Ho visto il futuro del vino e non mi è piaciuto. Per niente

di Antonio Tomacelli

Quesito della Susi (cit.): che percentuale di vino prodotto in Cina deve esserci in una bottiglia perchè quel vino lo si possa etichettare come made in Cina? Non lo sapete, eh? E scommetto non sapete che la Cina si prepara a sfilare sotto il naso degli europei uno dei mercati futuri più ambiti per numero di abitanti e potenzialità economica: l’India. Si, lo so che entrare nel mercato indiano è una cosa pazzesca viste le tasse folli che il governo indiano ha messo sulle importazioni di vino – il 160% sul prezzo di una qualsiasi bottiglia – ma metti caso che il governo cinese stia facendo il diavolo a quattro per firmare un accordo commerciale bilaterale che abbassi le aliquote tra i due paesi?

Finirà che un Brunello costerà una volta e mezza in più di sole tasse e un Blunello, magari a base Sangiovese, ve lo daranno gratis comprando due bocce di detersivo! “Ma il vino cinese fa schifo”, direte voi: obiezione respinta. Torme di Chateau hanno stretto accordi commerciali con le aziende cinesi e ora, proprio mentre io scrivo e voi leggete, centinaia di enologi francesi son lì che rimontano cabernet sotto gli occhi a mandorla degli studenti e, tempo pochi anni, la qualità non sarà più un problema. E il vino italiano, in questo contesto, che fine farà? Beh, potremmo obbligare qualche politico ad aumentare il consumo personale fino a schiattare e, tra ministri, assessori e qualche presidente del consorzio di Roccacannuccia (quelli che conquistano i mercati internazionali ma solo nei comunicati stampa), dovremmo farcela. Dite che la soluzione è troppo punitiva? Io non direi e, d’altronde, potevano pensarci su un paio di volte prima di firmare in bianco la cambiale della globalizzazione, no? Non ditemi che vi siete scordati di quella brutta bestia della globalizzazione, dai! Che sarebbe poi quel simpatico accordo che regola i mercati in maniera asimmetrica e grazie al quale non tutti rispondono alle stesse leggi e ognuno fa il cavolo che gli pare.

Giusto per dirne una e rispondere alla domanda iniziale: avete idea di quanto vino cinese dovete mettere in una una bottiglia per poterlo etichettare come “Made in China”? Un solo, fottutissimo 15%:  bello il mondo globalizzato, vero?

(Fonte: Wall Street Journal)

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

11 Commenti

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enrico togni viticoltore di montagna

circa 13 anni fa - Link

l'idea che ministri, assessori e mettiamoci soprattutto premier, anzi presidenti del consiglio, schiattino per il troppo bere non mi dispiace. sarebbe una bella applicazione della legge del contrappasso, visto i danni che con le leggi su alccol e guida stanno dando al settore. per quanto riguarda la globalizzazione, pienamente d'accordo, alla faccia del "TELLOIL"!

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gianpaolo paglia

circa 13 anni fa - Link

Oh, meno male che Tomacelli fa un altro post "millenarista", cosi ci possiamo avviare tranquillamente verso i 100 commenti, o di piu'? Letto l'originsle di Wall Street Journal (grazie per il link almeno), la cosa che mi aveva piu' sorpreso era la dichiarazione che la "quantita di vino cinese che dovete mettere in una una bottiglia per poterlo etichettare come “Made in China”? Un solo, fottutissimo 15%: bello il mondo globalizzato, vero?" Leggendo l'orginale pero si capisce il dettaglio e anche il motivo: Government laws in China are quite liberal as companies are allowed to import the best wines, adulterate them with local wine, and then export as ‘Chinese wine’, Mr. Arora added. “The law is such that a wine needs to have minimum 15% Chinese content to qualify as ‘Chinese wine’. So China can export a wine with 85 % foreign content and only 15% Chinese content as ‘Chinese wine’.” Questo in pratica che vuol dire? Che saranno i vini di paesi terzi (Italia, ma piu' facilmente Chile - che ha degli accordi bilaterali e paga poche tasse per l'import - ecc.) ad entrare in Cina come stranieri, ed uscire (o rimanere sul mercato domestico), come cinesi. La possibilita' che questi vini possano essere esportati, per dire in UE? Nulla. Prima perche' la vedo dura in principio, secondo perche' e' vietato dalla legge. Per poter essere venduto in UE un vino deve obbedire alle regole che vigono in UE, non quelle del paese di provenienza. Ci sono esempi, vedi Australia con la creazione della denominazione South-Western Australia, di paesi terzi che hanno cambiato le loro regole per poter esportare in UE. L'Italia ha firmato una cambiale in bianco per la globalizzazione? Io credo che l'opzione firmare/non firmare non esista nei fatti.

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Antonio Tomacelli

circa 13 anni fa - Link

Tu sei sempre bello pragmatico e liberista ma a me certe cose puzzano lontano un miglio: metti che un giorno, con lo stesso spirito "quite" gli venga in mente di esportare in India del vino italiano che di Italiano ha si e no un dieci per cento? Oh, niente di grave sia chiaro ma, chettedevodì, a me suona strano assai...

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gianpaolo paglia

circa 13 anni fa - Link

sarebbe un pelino illegale. E comunque costituirebbe valido motivo per dichiarare guerra alla Cina. Gia' vedo sventolare le bandiere italiane in piazza Tienanmen, e i bambini terrorizzati dalla propaganda cinese che dipinge gli italiani con dei poster raffiguranti un Morichetti gigante, con la barba, che mangia i bambini (in una tazza di caffellatte), alla testa delle brigate marchigiane, sezione Macerata.

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Antonio Tomacelli

circa 13 anni fa - Link

No, ti prego, Morichetti no :-)

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Paolo Cianferoni

circa 13 anni fa - Link

Mah, secondo me il futuro del vino in Italia dipende da: - recupero dei consumi interni - qualità ambientale e salubrità del vino italiano - poca produzione - consapevolezza e quindi orgoglio della superiorità del vino italiano anche per i numerosissimi vitigni autoctoni locali, che nel mondo se li sognano Credo poi che il mondo industriale, applicato al vino, farà sempre meno "mercato" per i vini dei vignaioli. Le due strade ormai sono già tracciate: una logica industriale che farà la sua strada come gli pare (finanziarie, ecc.) ma anche una logica artigianale con tutte le implicazioni virtuose connesse sopratutto nei territori vocati. Quindi, la vedo bene per il futuro e non mi preoccuperei dei cinesi: mi preoccuperei solo se fossi un indusriale...

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Silvana Biasutti

circa 13 anni fa - Link

caro Paolo più che d'accordo con il tuo poker, a cui aggiungerei: - la capacità di un gruppo di vignaioli , colti agguerriti agguerriti e consapevoli, di far crescere (mantenendolo piccolo) il loro settore, con energia e senso della loro esclusività. Ciao.

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kenray

circa 13 anni fa - Link

liberismo e gobalizzazione bella merda

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gianpaolo paglia

circa 13 anni fa - Link

autarchia e statalismo: gia' visto, ma non ha funzionato neanche quello.

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kenray

circa 13 anni fa - Link

e chi ha parlato di autarchia e statalismo io parlo di regole certe per tutti diritti uguali (dei lavoratori soprattutto) identici stesse leggi per le produzioni stessi controlli di qualità ecc ecc siete i soliti facinorosi di destra

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gianpaolo

circa 13 anni fa - Link

Destra? quale destra, quella italiana e' meno liberale dei trozkisti. comunque, si poteva almeno dire piove governo ladro.

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