Coronavirus: forse dovremmo comportarci come i lieviti del vino

Coronavirus: forse dovremmo comportarci come i lieviti del vino

di Alessandra Corda

I vini in stile ossidativo hanno una veste che va dal dorato al topazio e un corredo olfattivo inconfondibile: frutta secca a guscio, miele e resine, scorza di agrumi, e tanto altro che rimanda alla pasticceria a base di mandorle. In genere secchi, dotati di un tenore alcolico importante e gradevolissima dote glicerica, conservano nel tempo una freschezza sorprendente e una persistenza infinita. Sono vini che hanno bisogno di tempi di affinamento lunghissimi. Queste caratteristiche rendono per esempio i sardi Vernaccia di Oristano, Malvasia di Bosa e il rarissimo Arvisionadu di Benetutti vini per occasioni speciali, difficile portarli in tavola durante un pasto, ma trovare l’armonia non è impossibile e lascio a voi i tentativi di abbinamento.

La chiave di questo complesso profilo gusto-olfattivo sta nel loro affinamento di tipo ossidativo appunto, possibile grazie a una particolare famiglia di saccaromiceti, i lieviti flor. Questi microrganismi unicellulari sono capaci di mutare il loro metabolismo, passando da un ambiente ricco di zucchero (mosto) dove hanno attività fermentativa ad una respirativa, in ambiente ricco di etanolo e ossigeno (botti scolme). Aggregandosi sulla superficie del liquido creano un velo (la flor), una struttura ultracellulare interdipendente (biofilm), fondamentale per distanziarsi a vicenda e proteggere cosi la colonia. Una specie di architettura condivisa che permette loro di mantenere la vitalità e sopravvivere alle avversità ambientali.

È definito dai microbiologi un comportamento sociale. Una visione antropocentrica osservata su microrganismi elementari che restano individui, ma se qualcosa cambia nell’ambiente e sono in pericolo sanno comunicare tra loro (quorum sensing) e mutare abitudini per mantenere viva la comunità.

Osservando la mia quotidianità contingente, la cronaca, gli effetti di comportamenti individuali, le costrizioni date da emergenze oggettive, rifletto, mi preoccupo, sviluppo anche comportamenti “tossici” ansiogeni, ma voglio, devo sperare che noi, esseri più complessi, non cediamo alla presunzione di farcela da soli, senza riuscire a comprendere che il brodo colturale nel quale siamo immersi è l’unico condivisibile e su quello superare le avversità che ci capitano. Un’occasione per affinare il nostro umano quorum sensing. Quindici giorni fa io ero fra quelli che minimizzavano, ora non più.

«Sezioniamo mosche,» disse lo scienziato, «misuriamo meridiani, accumuliamo cifre; e siamo d’accordo su due o tre argomenti che comprendiamo, ma discutiamo su due o tremila che non comprendiamo per nulla.» (Voltaire, Micromega, 1752)

avatar

Alessandra Corda

Folgorata dalla visione di Mondovino, in un pezzo di vita londinese ottiene il primo certificato enofilo (WSET). Laurea in lettere, copywriter, è sommelier AIS responsabile dell’accoglienza per una cantina in Gallura. Collabora con il sito AIS Sardegna dal 2016, intravinica dal 2018. Pensa il vino come esperienza di bellezza totale, narrato con la contaminazione di ogni linguaggio creativo possibile.

4 Commenti

avatar

Giacomo

circa 4 anni fa - Link

istu, anni che non sentivo citare a fiuretta, seppure in termini così formalmente accademici. Non entro nel merito della bontà della metafora, mi limito solo a quanto può evocare il termine a chi produce vino da qualche decennio. La fioretta era fenomeno frequente in vini a bassa gradazione alcolica, vinificati malamente, quelli che dalle mie parti si chiamavano vinapule. I rampanti produttori di oggi a quei tempi vendevano le uve ai “commercianti” di Torino, il vino si vendeva in damigiana, vacche magre insomma. Nominare la fioretta oggi , insomma, non è propriamente incoraggiante per chi dovrà ripensare al mercato che ci attende dopo l’emergenza attuale.

Rispondi
avatar

Lanegano

circa 4 anni fa - Link

Menzione d'onore anche per i Savagnin ossidati dello Jura ed i Vin Jaune.... Domaine Macle e Lucien Aviet per esempio....

Rispondi
avatar

Luca Ferrero

circa 4 anni fa - Link

Monsù Giacomo, il commento mi pare totalmente fuori tema. 'Na banfà, se preferisce. Nato e cresciuto in una cantina tra le risaie e il Po, ci andrei cauto nel paragonare la preziosa levaduras de flor con l'acetescente fioretta. Al di là dell'ambiente più o meno aerobico, le specie di lieviti in gioco sono molto diverse, e danno risultati molto diversi, quanto possono esserlo una forma di pane che lievita in forno da un'infezione biancastra che colpisce la gola... o altre zone meno nobili. Arvëddse.

Rispondi
avatar

marcow

circa 4 anni fa - Link

Dal web: "Alcuni studi hanno mostrato che per far sì che I FLOR [sopravvivano e crescano bene] , il vino deve avere un TENORE ALCOLICO compreso tra 14,5% e 16%. Sotto al 14,5%, il LIEVITO NON FORMA lo STRATO CEROSO protettivo e il VINO OSSIDA a tal punto da DIVENIRE ACETO. Al di sopra del 16%, il lievito non può sopravvivere e il vino diventa un Oloroso" (Dal Web) È vero, come dice Luca Ferrero, che i lieviti coinvolti nella FIORETTA sono diversi dai lieviti FLOR dei vini ossidativi. Ma vi sono anche alcune "somiglianze" che stimolano Giacomo a "RICORDARE" (usa la parola "evocare"). Non è preciso, Giacomo, ma neanche fuori tema, secondo me. Volendo rimanere nella similitudine che collega il "comportamento" "sociale" dei lieviti flor, efficacemente descritto dall'autrice, agli esseri umani che stanno affrontando l'emergenza sanitaria ho cercato di capire cosa possa essere paragonato al ruolo che l'alto tenore alcolico svolge nei vini ossidativi (v [...] dell'estratto dal web) Potrebbe essere, forse, l'AMBIENTE CULTURALE in cui [cresce e si sviluppa] l'essere umano. È altrettanto importante come l'alto tenore alcolico per i lieviti flor. Se spinge verso un forte INDIVIDUALISMO "forse" gli umani avranno più difficoltà, in caso di emergenze, a ritrovare quei valori interiori auspicati nel testo: "ma voglio, devo sperare che noi, ESSERI PIÙ COMPLESSI, non cediamo alla presunzione di FARCELA DA SOLI, senza riuscire a comprendere che il BRODO CULTURALE nel quale siamo immersi è l’unico CONDIVISIBILE e su quello superare le AVVERSITÀ che ci capitano. Un’occasione per AFFINARE il nostro UMANO QUORUM SENSING". Ho molti dubbi. Il BRODO CULTURALE in cui siamo immersi da decenni favorisce lo sviluppo di INDIVIDUI egocentrici, in competizione, narcisisti e atomizzati. Ma spero che il senso e l'auspicio contenuti nell'ottimo articolo si concretizzi.

Rispondi

Commenta

Rispondi a Giacomo or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.