Donald Trump e il vino italiano negli USA (per ora tutto ok)

Donald Trump e il vino italiano negli USA (per ora tutto ok)

di Jacopo Cossater

Donald Trump ha vinto le elezioni, Donald Trump sarà il 45esimo Presidente degli Stati Uniti d’America. Ve lo dico, io l’ho presa non proprio benissimo: dopo aver seguito passo passo per quasi 18 mesi il processo che ha portato all’incredibile risultato di mercoledì 9 novembre tutto a un tratto ho smesso di leggere, di informarmi, di cercare quelle spiegazioni che in molti si sono affrettati a pubblicare sulle prime pagine dei quotidiani. Davvero, non credo di essere ancora pronto a Donald Trump (ma ci sto lavorando).

Quello che mi preme sottolineare ha a che fare con i numeri, piccoli ma quanto mai rilevanti. Se infatti Hillary Clinton avesse vinto in Michigan, in Wisconsin e in Pennsylvania la narrazione sarebbe oggi completamente diversa. Le prime pagine che in questi giorni ospitano i titoli che tutti stiamo leggendo forse racconterebbero di una rassicurante continuità, di un altro grande successo, di un voto altrettanto storico. È la stampa, bellezza: la storia ha preso questa direzione e non importa che il voto in quei 3 stati del Midwest sia stato deciso da complessivamente 107.000 voti. Lo 0,09 per cento su una scala nazionale che ha tra l’altro visto Hillary Clinton vincere nel numero dei voti totali espressi. Ma lasciamo da parte i se: Donald Trump ha vinto le elezioni, Donald Trump sarà il 45esimo Presidente degli Stati Uniti d’America e forse è ora di mettere sul piatto alcune delle ipotesi che hanno a che fare con quelle che sono le sue idee più rilevanti in campo economico, cose che potrebbero riguardare il mondo del vino italiano molto più da vicino di quanto si possa pensare.

Ci ha provato Decanter a tirare le fila della situazione, post che credo si possa riassumere sostanzialmente in tre punti che ho un po’ rielaborato.

• Sul breve periodo non succederà e non cambierà niente. L’insediamento è previsto per il prossimo 20 gennaio e dalle prime, timide, indicazioni sembra emergere un Presidente Trump un po’ diverso dal Candidato Trump. La nomina di Reince Priebus a capo dello staff va per esempio in questa direzione. Scrive Il Post:

Priebus ha 44 anni e da quasi sei è presidente del Partito Repubblicano: era considerato il candidato più probabile per il ruolo di capo dello staff. La sua nomina dovrebbe tranquillizzare i Repubblicani, soprattutto al Congresso, preoccupati dall’imprevedibilità di Trump e dai suoi modi di fare e comunicare. Durante i suoi anni da presidente del partito, Priebus ha dimostrato di sapere raccogliere con abilità fondi per il finanziamento e di tenere relativamente sotto controllo le spinte delle correnti più populiste.

Le borse dopo i risultati dell’elezione non hanno registrato reazioni di rilievo e se all’inizio sembrava che alcuni beni considerati come “rifugio” potessero incrementare il loro valore è bastato aspettare un po’ per vederli tornare su quote precedenti il 9 novembre (l’oro in particolare, che nel corso dell’anno era cresciuto molto, proprio in questi ultimi 2/3 giorni sembra aver invertito la rotta). Anche il mercato del vino da collezione quindi non verrà influenzato, almeno per ora, dall’effetto Trump.

• Il trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, il TTIP, non è mai stato tanto vicino al capolinea. Nessuna novità: si stava arenando comunque, anche se alla Casa Bianca fosse finita Hillary Clinton. Tra l’altro Donald Trump è stato il primo candidato repubblicano a opporsi in modo chiaro e netto a tutti quegli accordi che nell’immaginario della famosa classe media americana hanno portato alla perdita dei suoi posti di lavoro e, immediata conseguenza, della sua ricchezza. Di più, è forse stato IL tema che ha fatto la differenza, soprattutto nel Midwest.

L’Unione Europea esporta circa 3,7 miliardi di dollari di vino negli Stati Uniti ogni anno, 6 volte la quantità che viaggia nella direzione opposta (dati del California Wine Institute). Per quanto Donald Trump abbia sostenuto il contrario per ora qualsiasi ipotesi che abbia a che fare con questioni relative ai dazi doganali è pura speculazione: l’export del settore agroalimentare negli USA è troppo importante per l’UE per pensare che qualsiasi azione per limitarlo non possa avere ripercussioni anche sulle aziende americane che operano e che in generale vendono beni e servizi sul suolo europeo.

Con il TTIP fanno una brusca frenata anche gli accordi relativi alla tutela delle denominazioni di origine, e sappiamo bene quanto l’agroalimentare italiano venga penalizzato ogni anno dai vari “parmesan”. Un peccato, con la speranza che questa possa essere una buona base di partenza per immaginare un percorso tutto nuovo. Dice Ignacio Sánchez Recarte, Segretario Generale del Comité Européen des Entreprises Vins di Bruxelles, sempre a Decanter:

Sappiamo bene che l’attuale clima politico da entrambe le parti rende difficile, se non impossibile, uno sviluppo dei trattati nell’immediato futuro. Nonostante questo riteniamo ancora che, per quello che riguarda il vino, i due più importanti protagonisti del mondo abbiano l’opportunità di creare un precedente storico mettendo per iscritto quei principi che dovrebbero poi essere presi in considerazione in qualunque altro tipo di trattato.

• Proprio ieri a 60 Minutes, popolare trasmissione televisiva, Donald Trump ha confermato la linea dura nei confronti sia dell’immigrazione sia dei milioni di clandestini che vivono stabilmente negli Stati Uniti. Questa è di gran lunga la questione più controversa che dovrà affrontare, deportare milioni di persone sembra francamente troppo anche per lui. Vedremo, di sicuro se ci sarà una stretta in tal senso questa potrebbe incidere sui tantissimi irregolari che lavorano nelle campagne californiane. Come però questo possa avere effetti reali sui vini e sui loro prezzi è francamente troppo presto per dirlo.

Bonus: scrivendo questo post ho scoperto che Donald Trump è anche proprietario dell’omonima cantina. Si chiama Trump Winery, si trova in Virginia, è famosa soprattutto per i suoi spumanti e come tutte le cose che riguardano il tycoon newyorkese ha una storia un po’ controversa.

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

4 Commenti

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Rinaldo

circa 7 anni fa - Link

Adesso il proprietario è il figlio Eric. Lui non ha un buon rapporto con il vino e con gli alcolici in generale, a causa della morte per alcolismo del fratello primogenito.

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Rinaldo

circa 7 anni fa - Link

Qualche info su Trump Winery: https://www.meininger.de/en/wine-business-international/inside-trump-winery-very-big-deal

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Montosoli

circa 7 anni fa - Link

Fossi io mi preoccuperei di piu dei clandestini e ladri che girano indisturbati fra i paesini del ITALIA...che ogni giorno rubano vino, trattori, olio, concime, ...

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riccardo

circa 7 anni fa - Link

si hai ragione di 4 ladri di polli bisogna preoccuparsi chissene di cosette tipo ttip o politica international

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