Do it yourself: il TerroirMarche in tempi di pandemia

Do it yourself: il TerroirMarche in tempi di pandemia

di Simone Di Vito

Quest’anno la rassegna vitivinicola, nata dal gruppo di vignaioli marchigiani  – since 2013 – non si è tenuta per ovvi motivi pandemici. Del resto, in Italia e nel mondo, sono saltati tanti altri appuntamenti – e quelli di rappresentanza, personalmente non mi sono mancati affatto. Forse un evento di un paio di giorni può darti un assaggio del territorio: confronti fugaci tra un banco e l’altro, una chiacchierata con i produttori, ressa davanti a quelli più in vista, e ok, a fine giornata probabile che il verdicchio te lo sei impiantato in testa tipo Matrix; ma non basta mica a trasmetterti quel che invece ti dà un viaggio, il respirare quei luoghi, scoprire paesini – che conosci solo se ci nasci, piatti tipici, e incontrare persone che sono veramente nel loro mondo, scindendo poi quelle autentiche, da quelle con la “scopa al culo” anche in casa loro. Stavolta per le ferie estive, ho scelto un qualcosa di non troppo distante da casa: mare, montagna, musei, natura, cucina e vino: nelle Marche c’è tutto, basta chiedere.

Tra attrazioni e trattorie tipiche – come la mitica Anita, ho visitato aziende e conosciuto di persona i vignaioli locali, che alla stragrande maggioranza di voi non serve che li indichi il Simone Di Vito di turno, ovvio; per chi invece fosse all’oscuro della zona, o troppo concentrato sulle più spinte e blasonate denominazioni italiane, queste realtà meritano un approfondimento, poiché incarnano perfettamente essenza e tradizione di una regione – parlando di vino, che sti sta ritagliando sempre più il suo spazio.

Le visite
Inizio speciale con Daniela e Alessandro, lo yin e lo yang della Marca di San Michele, nella contrada omonima in zona Cupramontana; alcuni assaggi e una bella chiacchierata di fronte al loro 360° di vigneti e olivi, dove Alessandro ci ha indicato facilmente le parcelle, anche grazie alle etichette, dove infatti sono raffigurati; il fresco montepulciano BastianContrario come entrée alla francese, per poi scoprire il tagliente Capovolto 2018, e lo spumante Numerodue 2016 – che tornando giorni dopo era ormai terminato. Infine la riserva Passolento 2017; frutta, gesso e burro fuso al naso, un assaggio grasso, corposo e persistente, chissà poi con un po’ di affinamento. Per chi invece avesse fretta, è già adesso uno spettacolo. What else?

Solitamente stilo itinerari vitivinicoli in modo famelico e profuso, con tanti appuntamenti, concordati in largo anticipo; la stanchezza stavolta mi ha portato ad essere più blando e meno meticoloso, non volendo stressare, né moglie e né produttori, tendando però, in alcuni casi, una sorta di all in! In una domenica pomeriggio, durante un giro tra contrade e foto di vigneti, “casualmente” mi ritrovo a Staffolo, dove Fattoria Coroncino è lì a due passi. Mi avvicino, e sul vetro della porta c’era un recapito, mi butto e chiamo; con le origini di Fiorella e Lucio – veneta lei, romano lui – ho rischiato seriamente il vaffa! Invece, in un attimo, le bottiglie erano già sul tavolo, e mi è andata piuttosto bene.

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Tra il Coroncino, lo Stracacio 2018 e il Ganzerello 2015, sangiovese grosso che per Lucio “anche se è un vitigno toscano, qui parla un ottimo dialetto marchigiano”, Gaiospino 2017 è stato il “mio” vino estate 2020; incontrato e bevuto due sere prima a cena, sapevo che non poteva essere un vino da “una botta e via”, ma avevo paura di non ritrovarci le stesse emozioni, e invece. Fresco, sapido, di corpo, minerale, e quella citronella al naso che d’estate apprezzi ancor di più, la presenza di marne nel vigneto lo rendono più particolare rispetto ad altri, provare per credere. Chiusura assaggi con Anacoreta 2018, “bombetta” di verdicchio da 18 gradi, rara e probabilmente non replicabile, per le condizioni particolari in cui è saltato fuori; il talento c’è, concentrato ma immaturo, per il momento si gioca qualche spezzone dalla cantina, ma in futuro potrà forse diventare il vero pilastro della squadra.

Per via di una visita, fin troppo breve per essere tale, l’altro rischio senza preavviso l’ho preso con Pievalta, dove i poveri Alessandro e Silvia non si aspettavano la nostra imboscata, ci hanno comunque accolto in azienda, dove oltretutto era appena iniziata la vendemmia delle prime parcelle mature. Tra un breve giro e gli assaggi, inutile dirvi del metodo classico Perlugo, dritto e preciso come un orologio svizzero, d’altronde, un azienda del Barone Pizzini può sbagliare una bolla? Interessanti anche il Dominé 2017 e l’etichetta verde 2019, che ora porta il nome di Tre Ripe, chiude il giro San Paolo 2016, riserva dove freschezza e mineralità non hanno mai fine, tra i più eleganti assaggiati in zona e un rapporto qualità/prezzo quasi ridicolo, se tutto ciò non vi basta, qui trovate un recentissimo test di longevità.

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Capitolo di Jesi che chiude con La Distesa, anche qui in contrada San Michele, dove purtroppo sapevo già dell’assenza di Corrado e Valeria (impegnati a Marsala), in compenso ci ha accolti Lisa, di Los Angeles ma da origini giapponesi; oltre ad un giro tra i vigneti – anche i cinghiali vanno pazzi per il sangiovese – diamo un’occhiata in cantina, in cui in un angolo, tra botti e vasche in cemento, spiccano anche alcune bottiglie-prova di metodo classico, successivamente partiamo con gli assaggi; il loro orange Nur 2019(da vasca), il Terre Silvate 2019, fresco di imbottigliamento ma già promettente, il blendone rosato Meticcio, e Nocenzio 2018

Per “dessert” avevamo invece le più interessanti, ma a tiratura limitata: le Derive 2015, da vigne ad alberello di montepulciano, sangiovese e vernaccia nera; profondo e avvolgente, col tempo potrà solo migliorare; e gli Eremi 2018, un po’ scarico al naso, probabilmente aperto per una visita il giorno prima – viste le poche bottiglie prodotte, giusto evitare sprechi, è bastato comunque l’assaggio per rimettersi in pari con il lavoro; giovanissimo, con equilibrio già ottimale, ti esplode letteralmente in bocca, l’ho accoppiato con la 2017 che avevo in cantina, a presto!

Ma le Marche non sono solo verdicchio; come del resto il verdicchio non è solo castelli di Jesi. Purtroppo, questo è quello che spesso esce fuori sfogliando siti e carte dei vini, in Italia e all’estero. Come se quel vitigno si coltivasse solo lì. Colpa in parte attribuibile alla denominazione di Matelica – in cui a breve sparirà proprio la parola verdicchio, al poco dialogo tra produttori, e un disciplinare dalle alte rese, poco incline a valorizzare i vini di territorio – quelli veri intendo. Si dà ancora spazio ad imbottigliatori in larga scala, quel vecchio business della quantità, che proprio non si riesce a debellare – vedo volantini di supermarket con certi vini in offerta! Qualità e vini autentici qui non mancano, grazie anche ad alcune piccole realtà, e proprio per questo, a meno di un anno di distanza, sono voluto tornare alla cantina Cavalieri di Matelica.

Stavolta invece che incontrare Sara, nella loro enoteca al centro della cittadina, ci siamo visti direttamente con Gabriele, col quale oltre ad un giro tra vigne, abbiamo passato un bel pomeriggio. Chiacchiere, progetti futuri – un verdicchio con affinamento più lungo  – e tanti assaggi, anche da cantina. Il loro Fornacione 2018 in quest’annata è già scattante, il pinot nero 2018 che ve lo dico a fare, stavolta ho trovato più pronto e interessante il trebbiano Quinta femmina. Per quanto riguarda il Gegé, è sempre lui, in un annata di grazia poi, come sembra questa 2018 per Matelica, è ancora meglio del solito: ampiezza, salinità ed eleganza, il ritratto del vero verdicchio di questo territorio, che ha tutto per poter decollare, a patto che lo si voglia.

A volte si incensano vini banali, che paghiamo anche troppo, senza accorgerci che dietro l’angolo abbiamo un vero tesoro, che non è poi così tanto nascosto.

Aziende visitate:

 

P.S. Ringrazio Liana Peruzzi, che mi ha permesso comunque di passare in azienda, per acquistare due dei suoi spumanti (dalla produzione limitatissima), spero in una nuova visita in futuro, e che magari capiti in un momento migliore.

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Simone Di Vito

Cresciuto a pane e corse automobilistiche (per via del papà pilota), sceglie la sostenibilità di bacchette, tamburi e corde grosse, tra batteria e basso elettrico. Si approccia al vino grazie a una breve carriera da scaffalista al supermercato, decidendo dopo anni di iscriversi ad un corso AIS. Enostrippato a tempo pieno, operaio a tempo perso. Entra in Intravino dalla porta di servizio ma si ritrova quasi per sbaglio nella stanza dei bottoni. Coltiva il sogno di parcellizzare tutto quel che lo circonda, quartieri di Roma compresi.

8 Commenti

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sabrina somigli

circa 4 anni fa - Link

Fattoria Coroncino. Belli

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ALESSANDRO

circa 4 anni fa - Link

Quest'anno sono stato due settimane nelle Marche. Ho trovato impressionante la qualità dei vini, soprattutto se rapportata al prezzo. Credo di poter dire (quasi) senza ombra di dubbio che questa regione è in assoluto quella dotata del miglior rapporto qualità/prezzo in Italia. Solo perchè avevo la macchina carica e più di due cartoni non ci stavano, altrimenti avrei fatto razzia (ora in cantina, tra gli altri giace anche un Capovolto 2018). Ho sentito dire di qualche produttore che vorrebbe innalzare i prezzi al cliente finale: non tanto per guadagnarci di più, quanto per valorizzare le produzioni. Purtroppo si sa che il prezzo è una delle leve del marketing e per chi non ha voglia di approfondire spesso è l'unico parametro per giudicare il valore di un prodotto. Comunque, vini eccezionali! Bravi bravi!

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Simone Di Vito

circa 4 anni fa - Link

Non so se è quella in assoluto col miglior rapporto qualità/prezzo d'Italia, ma è tra quelle. Ancora non è esplosa come meriterebbe. In compenso, per noi che acquistiamo, al momento è bene che rimangano "nascosti" 😅

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Indigeno Marchigiano

circa 4 anni fa - Link

Parole sante!

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Ruggero Romani

circa 4 anni fa - Link

Però qualche rosso potevi provarlo!

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Simone Di Vito

circa 4 anni fa - Link

Ruggero, in realtà li ho provati, infatti ne menziono 3 o 4 nel post, e 3 di questi li ho anche acquistati. Sono passato anche a Morro d'Alba, ma confesso che, apparte qualche assaggio e una bottiglia al ristorante, non ho approfondito la zona. Mea culpa

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Paolo Benedetti

circa 4 anni fa - Link

Se posso dare un consiglio (da non esperto, ma del territorio): Vicari, Mancinelli con il suo Vino "Logico", Giusti e perchè no, anche Mezzanotte. Giusto per citare alcuni produttori di Lacrima secondo me degni di nota! Bell'articolo, complimenti

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Simone Di Vito

circa 4 anni fa - Link

Grazie mille Paolo, segno

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