Guerre sicule | La doc che non voleva chiamarsi “Sicilia”
di Antonio TomacelliIl nostro lettore Massimiliamo Montes si pone qualche domanda sulle doc siciliane e, marzullianamente, si da pure una risposta.
Accade che un piccolo produttore dell’Etna mi racconta a denti serrati che la commissione Doc dell’Irvos di Palermo (Istituto Regionale Vini e Oli di Sicilia) aveva bocciato il suo rosato. O meglio, lo aveva fatto rivedibile: il colore non era tendente al rubino, come previsto dal disciplinare, ma tendente al “rosa cipolla”. Dovrà ripresentare un campione tra due mesi sperando in un ravvedimento del colore. “Ma come potrebbe cambiare il colore in due mesi?”, gli chiedo. “Non lo so” – mi risponde candidamente – “mi hanno detto di affidarmi alle moderne tecniche enologiche”. Un rapido giro di telefonate conferma i miei sospetti: tutti i rosati dell’Etna che avevano richiesto la certificazione Doc sono stati bocciati. Tutti con la medesima motivazione: il colore non è tendente al rubino come previsto dal disciplinare.
Accade che, nei giorni immediatamente successivi, il Consorzio di Tutela dei Vini Etna Doc modifica il disciplinare riducendo le rese da 90 quintali per ettaro a 80 quintali per ettaro: “Vogliamo sacrificare una parte dei nostri guadagni per innalzare il livello qualitativo” afferma il Presidente del Consorzio Giuseppe Mannino che manifesta anche la volontà di un’ulteriore riduzione. I produttori originari dell’Etna hanno sempre dichiarato pubblicamente rese non superiori a 40-50 quintali per ettaro. Questa decisione quindi non danneggia economicamente le Aziende locali, che hanno storicamente improntato un sistema qualitativo e di produzione basato su basse rese. Gli unici che dichiarano rese elevate, fino a 94 quintali per ettaro, sono produttori che provengono dall’esterno dell’areale. Aziende che annoverano tra le loro bottiglie anche produzioni Etna Doc di recente creazione, verosimilmente sull’onda della moda dei vini dell’Etna. Aziende che provengono dalla Sicilia occidentale.
A questo punto vale la pena di narrare un antefatto, forse importante per la comprensione di quanto succede nelle calde terre isolane. Il 12 giugno Giuseppe Mannino rompeva gli indugi comunicando alla stampa che il Consorzio Etna Doc sarebbe rimasto fuori dalla neonata Doc Sicilia. I vini dell’Etna non avrebbero inserito in etichetta la dizione Sicilia anteposta alla Denominazione Doc, così come il Consorzio Doc Sicilia chiedeva. Occorre ricordare che il progetto “Doc Sicilia” nasce da una precisa volontà di Assovini Sicilia, sostenuta dalle più importanti Aziende vinicole dell’isola, dalla Direzione Generale dell’assessorato all’Agricoltura e dallo stesso Irvos. Il presidente del Consorzio Doc Sicilia è Antonio Rallo, presidente di Assovini Sicilia.
Non mi ricordo chi fu a pronunciare la frase “A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” ma direi che c’azzecca parecchio!
Massimiliano Montes
18 Commenti
Francesco Bonfio
circa 12 anni fa - LinkA parte il fatto che il non rispetto del colore mi sembra una motivazione strumentale, dov'erano i produttori dell'Etna quando si discuteva del disciplinare e perché hanno accettato per il rosato il "tendente al rubino" anziché il rosa cipolla?
RispondiAntonio Tomacelli
circa 12 anni fa - LinkDov'erano? In minoranza, suppongo.
RispondiFrancesco Bonfio
circa 12 anni fa - Linksecondo quanto dice Montes più sotto dovrebbero essere in maggioranza.
RispondiAndrea Gori
circa 12 anni fa - Linkma se neanche tre mesi fa erano tutti a braccetto sotto il vulcano a dirci quanto ganza sarebbe stata la DOC Sicilia? e ora Etna fuori dalla Sicilia? mi pare un autogol niente male
RispondiSilvio Rossi
circa 12 anni fa - LinkOh, bella. L'uso "politico" delle DOC e' vergognoso. Allora la prossima mossa per convincerli ad entrare nella DOC Sicilia quale sara' ? l'Etna ha una sua peculiare tipicità. Le DOC sono state istituite proprio per tutelare le tipicità locali. Quale tipicità può avere una DOC grande quanto una regione? Fa bene la DOC Etna a tutelare la sua diversità. l'Etna e' una punta di diamante in Sicilia e non deve disperdersi nel mare magnum di territori.
Rispondigianpaolo
circa 12 anni fa - LinkNon so se mi sfugge qualcosa di "italianesco", ma quasi tutte le denominazioni di prestigio nel mondo non usano mai il nome della denominazione piu' grande all'interno della quale si trovano. Gli esempi sono tanti, da Bordeaux, dove se uno sta a Pauillac usa quel nome, non Bordeaux, oppure in Borgogna, dove si usano i nomi dei villaggi o dei crus, ecc., ecc. In vista del fatto che l'Etna punta ad essere una microzona di prestigio, non mi sembra tanto strano.
Rispondiarmando trecaffé
circa 12 anni fa - Linkappunto....
Rispondiluigi fracchia
circa 12 anni fa - LinkRiappunto, come se Gevrey Chambertin anteponesse la denominazione generalista Bourgougne
Rispondiarmando trecaffé
circa 12 anni fa - LinkMontes contro tutti....bellissimo
RispondiMassimiliano Montes
circa 12 anni fa - LinkCaro Armando, non sono contro alcuno. Amo il vino, specialmente quello dell'Etna.
RispondiSilvio Rossi
circa 12 anni fa - LinkLa questione e' di merito e di metodo. Nel merito credo che la DOC Sicilia sia un aberrazione, e non farà vendere una sola bottiglia in più. Per quanto riguarda il metodo lascio a chi legge il giudizio. Oggi le certificazioni DOC vengono usate come una clava. Un giorno contro i vini naturali, il giorno successivo contro l'avversario di turno. Tutto con la complicità di funzionari 'compiacenti'. Infine mi chiedo che cavolo di cipolle mangino a Palermo! Conosco le cipolle bianche e quelle rosse, ma quelle rosa antico no. Che colore e' il rosa cipolla???
RispondiMassimiliano Montes
circa 12 anni fa - LinkCiao Andrea. Eravamo insieme sotto il vulcano per Sicilia En Primeur, ed abbiamo assistito ad una grande kermesse. Una messa in scena ad uso e consumo della stampa. In realtà Assovini Sicilia associa non più di un paio di decine di imprenditori. Numericamente una sparuta minoranza. In pratica i più grandi produttori siciliani, aziende da milioni di bottiglie l'anno. Non sempre gli interessi dei grandi produttori coincidono con quelli dei piccoli e di quelli artigianali, dimensioni che sono quelle prevalenti nell'area etnea. Inoltre quella è una zona particolarmente vocata, con ambizioni "borgognotte". Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una crisi dai contorni non ancora ben definiti, e i produttori siciliani da milioni di bottiglie sono quelli che ne hanno risentito di più (si possono leggere il dati su 'i numeri del vino'). A volte perdere danaro causa nervosismo e reazioni non proprio illuminate. Credo che sia questo che sta accadendo, azioni poco illuminate dettate dall'ansia. Infine considera che per scrivere 'Sicilia' sull'etichetta i produttori dovrebbero pagare una percentuale al consorzio DOC Sicilia, in proporzione all'uva raccolta ed alle bottiglie prodotte. L'unico esentato penso sia il Vega Sicilia :-) E' ovvio che ai 'terroir' più virtuosi questo non interessi. Mi stupisce anzi come il consorzio del Cerasuolo di Vittoria abbia accettato questo balzello.
RispondiFrancesco Spadafora
circa 12 anni fa - LinkAdoro il "vostro lettore" quando si accalora ed oggi , qua in Sicilia , lo posso capire per il caldo che c'è !!! In tutte le Doc paghi un contributo a bottiglia prodotta ,lo facevamo nella Doc alla quale appartenevo , a prescindere se scrivi Sicilia davanti a o no . Evidentemente quando si è riscritto il disciplinare della Doc Etna non si sia fatto attenzione al colore della rosato ,bastava essere più attenti , perché è chiaro che ogni produttore il rosato lo produce come desidera ,macerando le proprie uve o no e quindi cambierà l'intensità del colore . Troverei normale che esista una legge chiara per tutti , avere doc che scriveranno Sicilia davanti la zona ed altre no , non aiuta la chiarezza e non si capirà che Doc sono . A parte tutto questo trovo una follia pensare che tutto il territorio siciliano possa convivere sotto uno stesso cappello ed infatti mi scriverò un terribile Terre Siciliane ,proprio per tirarmi fuori e non riconoscendo nelle Doc del mio territorio una strada verso la qualità e d'altro canto se ne fanno parte troppe categorie disomogenee come si potrebbe il contrario . Ultimissima cosa , probabilmente non ci sarò quando si capirà che il marketing non lo si fa con disciplinari o dichiarazioni ma solo producendo buone bottiglie che durano nel tempo e quindi andrei cauto in tutto
RispondiMassimiliano Montes
circa 12 anni fa - Link@ Francesco Spadafora Oggi giornata al mare. Si sono raffreddati i bollenti spiriti :-) Fra, noi ci conosciamo ed io penso che tu sia una bella persona (tutto sommato :-) ). Non dirmi che condividi il metodo "bullesco"... @ Francesco Bonfio Il colore dei rosati nel disciplinare è dovuto sicuramente ad una superficialità dei produttori, e quì vorrei che qualche produttore etneo intervenisse (non mi telefonate! Scrivete quì!). Probabilmente il disciplinare contiene anche altre imperfezioni che potrebbero essere usate strumentalmente dalla commissione DOC. Strumentalmente è la parola esatta. Hai ragione tu quando dici che la rivedibilità per il colore è una motivazione pretestuosa. Il problema è che a corollario si aprono questioni immense: cosa significa "rivedibile"? E come fa un produttore a modificare il presunto difetto in due mesi? Gli unici "difetti" eliminabili con tecniche non 'chimiche' sono quelli di torbidità, si filtra il vino. Ma anche quà si aprono questioni grandi come una casa: produttori di Malvasia mi stanno dicendo, per esempio, che se non fanno una filtrazione spinta vedono i campioni bocciati. Ovviamente si colpiscono sempre i produttori artigianali e naturali. Poi magari quelli che fanno vino da supermercato ottengono la DOC.
RispondiFrancesco Spadafora
circa 12 anni fa - LinkCredo di conoscere un certo linguaggio siculo , per cui rivedibile e ci vediamo tra due mesi ,significa : lasciami il tempo di risolvere il problema è, lo stesso vino , fra due mesi , secondo il disciplinare sarà idoneo . Anche loro sanno che è una falsa polemica ,ma se dai delle indicazioni di colore e poi è vinificato in rosa ,che debbono fare ? Prendono tempo . Non c'è l'hanno con i naturali ,tranquillo. Per le Malvasie non conosco il caso e quindi preferisco non dire nulla ,ma abbiamo troppi vini catalogati con una dicitura e con il dubbio che la zona di produzione sia diversa e quindi meglio i controlli che non farli e per essere diplomatico ricordo il caso Brunello o altri noti .
RispondiPierpaolo Messina
circa 12 anni fa - Linkil colore "rosa cipolla" è un difetto? Stiamo parlando di rosati dell'Etna, vini cui il colore è ben noto che è molto tenue! non so quale " magia enologica " hanno suggerito per far si che quel vino diventi idoneo! per quanto riguarda la Doc Sicilia, io non la menzionerò in nessuno dei miei vini, preferisco adottare lo stile francese menzionando la DOC del paese, nel mio caso DOC NOTO!
RispondiGian Paolo Gavioli
circa 12 anni fa - LinkQuali sono i produttori? " Gli unici che dichiarano rese elevate, fino a 94 quintali per ettaro, sono produttori che provengono dall’esterno dell’areale. Aziende che annoverano tra le loro bottiglie anche produzioni Etna Doc di recente creazione, verosimilmente sull’onda della moda dei vini dell’Etna. Aziende che provengono dalla Sicilia occidentale."
RispondiMassimiliano Montes
circa 12 anni fa - LinkGugola. Pubblicamente dirti di più non posso ;-)
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