Fabbrica Pienza, il sogno svizzero nel cuore della Val d’Orcia

Fabbrica Pienza, il sogno svizzero nel cuore della Val d’Orcia

di Sabrina Somigli

Siamo in Val d’Orcia, nella provincia di Siena, al centro del Parco della Val d’Orcia Patrimonio UNESCO dal 2004. Luogo di una bellezza da togliere il fiato, più paesaggio culturale che naturale, frutto del disegno rinascimentale ispirato al concetto del buon governo della città-stato italiana. Quel modello di utilizzazione del territorio, che doveva essere al tempo stesso sostenibile e avere come obiettivo la creazione di un paesaggio esteticamente bello, secondo gli ideali del Rinascimento, qui fu realizzato.

Ma pensa quanto stavano avanti nel  Cinquecento e quanto ancora godiamo di quei canoni di armonia e equilibrio, che hanno fatto della Val d’Orcia il paesaggio agricolo più ritratto al mondo, prima su tela, poi in fotografia ancora oggi.

Se da un lato la bellezza di queste colline è indubbia e celebrata, dal punto di vista vinicolo l’Orcia DOC deve sbocciare, perché  probabilmente schiacciata dalle due denominazioni super blasonate con le quali confina: sua maestà Montalcino a ovest e Montepulciano che gli risponde a est. Ora, pensare che l’Orcia, quale valle che separa siffatte denominazioni, possa avere condizioni più che ideali per tirare fuori vini coi controco..tannini non è proprio sbagliato. E di fatto aziende parecchio belle si sono affermate nel territorio, da Podere Forte a Tenuta di Trinoro, tanto per citarne un paio, fino alla neonata realtà pientina che è Fabbrica Pienza.

Il progetto nasce nel 2012, quando il finanziere svizzero Philippe Bertherat acquista la tenuta di Fabbrica, con l’intenzione (come dargli torto!) di farne una casa vacanza per la famiglia. Villa sulla collina, un po di giardino, giusto quei 140 ha di terreno nel mezzo di un territorio patrimonio dell’umanità.

Ma la bellezza è contagiosa, e chiama bellezza di idee e persone. Le vacanze si trasformano in un progetto ben più grande e di vita: la Val d’Orcia assolata vince sull’alta finanza ginevrina, i ritmi della campagna toscana sulle fredde logiche di altro tipo.

Così nel 2014 i Bertherat iniziano i lavori per la costruzione di una cantina nella tenuta di Fabbrica, terminati nel 2016, e lavorano al recupero dei vigneti di sangiovese in abbandono, realizzando i primi esperimenti di vinificazione. Si procede anche all’impianto di nuovi vigneti a syrah, 3.5 ha e circa 9 ha a uve bianche, con vermentino, marsanne, roussanne, viogner e petit manseng, per un totale attuale di 35 ha vitati.

Al progetto della cantina si dedica la stessa signora Bertherat, architetto, che realizza una struttura perfettamente inserita nell’ambiente ai limiti del mimetismo.

E di nuovo il bello chiama il bello: l’interno della struttura è una vera  cantina–boutique in cui dominano i colori pastello delle pareti verde e avorio e il pavimento con piastrelle in grès a effetto cemento, crea quella sensazione industrial-chic elegante e materica. I toni di pareti e pavimenti sposano in armonia il colore del legno dei tini tronco conici o delle barrique e riescono perfino a moderare l’emblematica bruttezza dei serbatoi in acciaio, seppur nuovi e ultra accessoriati. Nella cantina anche le vasche in cemento di nuova acquisizione hanno colori pastello dal tortora all’antracite per una perfetta integrazione cromatica in una cantina contemporanea, dal design raffinato seppur essenziale.

Schermata 2020-07-09 alle 12.14.02

Fabbrica è il nome originario del podere, poiché in questo luogo sorgeva una antica fornace per la produzione del cotto. Fabbrica Pienza continua ad essere una fornace, ma di idee, che sforna “mattoni” per costruire nuovi progetti, che hanno sì bellezza intrinseca, ma al tempo stesso solidità, e fioriscono all’ombra di una Pienza che da città ideale di Papa Pio Piccolomini è finita per diventare una “Disneyland del pecorino” ad uso turistico.

La proverbiale precisione svizzera, si respira   in cantina e in vigna: aspetto che non limita in questo caso la creatività, ma ne permette una espressione pulita, concreta, attraverso vini precisi, indipendenti, il bianco fra tutti, e originali.

Rosato di Fabbrica 2019: perfetto stile provenzale  alla vista, rosato vinificato come un bianco, da uve sangiovese e syrah. Evidenti erbe aromatiche maggiorana e timo al naso  con note floreali e di salmastro  è un bel sorso che convince,  per un equilibrio non comune ed una bella vena fresca allungata.

Bianco di Fabbrica 2018: blend coraggioso e come già detto indipendente, con vermentino, marsanne, roussane e viogner, maturati singolarmente in barrique e poi assemblati. È un vino ricco al naso dalle molteplici sfumature, che vanno dal rosmarino alla camomilla, mandorla e miele e perfino cenni idrocarburici. È il vino che un paio di anni fa mi ha fatto scoprire Fabbrica Pienza e picchia e mena ci son venuta!

Rosso di Fabbrica 2018: sangiovese e una piccola percentuale di syrah. Naso di sangiovese abbastanza caratteristico, riconoscibile anche al palato per la freschezza di beva,  dai toni di ciliegia ricca con qualche cenno speziato come pepe e ginepro. Godibile l’ingresso in bocca, succoso e caldo, rilassato nel finale prolungato

Sangiovese di Fabbrica 2016: Quando il territorio imprime un segno è quando si ha un parametro come quello del vitigno più diffuso. Qui le note sono minerali e integrate ad un frutto che trova prugna e mora insieme alla ciliegia con qualche nota di timo a completare. Solido all’impatto in bocca ma non pesante dai tannini fini, ben inseriti. Finale appetitoso e di beva prolungata

Syrah di Fabbrica 2016: Colore pieno, poi all’olfatto mirtillo e cuoio, cenni di tabacco e macchia mediterranea,  come alloro, cenni di terra. In bocca è sodo, pulito, con tannini morbidi e saporiti ed un piacevole finale di cioccolato e pepe  nel retrogusto di bella persistenza  .

avatar

Sabrina Somigli

Chiantigiana di nascita, microbiologa di formazione, poi sommelier e ristoratrice per vocazione. Raccolgo erbe spontanee e non è colpa della laurea in scienze agrarie; amo il vermouth liscio e il brodo caldo ma non per questo so sferruzzare a maglia. Mi sono appassionata al vino più o meno vent'anni fa, quando lavoravo in Tasmania; ci rido ancora pure io, tranquilli. Credo nel bevi e lascia bere e raccontane se vuoi, ma sii breve.

24 Commenti

avatar

Unesco

circa 4 anni fa - Link

Il ‘bello chiama il bello’ ? Cantina `boutique` quel blocco di cemento in mezzo al verde che rovina irrimediabilmente il passaggio ?

Rispondi
avatar

sabrina somigli

circa 4 anni fa - Link

Sul concetto del bello ci possono essere interpretazioni diverse e rispetto la sua impressione di cubo di cemento non integrato nell'ambiente. Quello che riporto è la sensazione che ho provato in visita: di fusione. Il boutique è specificamente riferito all'interno della cantina, ma giustamente chi legge non vede perché non ho messo foto a documentare. Mea culpa

Rispondi
avatar

Renato

circa 4 anni fa - Link

Bravo! Lo volevo scrivere anch’io ma poi sono passato ad altro. Un’orribile grigia scatola da scarpe in un paesaggio meraviglioso. Ma il Comune non ha detto niente?

Rispondi
avatar

Francesco Fabbretti

circa 4 anni fa - Link

Non saprei Sabriba: un bianco con un saldo importante di Uve rodaneggianti, affinato in tonneaux per 12 mesi...non è un qualcosa di già visto? Non è una strada già percorsa con esiti magari positivi ma di dubbia identità? Cosa ha questo vino di CORAGGIOSO e INDIPENDENTE? Anche il prezzo mi fa pensare che si tratti (giudicando dai tuoi descrittori aromatici) del classico vinone Bianco di cui si può fare tranquillamente a meno. Cosa ha di ma concludo questo mio intervento con la stessa frase dubitativa con la quale ho iniziato: non saprei

Rispondi
avatar

Francesco Fabbretti

circa 4 anni fa - Link

Scusami Sabrina ti ho risposto sotto l'intervento errato

Rispondi
avatar

Francesco Fabbretti

circa 4 anni fa - Link

Bel post, però non emerge il "quid" che mi spingerebbe ad assaggiare questi vini. L'autrice è stata brava ma io che sono sempre alla ricerca di "idee da assaggiare" non ne ho trovate in questo post...cioè, da quello che si evince, sembra si tratti di vini genericamente buoni...ma diciamocelo con serenità: di vini buoni ce ne son tanti. Questi cosa hanno in più?

Rispondi
avatar

sabrina somigli

circa 4 anni fa - Link

Dipende cosa intendi per quid in più. Di vini buoni ce ne sono tanti, diciamo che ciò che fa la differenza per me e se poi li acquisto e li bevo. Quelli di Fabbrica Pienza si. Il bianco soprattutto è molto coraggioso e ben fatto

Rispondi
avatar

sabrina somigli

circa 4 anni fa - Link

manca un accento sulla e!! "la differenza è se poi li acquisto..". Sennò non si capisce che sto a dire :-)

Rispondi
avatar

josè pellegrini

circa 4 anni fa - Link

Quel blocco di cemento è una precisa forma geometriche che rispettala sezione aurea , senza svolazzi per esibizionismi di architetti più o meno famosi. Poteva essere sotterranea, ma questo avrebbe comportato una violenza ambientale. Si sarebbe preferito un falso Rinascimento? Io avrei usato il termine essenziale, capisco che l'uso del colore conduca al binomio wine and fashion. Quanto ai vini la cantina è giovane e il vino è attesa. Assaggiare per capirne l'evoluzione ., evitando sentenze che possono rivelarsi ingannevoli. Non è che è perché la firma è femminile, cari maschietti?E così sia ...

Rispondi
avatar

valentino

circa 4 anni fa - Link

purtroppo gli scempi dell'architettura moderna sono ambisessi. Possiamo nasconderci dietro parole come sezione aurea per un blocco di mattoni in mezzo alla campagna? Possiamo, ma fa schifo uguale.

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

A me piace l’architettura moderna, ma onestamente quel cubo..... Non sapevo che fosse una cantina, l’avevo visto e mi ero domandato come mai avessero autorizzato un coso simile. Mah.

Rispondi
avatar

josè pellegrini

circa 4 anni fa - Link

Fa schifo la parola schifo.Purtroppo ormai la volgarità è ovunque, questo sì che è un danno ambientale. Io comunque non mi nascondo dietro a niente . Dico semplicemente la mia .

Rispondi
avatar

Fabio Anzalone

circa 4 anni fa - Link

Progetto ambizioso, vini coraggiosi, ma imho credo che per affermarsi debbano ancora fare parecchia strada.

Rispondi
avatar

Francesco Fabbretti

circa 4 anni fa - Link

ciao Fabio, vedo che anche tu parli di "vini coraggiosi". Cosa intendi?

Rispondi
avatar

Fabio Anzalone

circa 4 anni fa - Link

Ciao Francesco, ho assaggiato questi vini e mi sono permesso di definirli coraggiosi perché ritengo siano complicati da proporre e vendere. Certamente ben fatti, ma la vicinanza con i big oltre a un prezzo non proprio a "buon mercato", rende "coraggiosa" la scelta produttiva. Grazie

Rispondi
avatar

marcow

circa 4 anni fa - Link

Vini coraggiosi____ I vini che perseguono strade nuove, che non cercano di assecondare i gusti popolari dominanti. O vini coraggiosi nel senso che ti vien da pensare, dopo averli bevuti: "Hanno proprio un bel coraggio a fare questi vini". _____ Non ho bevuto questi vini. E non so, quindi, se siano vini coraggiosi. Ma non si può escludere che a qualcuno possano sembrare... banali. __ Perché, signori, se per l'estetica della cantina abbiamo letto opinioni diverse e contrapposte, perché un vino dovrebbe sfuggire a questa regola? L'autrice parla giustamente del bello come valore relativo e soggettivo. Ma anche il GUSTO è relativo e soggettivo. _____ Il problema che rimane, allora, è questo. MOTIVARE la propria posizione relativa e soggettiva. Argomentarla. È così che acquista forza e credibilità(la nostra opinione, recensione, interpretazione, valutazione ec...) E non sempre è facile. Anzi è la parte più difficile.

Rispondi
avatar

sabrina somigli

circa 4 anni fa - Link

Marco hai ragione!! provo a motivare il bianco coraggioso. Intanto in terra di rossi osare con marsanne e roussanne richiede un po di coraggio, forse anche incoscienza, dipende dal punto di vista. C'è anche un'altra azienda che lavora con questi due vitigni in zona, ma non ho assaggiato i loro vini. Spiegare le emozioni del sorso è più complesso, anzi credo che non sia solitamente fattibile, per questo evito le descrizioni lunghe e tediose che, alla fine dei salmi, esaltano più il degustatore che il vino . Abbiamo fatto gli assaggi da botte dei singoli vini, compresi vermentino e viogner, e poi il blend che va in bottiglia. La sommatoria dei singoli da un risultato superiore (come è auspicabile, credo, sennò meglio vinificarli separati!), ma in questo caso non penalizza alcuno dei componenti. Per cui potrei aggiungere che quel "quid" di cui ragionava Francesco sopra, io possa spiegarlo con: complessità al sorso e definizione dei singoli componenti. A mio avviso non è nemmeno facile arrivare a un simile risultato in una terra dove manca esperienza di questi vitigni. Poi come tu hai scritto qualcuno può dire che "hanno coraggio a fare quei vini" e io sono morta dal ridere.

Rispondi
avatar

josè pellegrini

circa 4 anni fa - Link

E brava Sabrina . Una risata fa buon sangue e rende giustizia .

Rispondi
avatar

Pittosforo Alchechengi

circa 4 anni fa - Link

"...per questo evito le descrizioni lunghe e tediose che, alla fine dei salmi, esaltano più il degustatore che il vino ." C'è posta per Andrea Gori

Rispondi
avatar

sabrina somigli

circa 4 anni fa - Link

Ma quelle di Andrea Gori non sono affatto tediose 😉

Rispondi
avatar

Pittosforo Alchechengi

circa 4 anni fa - Link

Infatti, effettivamente, fanno ridere

Rispondi
avatar

Anulu

circa 4 anni fa - Link

A me la struttura invece piace molto, vista da queste due immagini. Temo però che i vitigni scelti e i blend corrispondenti siano un tantino azzardati. Nel senso di demode', e fuori contesto. Si venderanno bene questi vini? Mah, serve un'operazione di marketing e comunicazione importante e duratura nel tempo...

Rispondi
avatar

BT

circa 4 anni fa - Link

secondo me è bellissima la cantina. minimalistica e impercettibile. evidentemente i gusti architettonici divergono. forse vi piace questa? https://www.floornature.it/media/photos/1/13867/01_gianni-arnaudo-arch_astemia-pentita_ph-dario-fusaro_full.jpg

Rispondi
avatar

Cacioli Marco

circa 4 anni fa - Link

Come per un film o per un'opera d'arte o un discorso, ognuno dice la sua. C'è un motto da qualche parte, che recita: ARMIAMOCI E PARTITE....insomma fate il vino che vi pare e/o dove vi pare, ma lasciateci i giudizi!! Se non vuoi essere giudicato non giudicare, anche i giudizi prendono il "foco" o diventano peggio, aceto. Un palato è diverso dagli altri, chi può dirmi che non è vero, ogni palato sente, assimila, sogna ed il vino è solo una cosa UNICA.

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.