Cosa sono i vini BRUTAL!!! e perché dovrebbero piacerci

Cosa sono i vini BRUTAL!!! e perché dovrebbero piacerci

di Angela Mion

Brutal!!! No, non è un’offesa! Parliamo di vino, torniamo sul vino naturale, quello quasi da rivoluzione, il Brutal. Un vino brutalmente naturale? Direi proprio di sì.

L’etichetta incute un certo timore: scritta Brutal!!! su sfondo nero, immagine di un boia con una falce e la fatidica scritta SO2, i famigerati solfiti. Inizialmente pensavo fosse una cantina, l’etichetta di un solo produttore particolarmente masochista e come me in tanti l’hanno creduto, poi i conti non tornavano e così a fatica ho cercato di documentarmi e di capirne qualcosa. Sul web non c’è molto, molto poco, direi quasi nulla.

In soldoni, per chi non lo conoscesse affatto, per chi non fosse un inferocito bevitore di vini naturali o un guru di Instagram: abbiamo un’etichetta in comune, utilizzata però da diversi produttori differenti.

Ecco quanto sono riuscita a ricostruire di questa idea originale.

Brutal wine corporation nasce in una notte bucolica del 2010 da quattro amici produttori di vino forti di un’identità comune: produrre a impatto zero in vigna e in cantina, rispetto dell’autoctono, del frutto, dell’onestà. Erano gli anni del fermento, dell’avanguardia del vino naturale, dell’anarchia da disciplinare e c’è chi si è inventato di dare un’etichetta a questo modo di pensare e produrre.

I quattro amici sono due spagnoli e due francesi:

  • Laureano Serres Montagut, Tarragona – Catalogna, nel nord-est della Spagna, piccolo produttore, riferimento per il movimento naturale non solo catalano, con 6 ettari di vigna che nel 2002 ha dimenticato 2003 ha smesso di aggiungere SO2 ad una delle sue cuvée e poi da allora ha continuato a dimenticarsene.
  • – Escoda – Sanahuja (Joan Ramón Escoda e Mari Carmen Sanahuja), Montblanc – Catalogna, 10 ettari di terra, biodinamici a pieno regime dal 2002, creano i loro vini il più naturalmente possibile.  Joan Ramón assieme a Laureano Serres hanno fondato la PVN – Asociación de productores de vinos naturales in Spagna.
  • – La Sorga, il patron è Anthony Tortul – Languedoc-Roussillon, produce molti tipi di vini con uve in parte conferite da produttori locali e in parte da terre di proprietà. Sposa l’autoctono e produce più di 35 cuvée all’anno assolutamente senza solfiti aggiunti. Etichette ribelli.
  • Rémi Poujol – Mas Costefère – Languedoc, il suo motto è Le Temps Fait Tout (che è anche il nome di un suo vino), vignaiolo naturale dall’animo calmo, coltiva e produce da 6 ettari di terra ovviamente a impatto zero/zero.

I due spagnoli erano in Francia per delle degustazioni, la prima tappa è stata da Rémi Poujol dove a quanto pare hanno bevuto e bevuto e tra queste bevute c’erano vini di botte ancora giovani, grezzi, che dovevano ancora dare il loro meglio e a ognuna di queste bevute gli spagnoli urlavano “es brutal!!”. Rèmi Poujol pensava fosse perché i suoi vini non erano eleganti o piacevoli.

Da lì la tappa successiva è stata a La Sorga dove, a quanto pare, i quattro amici hanno continuato a bere e bere i loro vini fatti come loro concepivano il vino: fuori dagli schemi, un vino di terra, testa, cuore e contadino. Anche qua gli “es brutal!!” sono continuati ed è stato allora che i due francesi hanno guardato i due spagnoli sconcertati chiedendogli se il loro vino gli piacesse così poco da definirlo Brutale.

È stato così che gli spagnoli hanno chiarito il malinteso: Brutal! indicava qualcosa di Super! Straordinario!

Sono loro gli eccentrici ideatori di questo progetto, quelli che hanno pensato di voler creare qualcosa che andasse oltre il concetto di vino naturale che iniziava probabilmente a stargli stretto e l’idea è stata di dar vita a un qualcosa che fosse straordinario, sopra le righe, qualcosa di… Brutal! Brutal non è un dispregiativo o un aggettivo turpe ma un urlo. Quello che quei quattro si dicevano mentre degustavano i loro vini e urlavano Brutal!!! tanto era l’entusiasmo e la carica che avevano addosso.

Ed è così che quella notte è proseguita, probabilmente bevendo ancora, e si narra che per mano di Antony Tortul – La Sorga, già padre di etichette stravaganti, sia nata la loro, the Brutal!!! label, per celebrare il loro vino, quel vino fatto così, la loro anarchia nel produrlo, la loro filosofia unica e distintiva.

Però il bello è che la loro idea Brutal! non è stata creata e concepita solo per loro quattro ma per tutti, per i vignaioli di tutto il mondo.  Si, esatto. Tutti i produttori possono utilizzare l’etichetta. Ognuno produce per sé, distribuisce da sé, crea da sé.  (le regole di richiesta etichetta ecc non le so)

Ovviamente a delle condizioni: chi produce al grido Brutal wine corporation deve fare vino ad impatto zero, in vigna ed in cantina, produzione limitata (a 200 bottiglie al massimo oppure una sola botte..dato non certo), ma in realtà il concetto è molto più profondo e complesso del semplice non utilizzo di solfiti.

Qua il messaggio è che non è la perfezione a creare il buono di un vino ma il concetto di buono è più ampio e può accettare difetti che rientrano però nell’onestà di produzione, nell’espressione di un terroire e di un vitigno.

L’etichetta Brutal dà la possibilità di utilizzare una forma che da sé spiega già l’appartenenza ad una certa etica di produzione. Compri Brutal sai che bevi un modo di produrre e pensare.

Sono stati molti i produttori che hanno utilizzato questa etichetta e che continuano ad utilizzarla.

Nell’imperfezione di alcuni di questi vini e nello stupore che ti lasciano altri, si racchiude un cuore, un animo forte di queste persone che ci credono. Sono spesso storie di artisti più che di semplici produttori e il loro vino è il vino della terra, dell’umiltà, della pazienza e della sincerità.

Io in Italia ne ho bevuto e ne conosco uno solo, e lo ricordo come se fosse adesso: un 100% aleatico, 2014, 6 mesi di macerazione sulle bucce di Gianmarco Antonuzi – Le Coste. Lo ricordo perché un aleatico così non l’avevo mai bevuto. Brutal!! lo dico anch’io. Una bevuta del terzo tipo, ingresso dolce perché aleatico era, disorientante, serviva un po’ per capire in che pianeta ci si trovasse, ed ecco la beva, l’acidità, la freschezza, la piacevolezza e l’equilibrio in questo ecosistema.

Altra bottiglia di Brutal che sorprende è quella di Les Bories Jefferies, 2015, siamo a Caux -Languedoc, uvaggio Grenache (90%), Terret (10%). Qua di ribelle c’è ben poco e anche di brutale proprio niente, anzi, la bocca è tonda, pulita, un frutto non mascherato, la grenache nella sua sincerità bilanciata da una mineralità ed un’acidità tali da rendere il sorso velocissimo e lunghissimo. Elegante ed inaspettato in senso positivo.

Segnalo, anche se non ci sono ancora stata ma è in agenda, anche un bar Brutal a Barcellona, tra l’altro gestito da due gemelli italiani ed è specializzato in vini naturali. Mi dicono che lì di gente che urla Brutal!! ce ne sia parecchia..

Non so se esistano altre versioni di questa storia, forse si, questa è quella che sono riuscita a ricostruire io.

Credo che le emozioni più forti possano nascere solo da quello in cui credi.

Brutal!!!

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Angela Mion

Veneta, classe 1981, studi giuridici e azienda di famiglia. La svolta cubista arriva quando ormai maggiorenne incontra il vino: Sommelier, Master Alma-Ais ed altre cose in pentola. “Vin, avec toi on fait le tour du monde sans bouger de la table”. Bucolica e un po' fuori schema con la passione per la penna, il vino, il mondo e la corsa. L’attimo migliore? Quello sospeso fra la sobrietà e l’ebbrezza.

13 Commenti

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Franco

circa 5 anni fa - Link

Bevuti ascoltando Carcass o Cannibal Corpse??

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Giampiero Pulcini

circa 5 anni fa - Link

Una sola precisazione: Laureano Serres ha smesso di aggiungere solfiti nel 2003 in seguito a una scelta precisa. Per il resto, molte grazie per la volenterosa e utile ricostruzione di una vicenda piuttosto confusa, tuttora in divenire.
Grazie Giampiero, corretto (jacopo)

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Glenn Gould

circa 5 anni fa - Link

Articolo inutile... dove si dimentica il piacere del vino. Ma si narra di storie campate in aria, tipo: si é scordato di aggiungere so2 e ha continuato a farlo. Risultato: Vino ossidato. Ossidazione x me é un difettoso. A meno che trattasi di vini del Jura . Saluti

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Franco

circa 5 anni fa - Link

io ci riprovo... Fiorenzo aiutami tu! "Brutal nel senso che si bevono ascoltando i Carcass o i Cannibal Corpse?" Per un approfondimento sull'etimologia culturale della parola "brutal": https://www.youtube.com/watch?v=inJ-wRQXLVo

Fatto. Scusa ma Vinitaly m'ha tenuto lontano dall'amato intra. [F.]

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Monica Moccagatta

circa 5 anni fa - Link

L'articolo ha stimolato la curiosità che mi vede nel settore della somministrazione specializzata nel vino da 19 anni. Mi complimento per l'eleganza dell'articolo che introduce ad un modo di fare vino che non condanna la modernità di produzione alla quale siamo abituati ma aggiunge elementi alla cultura del vino. Buona Primavera a tutti Monica Moccagatta della Vineria Mezzo-Litro di Alessandria-Piemonte-Italia-Europa

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Anna Tortora

circa 5 anni fa - Link

Non so se mi piacerebbe un vino brutal ma l'articolo era molto piacevole

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bt

circa 5 anni fa - Link

ritorno da parigi dove in una enoteca ho visto vini con etichette e nomi decisamente estreme (pistole, etc) e ho pensato per un attimo facessero parte di un unico movimento. leggendo questo articolo mi é sovvenuto potesse essere qualcosa di simile a questo.

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Nelle Nuvole

circa 5 anni fa - Link

Un post elegante che parla di vini fieri di non esserlo. Un post anche tranquillizzante poiché leggo che nel protocollo "Brutal" non si possono produrre più di 200 bottiglie di un vino che si autoproclama così. Meno male, 200 bottiglie bastano e avanzano. Perdonatemi, ma il pensiero m'è sfuggito dai polpastrelli. Inoltre sarei interessata a sapere cosa significa con precisione "impatto zero" in vigna,nel senso che non si può camminare fra i filari per evitare di impattare il terreno con i piedoni rivestiti di cuoio, anche d quello più naturale possibile?

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Alberto Spisni

circa 5 anni fa - Link

Articolo a primo impatto simpatico ma ... ci sono molti ma. Innanzi tutto mitizza qualche cosa che di mitico non ha nulla ( usando "mitico" nella sua corretta accezione ). Forse Glenn Gould è stato "brutale" col suo commento ma ha espresso un pensiero in parte condivisibile. Gli estremi non convogliano mai concetti positivi. È ben possibile che chi ormai è annoiato/assuefatto a vini ben curati e prodotti con amore cerchi altre esperienze ed allora si inizia a parlare di esperienze forti : è pericoloso. Conosciamo adolescenti che avendo tutto provano questo tipo di sensazioni e per soddisfare i loro desideri di uscire dalla noia arrivano ad uccidere ... persone. Uccidere il vino non è altrettanto grave ma ... non è buona cosa. Non è da mitizzare. Poi può capitare un Aleatico brutal straordinario (comunque vorrei assaggiarlo) ma non è un caso che fa la regola così come non è l'opinione di una persona che stabilisce la qualità di una tipologia di prodotto (un pannel non è fatto da una persona ). Tuttavia, sperimentare, essere curiosi e confrontare esperienze è l'unico modo per migliorare. Mitizzare crea sempre problemi, anche in politica.

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

Se l'aleatico di Antonuzi citato è l'Alea Jacta Est, allora posso dire che la versione 2009 era semplicemente strepitosa. Il miglior vino che abbia degustato di quell'azienda.

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Maurizio

circa 5 anni fa - Link

Dal "bere meno ma bere meglio" eccoci dunque approdati al "bere meno, e pure peggio". Il percorso è compiuto.

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Rossano Ferrazzano

circa 5 anni fa - Link

Se dovessi dire schiettamente quello che penso dovrei essere brutale. Ma bastano già questi vini e questo post. Dico solo che non mi piace l'idea della shock economy, e allo stesso modo non mi piace l'idea delle shock winery, se mi è concesso di tradurre così questo "Brutal!!!". Sono un romantico, mi piace pensare che ogni produttore abbia la sua propria identità, espressa nel suo proprio vino, che chiede la sua propria etichetta sulla bottiglia.

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Andrea Ciancolini

circa 5 anni fa - Link

Io ho trovato l'articolo molto ben fatto. Non ci ho trovato nessun tentativo di convincere nessuno o di far cambiare le proprie convinzioni. È un articolo che esprime un concetto, volenti o nolenti, è una realtà che esiste e ha una bella fetta di seguaci. Una realtà che comunque ci dobbiamo confrontare. Se è giusto o no di interpretare il mondo del vino in un modo oppure in un altro credo che nessuno ne abbia il diritto. Credo che ogni produttore sia libero di interpretare il suo lavoro nella maniera che crede meglio. Tanto chi decreta il successo di un lavoro è sempre il consumatore. Vicino a me c'è un produttore che è diventato conosciuto grazie al suo modo di interpretare il vino e la sua etichetta che rende chiaro questo concetto è " Liber". Chiaro, no? Per quello che mi riguarda, mi piace sentirli tutti i vini e poi mi segno quelli che mi piacciono. Senza pregiudizi.. Salute a tutti

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