Come si esce dalla crisi? L’esempio del Brunello di Montalcino

Come si esce dalla crisi? L’esempio del Brunello di Montalcino

di Stefano Cinelli Colombini

L’intero sistema sanitario (mai abbastanza lodato), l’isolamento e i farmaci vinceranno la battaglia al Covid19, ora si pone il problema di cosa troveremo quando usciremo di casa. Nessuno lo sa e tantomeno io, ma discutendo su Intravino con un mio perspicace lontano parente mi sono ricordato una cosa; a Montalcino abbiamo vissuto pochi anni fa una catastrofe, diversa ma per molti versi simile. Quando abbiamo rialzato il capo le cantine erano piene di vino invenduto, i prezzi erano crollati e i clienti pochi e poco interessati. Più o meno quello che troveremo ora. Come ne siamo usciti? Lo racconto in un libro che ho appena pubblicato su Amazon, di cui qui vi allego quel capitolo.

L’11 settembre 2008 fallisce la banca d’affari Lehman Brothers a New York, ed ha inizio la grande crisi finanziaria che colpirà tutto il mondo. Come già nel 1964, Montalcino subisce vari eventi negativi contemporaneamente: la crisi globale, l’aumento di produzione del Brunello decisa nel 1997 che fa salire l’offerta del 50% proprio mentre la richiesta crolla, e un’indagine penale su alcune aziende sospettate di aver aggiunto altre uve al Brunello. È lo “scandalo del Brunello”, che ha conseguenze mediatiche terribili con migliaia di articoli su ogni giornale del mondo che mettono in dubbio la correttezza dei viticoltori di Montalcino.

Un vero annus horribilis. Il prezzo del vino sfuso crolla da € 900 all’ettolitro a € 300, e la vendita delle bottiglie cala. Nel 2009 le giacenze di Brunello arrivano a 47.216.400 bottiglie di Brunello, + 9.341.067 sul 2005: in poco tempo si è accumulato un residuo invenduto pari a un anno e mezzo di vendite. Le banche restringono il credito, proprio quando le aziende ne hanno un bisogno disperato. Sembra di essere tornati ai terribili anni ’60, c’è molta paura ma non degenera in panico e non causa svendite. La ripresa è veloce, e non è frutto di un progetto. Semplicemente, accade. È proprio questo che dimostra la solidità del sistema, oltre che la qualità imprenditoriale delle sue componenti.

Senza che ci siano stati accordi tra i produttori, tutti mantengono invariati i prezzi delle bottiglie di Brunello accettando di perdere spesso più di metà delle vendite. Ma già dal 2010 l’invenduto viene rastrellato da numerosi commercianti che lo vendono con proprie etichette soprattutto alla GDO (Grande Distribuzione Organizzata) del centro Europa. Questa azione molto localizzata, ed effettuata da marchi ignoti ai consumatori, non danneggia l’immagine dei vini di Montalcino. I fatturati di molte aziende calano enormemente ma già dal 2012 le vendite di bottiglie con i marchi dei produttori tornano a salire. Nel 2015 superano il livello del 2008, per poi crescere ancora.

Dal 2010 al 2015 i commercianti rappresentano più di un terzo del Brunello venduto, ma già nel 2017 la loro presenza si riduce a ben poco perché i prezzi del Brunello sfuso salgono fino a raggiungere (nel 2018) il record storico di € 15 al litro. Questo rende molto difficile il loro lavoro. In soli sei anni Montalcino è uscito da una prova estremamente dura, ed è cambiato profondamente anche se nessuna azienda del Brunello è stata chiusa o venduta. Non è avvenuta nessuna concentrazione.”.

Anche per superare la prova del Covid19 ci vorranno anni, ma non è affatto detto che sarà la fine del mondo. Dipende da noi. A Montalcino ci siamo trovati senza preavviso all’inferno, l’abbiamo attraversato con le sole nostre forze (nessuno ci ha aiutato, salvo le BCC che non ringrazierò mai abbastanza) e ne siamo usciti. Tutti vivi, e più forti che mai. È stato fatto, per cui si può fare di nuovo. Non credo esista una formula magica, ma qualche buona idea si. Anche perché noi le abbiamo “testate” nel disastro più nero, e hanno funzionato. Difendete con le unghie e con i denti i prezzi delle vostre etichette, accettate di vendere molto meno ma non abbassate il prezzo.

Per poterlo fare svendete l’invenduto come sfuso o a “bottiglia nuda”, da etichettare con marchi di chi compra. Sarà un sacrificio durissimo, ma se la vostra etichetta principale andrà sul mercato a pochi Euro poi non risalirà più. Ci sono sirene che parlano di “abbassare la spocchia” e simili menate, non ascoltateli: sono solo stronzi, stronzi, e ancora stronzi. Per loro è facile parlare di spocchia, non vedono l’ora di guadagnare carrettate di soldi vendendo facile e senza sforzi migliaia di bottiglie di Sassicaia a quattro soldi, ma voi sapete bene quanta fatica, spese e anni di sofferenze ci avete messo ad arrivare dove siete. Non mollate. State uniti, non fate guerre tra poveri.

Visto da fuori Montalcino e il Brunello pare una massa di primedonne ma in realtà, e soprattutto quando le cose si fanno dure, non è così. Senza darlo a vedere noi collaboriamo, e non ci diamo coltellate sotto il tavolo. Casomai sopra. E forse è per questo che siamo sempre tutti qui. Abbiamo continuato a fare eventi insieme in tutto il mondo, e abbiamo continuato a spendere insieme milioni in promozione. Anche quando non li avevamo. Risparmiate su tutto, ma proprio su tutto, salvo che sull’immagine. O sulla promozione. Perché domani dovremo vendere ancora, e un’immagine va mantenuta. Non si ricostruisce a comando. Non mollate sulla qualità, risparmiate su tutto ma non su quello. E infine permettetemi uno sfogo. Su internet leggo tante anime belle che scrivono che questa sarà la fine del capitalismo, della globalizzazione, di un modo di produrre e magari anche di amare, che saremo più poveri ma più buoni, più belli e tante menate simili. Bullshit. O, più carinamente, wishful thinking. Non ci contate.

Usciremo da questo casino, e troveremo il solito mondo egoista, brutale, bellissimo e pronto a fregarci. Solo un po’ ammaccato, per qualche tempo.

avatar

Stefano Cinelli Colombini

Nato nel 1956 a Firenze da un'antica famiglia senese, è il titolare della Fattoria dei Barbi a Montalcino. Membro dell’Accademia Nazionale della Vite e del Vino e dell’Accademia dei Georgofili, è un grande appassionato di storia, arte e musica classica.

18 Commenti

avatar

Francesco Brenna

circa 4 anni fa - Link

Brava, articolo che trasuda passione e giusta difesa dei risultati raggiunti.

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 4 anni fa - Link

... concordo in tutto . .. magari auspico qualche fenomeno di speculazione in meno , guide o non guide, Parker o non Parker (hai citato Sassicaia , dove si è passati in un anno da 120 Euro a bottiglia a 250 a bottiglia con ulteriori traini commercialmente demenziali) o qualche cappio commerciale in meno (distributori che pretendono per una etichetta top vagonate di vino "inutile" ed improponibile...) ...diciamo che un po' di pulizia si farà , poi , concordo, il mondo ricomincerà ad essere ipocrita, cattivo , egoista e volgare...

Rispondi
avatar

Maurizio

circa 4 anni fa - Link

Sassicaia è uno dei pochi esempi sbagliati. È uno dei vini italiani che si vendono più facilmente e per la nomea che gode è un vino paradossalmente sottoprezzo, considerando che a livello di critica è mediamente il vino italiano più apprezzato eppure costa ancora meno di tanti altri. E infatti il fatto che sia quasi raddoppiato di prezzo non ha rallentato affatto la domanda ma il contrario.

Rispondi
avatar

Giacomo

circa 4 anni fa - Link

A sentire i professoroni non sarà una crisi paragonabile a quella del 2008, ma uno shock che toccherà il sistema di domanda e offerta globalmente. Si potrà tentare di tenere i prezzi stabili, che a fine filiera vorrà comunque dire prezzo a bottiglia più alto per il consumatore finale. Horeca si farà due conti se vorrà sopravvivere, e fare due conti vorrà dire tagliare sui costi. Cito dal thread: "La ripresa è veloce, e non è frutto di un progetto. Semplicemente, accade. È proprio questo che dimostra la solidità del sistema, oltre che la qualità imprenditoriale delle sue componenti." Cito il grande Gianni Bugno: Vedremo.

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Certo, vedremo. E noti, non ho scritto che questa crisi è paragonabile a quella del 2008. Ho scritto che a Montalcino quella crisi è stata resa molto più dura da due fattori "endogeni", e che è proprio questo peggioramento a renderla un paragone proponibile. Ma noi ne siamo usciti.

Rispondi
avatar

Fredondo

circa 4 anni fa - Link

Magari, usciti da questa crisi, sarebbe solo auspicabile un mondo meno neoliberista....

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Mi spiace, sono un viticoltore e non un economista. Pero di questi tempi su Facebook ne trova milioni, tutti pronti a insegnare e con la ricetta pronta per il mondo che verrà.

Rispondi
avatar

MP

circa 4 anni fa - Link

Molto interessante davvero quel che scrive. Io ho qualche riflessione ulteriore che mi sta facendo ragionare... ma ancora non son riuscito a trarre una mia visione abbastanza solida. La crisi 2008 e seguenti, è stata un'onda che ha sviluppato i suoi devastanti effetti in un tempo medio-lungo, dando un po' più di possibilità di pianificare le azioni. La crisi odierna è uno shock che ha portato alcune categorie da 100 Km/h a 0 in un attimo: si sbatte contro un muro, è quasi morte certa. Montalcino poi è un territorio eletto, con un brand fortissimo e tante aziende sane e floride. Sicuramente non è rappresentativo del settore vitivinicolo italiano. In soldoni: Montalcino ne uscirà... ma gli altri? In questi giorni è un fiorire di offerte dirette dai produttori ai clienti finali, con ecommerce aziendali approntati in fretta e furia (chi più chi meno), mail dirette a clienti, annunci facebook ecc ecc. Ho visto proprio ieri una super offerta da un notissimo produttore, che porta la sua "bottiglia simbolo " a casa del cliente finale a circa 30€ (spedizione inclusa), quando il suo prezzo online è intorno ai 40... Che sia la svolta definitiva per un completo ripensamento della distribuzione?

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Condivido in pieno le sue perplessità, questa botta è tremenda e inaspettata. Parliamoci chiaro, tutta la filiera è stata presa con le brache in mano in un momento non particolarmente florido. Tutta la filiera, non solo la parte terminale. Ma che scelta abbiamo? Dobbiamo uscirne con le nostre gambe, perché non credo che nessuno ci aiuterà. Ci sono troppi settori che sono messi peggio di noi e dreneranno ogni risorsa, a partire da turismo e viaggi. O stiamo il più possibile uniti, usiamo le nostre scorte di vino e i nostri beni fondiari (un vantaggio che pochi settori hanno) come garanzia per avere credito e “passare a nuttata”, o non so che succederà. Di certo il mondo è pieno di concorrenti desiderosi di farci le scarpe.

Rispondi
avatar

Francesco Illy

circa 4 anni fa - Link

Bravo Stefano. Bell’intervento. Quando una quercia fa tante ghiande per far crescere la sua prole, fa del capitalismo. Temo che sia il modello della natura, non dell’uomo: l’uomo, con le sue distorsioni ha stravolto il concetto. Capisco chi ce l’ha con il neoliberismo. Ma il capitalismo continuerà. Probabilmente pagheremo Il debito che stiamo accumulando con una enorme inflazione, anche se ora la pressione della gente che non ha cassa e di chi ne vuole approfittare crea deflazione. Hai ragione tu: teniamo i prezzi e la qualità dei nostri marchi. Investiamo quello che possiamo in vigna per mantenere la qualità anche nel 2020. E teniamo duro. Anche questa passa, e il mondo poi rifiorisce. Montalcino con lui. E se diamo un buon esempio, aiutiamo l’Italia e il mondo. Grazie Stefano! Francesco Illy Siamo leoni, noi italiani. https://www.adhocnews.it/leconomia-che-verra-limmobiliare-della-val-dorcia-fra-cani-e-leoni/

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Grazie Francesco, Ne usciremo, perché noi italiani nel caos siamo costretti a viverci e lo sappiamo gestire benissimo . Fare l'impossibile con risorse inadeguate per noi non è un gioco, è solo quello che siamo sempre stati costretti a fare.

Rispondi
avatar

Anulu

circa 4 anni fa - Link

Ognuno parla della sua realtà, giustamente, ma non c'è una formula unica buona per ogni territorio del vino. Sono battaglie diverse, ma il concetto di non svendersi e non rinunciare alla qualità è giusto in ogni caso. Io la vedo molto dura sia per le aziende grandi come forse intendeva Marotti Campi - quelle che lavorano principalmente sulla fascia 2-5 euro, tra cui figurano i commercianti di vino, quelli che magari comprano da chi produce come MC e poi rivendono con propria etichetta - sia per i piccoli naturali che certamente hanno meno spese, ma sono senza territorio attorno, senza consorzi, senza fondi per comunicare di essere ancora vivi, e che non sono stati ancora in grado di creare un brand riconosciuto in molti mercati. Stavano emergendo, e ora resettano il loro percorso dovendo ricominciare da capo. Soffriranno tutti, ma ne usciranno più in fretta le aziende che hanno differenziato la loro offerta in più canali. Certo che per chi è in zone turistiche e solitamente vende già molto vino in cantina, ci sarà da aspettare un po' prima di rivedere svizzeri, danesi, tedeschi e belgi a portarsi via le vagonate di cartoni.

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Difficile prevedere chi ne uscirà e perché, le variabili sono ancora troppe. Di certo il nostro tanto criticato sistema iper frazionato, fatto di decine di migliaia di aziende per lo più piccole, è molto vitale e adattabile. Però vedo male quei se-dicenti vin naturalisti e simili di cui lei parla che, al contrario di quello che lei crede, hanno costi altissimi. La natura insegna che in tempi di crisi i non specializzati sopravvivono molto meglio, e loro vivono solo di una piccola nicchia.

Rispondi
avatar

Luca

circa 4 anni fa - Link

Grazie per aver condiviso con noi i tuoi ragionamenti (e a intravino che ci dà la possibilità di leggerli e commentarli, abbiamo bisogno mai come ora di luoghi intelligenti). Sto riflettendo molto, per capire dove andrà la mia attività nell’immediato e nel medio termine e anche per dare consigli ragionevoli a chi si rivolge a me. Mi piace quando dici di non mollare sull’immagine - in senso sostanziale, non frivolo - ed è uno spunto che declinato in modi diversi ho ritrovato in molti interventi intelligenti che ho letto o sentito. Vedo che molti di quelli che hanno la forza di stare in piedi si stanno preoccupando della propria organizzazione e della filiera, un po’ perché l’umanità non fa così schifo come si dice un po’ perché si spera di poter ripartire. Purtroppo molti non possono ragionare in questo modo perché completamente stroncati da un mese e poco più di fermo. Questo deve fare riflettere sulla eccessiva debolezza e spesso carenza di cultura/capacità imprenditoriale del nostro tessuto produttivo. Grazie ancora, Luca

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Grazie per i complimenti, ma non condivido l’ultima osservazione. Il nostro tessuto imprenditoriale non è debole, e lo ha dimostrato conquistando il predominio in quasi ogni mercato del mondo con pochi mezzi, poca conoscenza delle lingue e anche meno dei Paesi dove vendiamo. Se ci siamo riusciti nonostante tutto questo, e nonostante la piccola dimensione delle nostre aziende, allora non siamo così male. Non saremo fenomeno, ma quasi. Il guaio è che ora siamo in mezzo alla peggior catastrofe dal 1945, e sa solo Dio quando finirà. Non certo tra un mese. Io però ho fiducia, e ce l’ho proprio perché con tanto poco siamo riusciti a fare così tanto. Non siamo grandi come gli australiani, non siamo prestigiosi come i francesi né ricchi come gli americani, ma siamo adattabili. Siamo abituati a vivere in un Paese impossibile, e a cavarcela nonostante tutto. Ce la faremo anche questa volta, ma non dobbiamo arrenderci. Non possiamo arrenderci.

Rispondi
avatar

Luca

circa 4 anni fa - Link

Spero tu abbia ragione, davvero. Ciao

Rispondi
avatar

David

circa 4 anni fa - Link

Vendilo a 20€ la boccia, un buon Brunello, e vedi se te ne rimangono in cantina! :)....Che di viticoltori poveri a Montalcino non ne ho mai visti. Polemicissimo...ma d'altronde di crisi dell'Albana non ne ho mai sentite. Guadagni tanto, perdi tanto.

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 4 anni fa - Link

Se la ricetta giusta per uscire da ogni crisi fosse di abbassare i prezzi dei prodotti più cari, allora tra tre o quattro crisi l'Italia si ritroverebbe a produrre solo Tavernello. Non mi pare una soluzione brillante. Quanto all'Albana, ora in Italia sta andando relativamente bene solo chi è massicciamente presente in GDO: industriali e cantine sociali. E anche loro solo a costo di grosse offerte in promozione, che vanno a pesare su margini già molto ridotti. Non so come se la passino i piccoli produttori dell'Albana, ma temo male come sta succedendo qui ai piccoli produttori di Chianti.

Rispondi

Commenta

Rispondi a Luca or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.