio è stato Jimmy Carter, mentre la reputazione che accompagnava John F Kennedy era di preferire le donne al vino. Chi gli successe invece, Lyndon Johnson, costretto a cambiare stile di vita dopo un infarto dichiaró che “whisky, sunshine and sex” erano le uniche cose che gli dessero gioia.

A Richard Nixon, la cui cattiva reputazione resta ad oggi ineguagliata, bastava poco alcol per scatenare la sua ira che spesso sfogava ordinando atti militari a caso. In queste circostanze i piú stretti collaboratori, tra cui Henry Kissinger, prendevano in mano la situazione temporeggiando fino a quando il presidente tornava sobrio e in grado di rivedere le sue posizioni.

Il rischio che Trump faccia partire un missile da sbronzo é scongiurato. Allora uno si chiede perché la stessa sobrietà non lo aiuta a capire che é giusto che una multinazionale paghi piú tasse nel paese in cui opera. Dopotutto che sarebbero mai le GAFAs, Google, Amazon, Facebook e Apple, senza le strutture e i servizi del paese che li ospita e senza forza lavoro formatasi con le tasse dei cittadini?

Qui l’articolo originale:
Teetotal Trump and the drinking presidents

1 Commento

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Ruggero Romani

circa 4 anni fa - Link

Thomas Jefferson apprezzava Yquem e Haut Brion

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