Elucubrazioni mentali su questa cosa chiamata degustazione
di RedazioneFacciamo un giochino: immaginiamo di essere produttori, avere una cantina giovane, organizzare una degustazione in una bellissima location con un pubblico più o meno erudito che è lì appositamente per noi e far provare in assaggio guidato le nostre etichette, con cotanto di noto sommelier al commento. Come immaginereste il miglior epilogo per questa bella storia? O dai, diciamo, come vorreste che ci si avvicinasse ? Ecco io di sicuro non vorrei mai che il tutto finisse con 5 di 6 etichette giudicate dal sommelier come sotto riportato.
— Destinato ad evolvere.
— Questo vino è ancora bello indietro
– Vino che ha bisogno di maggior bottiglia per esprimersi
– Diamogli tempo di crescere
– Vino che crescerà
– Questo vino lo devi lasciar andare e ritrovare tra qualche tempo
Ok, le valutazioni non sono propriamente negative. Sono tutti giudizi più o meno simili, come a dire “riaggiorniamoci”. Però è un po’ come quando all’esame universitario il professore ti avrebbe bocciato volentieri, ma facendo uno sforzo ti ha messo 18, suggerendoti comunque di rifiutarlo e tornare la sessione successiva per prendere un voto migliore.
E allora la domanda, come diceva qualcuno, sorge spontanea. Un produttore quando pubblicizza i propri vini (perché una degustazione è una forma di pubblicità) è sempre consapevole di ciò che propone? Presentare OGGI un prodotto ancora acerbo può essere considerata una giusta strategia?
La serata ha dato modo di rifletterci su. Ho avuto però difficoltà nell’auto-rispondere ai miei auto-quesiti. Così ho deciso di capovolgere un po’ la cosa. Obiettivo di questo articoletto, infatti, non è quello di scrivere considerazioni personali ma rigirare le mie perplessità a voi che leggete e che (senza sarcasmo) ne saprete più di me. E’ vero, a volte i vini vengono percepiti in maniera differente da palato a palato ma quando un vino al momento dell’assaggio presenta degli aspetti marcatamente “sbilanciati” è quasi un valore oggettivo.
Va bene, ce lo dicono tutti: nel vino, come nella vita, non dovremmo mai fermarci alla prima impressione. Però è pur vero che, molto spesso, fatta una certa idea di una determinata etichetta sarà difficile cambiare opinione in futuro. Allora non sarebbe forse meglio, finché non si hanno bottiglie veramente pronte, evitare di esporsi? Questo soprattutto se stiamo parlando di realtà ancora giovani che non hanno alle spalle una tradizione e che in qualche modo ancora si stanno inserendo nella grande varietà di proposte enoiche presenti sul territorio.
“Mi si nota di più se vengo e sto in disparte o se non vengo proprio?” diceva Moretti.
Francesco Bucci
3 Commenti
daniele
circa 7 anni fa - Linkbeh, si potrebbe dire che dopo aver pagato tanto di sommelier, si dovrebbe aver almeno l'accortezza di avere il medesimo punto di vista tra produttore ed oratore... se queste sono state le definizioni dell'oratore, vuol dire che è stato quantomeno onesto indipendentemente dal fatto di essere pagato per la presentazione... forse sarebbe stato il caso di valutare prima in privata sede, e poi in base a quello decidere se fare la serata o se attendere il tempo necessario per avere un prodotto già godibile.
RispondiMaurizio Gily
circa 7 anni fa - LinkEsiste la fretta di uscire sul mercato, esiste però anche la moda di dire che un vino non è pronto, un po' per sentirsi fichi, un po' per giustificare vini scentrati ma con etichetta notoria. Fino al culmine del vino che puzza di feccia e uno ti dice che è troppo giovane, quando in realtà potrà solo peggiorare.
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 7 anni fa - LinkUna volta eravamo tutti un po' naÏf, e poteva capitare che qualcuno mandasse vini non pronti solo perché non aveva altro. La sostanza era sostanza, e l'immagine era una cosa che veniva da se. Oggi no. Di questi tempi anche la spontaneità è quasi sempre molto costruita, se ti mandano un vino non pronto è perché lo volevano così.
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