Delle similitudini tra il vino e l’Ikea

Delle similitudini tra il vino e l’Ikea

di Alberto Muscolino

A volte bisogna provare a misurarsi con la complessità, ad esempio cercando di capire il valore dell’unità a partire dai suoi elementi costitutivi. Visto che ognuno di noi si è cimentato, almeno una volta nella vita, con il montaggio di una libreria Billy, il passo successivo è credersi capaci di poter assemblare qualsiasi cosa.

Solo che a volte le istruzioni non sono incluse e invece di cacciavite e brugola ci si trova di fronte a vasche d’acciaio, tini troncoconici, botti, barrique e chi più ne ha più ne metta. Come se non bastasse c’è pure un punto fondamentale da considerare: il mobile ikea ammette una sola configurazione possibile, il vino ne ammette n. e tutte, in una certa misura, altrettanto plausibili.

La complessità risiede proprio in quella “certa misura” che è stata oggetto dell’evento organizzato da Umberto Trombelli al Castello di Roncade (posto pazzesco, in pratica una villa/castello rinascimentale pressoché intatta!). Una sorta di introduzione alla tecnica del taglio bordolese, una finestra aperta sul mondo dell’enologo e sull’arte di plasmare un vino finito a partire da campioni di botte “grezzi”.

Per l’esattezza sono stati selezionati 21 campioni con numerose differenze specifiche: affinamento in botte grande (nuova e usata), affinamento in barrique (nuova e usata), vitigni vinificati in purezza (cabernet sauvignon, merlot e raboso), vitigni pre-assemblati (carménère + cabernet franc) e provenienza da parcelle diverse. In pratica una matrice, con infinite possibilità di combinazione, da cui scegliere quella più in linea con lo stile aziendale e con la visione dell’enologo. Iniziando a degustare si palesa subito una sorta di distorsione generale nel giudizio: si tende a prediligere i campioni che hanno già una compiutezza, un equilibrio in sé, si fa fatica a vederli come tessere di un puzzle.

Cabernet sauvignon con eccessivo tannino vengono scartati quasi da tutti, così come quelli affinati in barrique, perché, a confronto con quelli affinati in botte grande, hanno profumi sensibilmente più maturi e meno eleganti. Una sorpresa arriva dal merlot torchiato fiore che ha un bel profilo aromatico floreale di rosa, frutto più esile e sorso meno concentrato e più elegante (questa cosa spiazza un pò tutti!). I tre campioni di Raboso, sul finale, dimostrano tutto il carattere di questo vitigno autoctono poco considerato, che invece ha una grande verve acida, una notevole concentrazione di polifenoli e un’indole indomita che lascia presagire grandi potenzialità espressive, se adeguatamente domato.

Dando un’occhiata alle preferenze sul mio foglio mi accorgo che sono poche, il mio personale taglio scarta la maggior parte dei campioni e, a giudicare dalla capienza delle botti in cui hanno fatto affinamento, in pratica scarto la maggior parte del vino prodotto. Per fortuna è solo un esercizio sennò sarebbe un disastro, anche perché il blend che ci rivela l’enologo Trombelli scardina le nostre convinzioni e si attesta su alcuni elementi chiave: i campioni sono vini grezzi, prelevati dalle botti e quindi ancora imperfetti; l’equilibrio finale si ottiene dal bilanciamento delle parti e dunque anche i campioni più “ruspanti” posso avere un ruolo fondamentale; le percentuali dei vitigni assemblati si stabiliscono in base agli ettolitri effettivamente disponibili; si lavora proiettando in un futuro, anche molto lontano, ogni scelta, ogni soluzione trovata; l’esperienza, ancora una volta, rappresenta la conditio sine qua non.

Il taglio del Villa Giustinian 2017 è presto fatto davanti ai nostri occhi, il processo è a metà tra un rito mistico e un esperimento del piccolo chimico, e viene servito direttamente dal lungo cilindro graduato. Il risultato è un vino di grande pulizia al naso, dove i profumi dei frutti rossi maturi si fondono con una nota tipicamente vegetale, le leggere speziature e tostature non vanno mai fuori giri, ma mantengono un profilo olfattivo molto composto. Il palato è sulla stessa lunghezza d’onda, una misurata eleganza, solo leggermente più animata dal tannino e dall’acidità ancora non ammansiti dalla bottiglia.

Assaggiamo anche l’assemblaggio fatto con le preferenze medie della sala e il risultato è decisamente monocorde. A ben vedere le cose da questo lato della barricata, basta davvero un niente per sbagliare tutto, è solo che a quel punto non puoi smontare più nulla, non puoi ricominciare tutto da capo.

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Alberto Muscolino

Classe '86, di origini sicule dell’entroterra, dove il mare non c’è, le montagne sono alte più di mille metri e dio solo sa come sono fatte le strade. Emigrato a Bologna ho fatto tutto ciò che andava fatto (negli anni Ottanta però!): teatro, canto, semiotica, vino, un paio di corsi al DAMS, vino, incontrare Umberto Eco, vino, lavoro, vino. Dato il numero di occorrenze della parola “vino” alla fine ho deciso di diventare sommelier.

5 Commenti

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Alvaro pavan

circa 5 anni fa - Link

Quindi il taglio con i soli vitigni bordolesi, che rappresentano oltre il 90 per cento della massa, danno un vino mediocre a cui basta una piccola aggiunta di raboso per farne un vino degno di nota? Mi suona riduttivo e fare un torto all'enologo. Ma se il raboso ha queste qualità taumaturgiche, come mai dopo 400 anni di viticoltura il territorio che !o coltiva - per quanto ancora? - non riesce a produrre un vino all'altezza? Le cose non stanno così. Non esistono tagli miracolosi. Semplicemente, nel nostro caso, non ve n'era il bisogno. L'enologo aveva fatto un taglio eccellente con i bordolesi e all'assaggio era tutt'altro che monocorde, a detta di più di qualcuno dei presenti.

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Alberto Muscolino

circa 5 anni fa - Link

Gentile Alvaro, tutti e 3 i tagli fatti dall'enologo Trombelli in quella giornata presentavano una certa percentuale di raboso. Io ho apprezzato maggiormente il taglio (A) per eleganza, pulizia, equilibrio e carattere maggiore degli altri. Il taglio (C) fatto con le preferenze di alcuni partecipanti, ribadisco che mi è sembrato monocorde, perchè un pò troppo piatto e piacione. Di conseguenza il punto non è raboso o non raboso, ma la capacità di assemblare trovando un equilibrio tra le componenti che sia anche di una certa incisività e vitalità, per evolvere al meglio nel tempo.

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carolain cats

circa 5 anni fa - Link

eh ! sto raboso!!! chissà perchè lo tengono... Alvaro te spette, son tornada

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Massimo Z.

circa 5 anni fa - Link

Pienamente d'accordo con te Alvaro!! Anche secondo me il taglio con i soli bordolesi era ottimo. Mi sembrava poi che anche la maggioranza dei presenti preferisse quest'ultimo. Comunque il verdetto lo avremo tra un anno.

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Alvaro pavan

circa 5 anni fa - Link

Ricapitoliamo. Taglio A, quello ufficiale che diverrà il villa giustinian 2017, taglio B, una alternativa che l'enologo mette a punto come prassi, mentre il taglio C altro non è che lo stesso taglio A senza l'apporto del raboso che l'enologo ha gentilmente preparato su precisa richiesta. Io apprezzo la natura bordolese nel villa giustinian. Con il raboso esce dalla sua orbita storica. Il tempo dirà se questa scelta sarà migliorativa o meno. Me lo auguro, pur nutrendo ragionevoli dubbi. Vogliamo dire, così come si presenta assemblato questo 2017, che flirta uno stile toscaneggiante? P.S. Ciao Carolina!

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