Ha senso parlare di terroir della birra?

Ha senso parlare di terroir della birra?

di Gianluca Rossetti

L’attuale produzione di birre artigianali ha collegamenti evidenti e necessari coi territori d’origine? Se li metto una accanto all’altro, birra e territorio, significano qualcosa?
Applicare le coordinate geografiche del vino alla birra, cercando un legame tra prodotto finito e ubicazione del birrificio, è esercizio di dubbia utilità, fermo restando che la genesi di alcune birre è riconducibile a regioni o città ben precise.

Ma proviamo ad affrontarli quei punti di domanda.
La risposta potrebbe essere un sì nel caso in cui ingredienti tipici del posto vengano scelti per far parte della ricetta. Ma siamo sicuri che basti per stabilire una connessione inscindibile con quel dato territorio? Più facile che la risposta sia un no in quanto generalmente materie prime fondamentali come cereali, luppoli e lieviti sono reperiti sul mercato, anche internazionale, e poi lavorate.

Mi viene allora in mente un paragone, magari balordo, che spero risulti sensato richiamare.

Tra i legni più pregiati in liuteria ci sono: abete Val di Fiemme, acero dei Balcani, mogano dei Caraibi, ebano africano, palissandro brasiliano.
Se su alcuni modelli di chitarre acustiche Martin – costruite a Nazareth, Pennsylvania – si montavano piani armonici in pregiato abete europeo, se si completava l’opera con altre essenze esotiche di prima scelta, non era per caso.
Eppure le chitarre Martin sono e restano Martin al 100% a dispetto degli ”ingredienti”: un suono eccezionale, evidenza delle capacità di quel mastro liutaio che ha fatto scuola e si è reso riconoscibile, indipendentemente dalla provenienza dei materiali impiegati.

Per le birre la questione non è poi molto diversa: si cercano gli ingredienti migliori lì dove si trovano (pur dovendosi segnalare il tentativo di alcuni birrifici agricoli di recuperare/ produrre in loco almeno una parte delle materie prime necessarie). Questo perché è apprezzata prioritariamente la corrispondenza a uno stile, a un genere, oppure la capacità di sperimentazione e innovazione, tenendo comunque in vista la qualità del prodotto finale.

Poco importa del ”dove”. E volendo ingredienti di qualità, nel mondo delle birre craft non ci si può quasi mai limitare a un approvvigionamento sul mercato locale. Ovviamente il ruolo del mastro birraio è determinante in ogni fase di questo processo.
Territorio e birre, quindi, perché? A che serve parlarne?

Anche il solo paragone coi vini è per me privo di significato. Confrontare vini e birre è come paragonare tasselli da otto e manga giapponesi. Peraltro, e senza scomodare Perullo, anche in ambito enoico il ”territorio” è stato messo in discussione. Ricordo Gianfranco Manca, patron di Panevino, che più o meno sostenne: ”ma quale vino del territorio? Il territorio è stato devastato dall’uomo. Io voglio un vino che parli di chi l’ha fatto”.

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Gianluca Rossetti

Nato in Germania da papà leccese e mamma nissena. Vissuto tra Nord Reno westfalia, Galatina (Le) e Siena dove ho fatto finta di studiare legge per un lustro buono, ostinandomi senza motivo a passare esami con profitto. Intorno ai venti ho deciso di smettere. Sai com'è, alla fine si cresce. Sommelier Ais dal 2012, scrivo abbastanza regolarmente sul sito di Ais Sardegna. Sardegna dove vivo e lavoro da diciotto anni. Sono impiegato nella PA. Tralascerei i dettagli. Poi la musica. Più che suonare maltratto le mie numerose chitarre. E amo senza riserve rock prog blues jazz pur non venendo ricambiato. Dimenticavo, ho un sacco di amici importanti ma non mi si filano di pezza.

7 Commenti

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Armando Castagno

circa 6 anni fa - Link

La dichiarazione di Manca, dico la verità, non la capisco. Si può sempre discutere se nel vino siano ravvisabili riflessi di elementi territoriali come la composizione del suolo e del sottosuolo, la ventosità, l'esposizione, l'altitudine (io non so come si faccia a negarlo, peraltro). Ma cosa diavolo c'entra la manomissione umana? Al contrario, molti territori classici del vino sono stati letteralmente salvati dall'uomo, e qualificati come luoghi salubri, verdi, ameni: diversi sono patrimonio mondiale dell'umanità UNESCO. Capisco peraltro la pia illusione di produrre un vino che parli solo di chi lo ha fatto, sempre che questi abbia la coerenza di non rivendicare denominazioni di origine.

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marco m.

circa 6 anni fa - Link

Boh... non sono un esperto del ciclo produttivo della birra, ma ho la vaga convinzione che sia un po' come per la pasta, cioè spaghetti, maccheroni, ecc. Intorno agli anni 70 e 80, ci fu una moria di pastifici locali. Perché ? La ben nota Barilla, con investimenti, marketing ecc., causò ne la scomparsa. E questo per la semplice fondamentale che offriva un prodotto migliore ad un prezzo più conveniente. Ora la birra cerca di valorizzasi con riferimento al vino, di segmentare il mercato, di proporsi come alternativa di qualità al non pochi vini sul mercato. Sempre meglio bere una birra di qualità che un vino inaccettabile, perdipiù venduto a caro prezzo. Ma detto questo, cosa c'entra con la birra un sito dedicato al vino come Intravino ? Fa pensare male.

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Gurit

circa 6 anni fa - Link

Mah, col cervello dico di no, ma col cuore dico si. Le birre belga sono le uniche che riesco sempre ad amare ed apprezzare. Le birre tedesche che qui non degno di uno sguardo (più che altro trovi spesso solo robaccia), in Germania le ho trovate ottime. Le birre americane sono eccezionali!! Le birre italiane...si in effetti in Italia la birra non viene bene, confermo che il terroir esiste anche per la birra.

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Fabrizio Gattuso

circa 6 anni fa - Link

Perché dici così? La birra artigianale italiana è di ottimo livello! Ti lascio qualche nome: extraomnes, hammer, vento forte, ca del brado, ritual lab, elvo e molti altri!

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Motown

circa 6 anni fa - Link

Beh, in linea di massima siamo d’accordo, ma non sarei così categorico. Basti pensare all’acqua che a seconda della provenienza ha composizioni chimiche differenti. Un esempio le pils ceche, peculiari proprio grazie ad un’acqua povera in elementi disciolti (per estensione mi viene in mente anche il caffè: a parità di prodotto e macchina/caffettiera verrà fuori un caffè diverso a Trieste piuttosto che a Napoli). Ed anche se pensiamo che oggi vanno di moda birre realizzate con vari ingredienti aggiuntivi, come spezie, frutta, fiori, possiamo immaginare che una birra fatta, diciamo, in Sicilia con l’aggiunta di limoni locali, sarà ben diversa da una fatta in modo analogo in Sud-America (dove peraltro i limoni locali sono i lime)...

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Federico

circa 6 anni fa - Link

In buona sostanza, e con le evidenti semplificazioni, è la stessa distinzione tra DOC (DOCG) e IGP (IGT) del prodotti gastronomici. Nei primi si tutela sia provenienza dei prodotti (ingredienti principali) che metodi territoriali storici di produzione, nei secondi si tutela solo questi ultimi. O almeno così doveva essere alla nascita di queste classificazioni. Poi decidere se sia più territoriale uno o l'altro mi sembra più vicino alla masturbazione mentale (a volte molto utile), sono fondamentalmente due cose diverse che meritano entrambe la loro dignità e particolarità.

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Gigi

circa 6 anni fa - Link

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