Elogio della scheda incompleta (e dell’incertezza)
di Gianluca RossettiPer qualche motivo puntiamo alla quadra, alla somma delle parti. Ci manda al manicomio non afferrare tutto, non poter catalogare. Solo a me pare eccessivo? Mi accontenterei di una metà probabile e di un 50% nebuloso. Sarei perfino felice sfiorando la maggioranza qualificata dell’incertezza. Ma poi, in fondo, mi accorgo che l’esame di Diritto Costituzionale è lontano, chiuso a chiave nel cassetto dei vorrei ma non posso. Che il vino riesca a essere in qualche modo narrato dai meravigliosi manuali di diritto pubblico è sogno ricorrente. I principi generali, le fondamenta democratiche. La base condivisa su cui ci si unisce a dispetto delle controversie quotidiane sui fatti particolari. Niente.
Non esiste un millimetro quadro di zolla comune. Il vino, sì: bono quello. I padri costituenti erano astemi. E pure noi l’alcol lo reggiamo poco.
“Ah, la luce del tramonto ai Caraibi…” – “La stessa del grande raccordo anulare”.
“Ah, le acciughe del Cantabrico…” – “Nuotano solo lì, non superano le batimetriche delle acque territoriali. Se parlassero tedesco si chiamerebbero Einstein. Einstein del Cantabrico”.
Ho capito, esagerazione. Vero. Ma, lo giuro sulla testa dei miei … (alt!): almeno a uno dei precedenti dialoghi ho assistito dal vivo. Sicché. Molliamo i freni, non è indispensabile comprendere: pure con il vino rimanere in penombra è possibile. Lasciare in sospeso. Fermarsi a metà della scheda. Dire: non ho capito.
Esempi? Questo: lontanissimo da ogni appiglio e sicurezza.
“Altrove” – Walter de Batté
Marsanne, bosco, roussane, vermentino, rossese bianco. 14% alcol. Macerazione di sette giorni sulle bucce. Due anni in botte piccola. Nessuna filtrazione. Poche bottiglie in giro. Liguria.
Sono fermo al 2% della scheda. E mi basta così.
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