Ciro Salvo e i 50 Kalò: un’altra pizzeria è possibile

Ciro Salvo e i 50 Kalò: un’altra pizzeria è possibile

di Andrea Gori

Il recente riconoscimento dell’arte del pizzaiolo da parte dell’Unesco non è che l’ultimo tassello di una crescita qualitativa e comunicativa impressionante per vitalità e successo commerciale della figura del pizzaiolo e della pizza. Scienza e tecnica si sono aggiunte alla storica artigianalità manuale e alle attente politiche di comunicazione, trasformando una figura professionale che, anno dopo anno, assurge ad un ruolo molto più simile allo chef che al vecchio artista della levitazione.

Nel caso di Ciro Salvo assistiamo all’arte della pizza nella sua forma più classica, con l’impasto diretto al centro di tuttopartendo da lievito, farina, acqua e sale, senza la biga o altre innovazioni al centro di polemiche e discussioni infinite sulla loro trasmissibilità come tecnica. Di facilmente trasmissibile c’è l’entusiasmo e la capacità imprenditoriale di figure come Ciro Salvo che pur proveniendo (come “Pizzaman” Sorbillo  e Ciro Oliva, altri due pizzaioli mediatici e al centro di mille attenzioni, per limitarci alla sola Napoli) da una famiglia di pizzaioli rimette tutto in discussione con il progetto 50 Kalò che affianca  alla classica pizzeria a Mergellina (Piazza Sannizzaro) un altro locale come 50Panino, dove dare sfoggio di bravura nel cucinare carni, hamburger e altre chicche in cui pane e impasto svolgono ruoli cruciali.

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La nostra esperienza full immersion è avvenuta in un “calmo” sabato sera napoletano, ovvero comunque uno standard impensabile per tante altre città per vitalità e gente che si riversa nei locali e nelle pizzerie. Ovviamente code fin dalle 18 del pomeriggio per avere un tavolo e potersi gustare in pace le proposte di Ciro.

Da 50 Kalò anche la carta dei vini è importante e insolita e si arriva a 67 etichette campane in carta con una spiccata propensione all’abbinamento alle pizze e la possibilità di realizzare percorsi al bicchiere da ristorante stellato. Il contesto è elegante ma siamo pur sempre in una pizzeria che mette tutti a proprio agio, cominciando dallo Champagne Rosè Joseph Perrier (6,5 € al calice, plauso!) servito sui “frittini” in apertura, crocchè, timballi di pasta, supplì alla crema di parmigiano (con riso arborio, crema di parmigiano Reggiano 24 mesi, guanciale croccante, provola di Agerola),  classici locali che però ribadiscono quanto Ciro sia a suo agio anche con la friggitrice insieme al piccolo grande capolavoro della pizza fritta: merito dell’impasto adattato per la cottura e particolare l’olio utilizzato.

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Proprio l’olio sarà un leit motiv di tutto il percorso: aggiunto spesso a crudo rappresenta un elemento fondamentale per apprezzare il lavoro di ricerca sugli ingredienti portato avanti da Ciro. Per l’olio infatti vengono usati il Frantoio Torretta per il Dop Colline Salernitane, l’Agricola Marsicani per l’extravergine Algoritmo 2017 DOP Cilento e il denocciolato da cultivar Itran  di Madonna dell’Olivo di Serre (Salerno) Itrana, piccante potente ma sempre agile grazie alla nota agrumata che lo equilibra al palato e su alcune pizze impegnative come la Gialla provola e pepe.

Di scena da qualche settimana il menu invernale perché, come i ristoranti di livello, anche qui il menu cambia con la stagione. Il territorio campano riserva sempre specialità ortofrutticole che vale la pena valorizzare quando è il momento giusto per farlo.  Anche per i vini la Campania è comunque la terza o quarta potenza italiana in fatto di premi e riconoscimenti e la qualità comincia ad essere davvero diffusa e alta, come dimostra il Contrada Salandra Campi Flegrei 2013 Piedirosso vino sapido croccante che sa di lamponi e fragole, pepato e agile, tannino lieve e perfetto sulla classica margherita, la pizza preferita di Ciro insieme alla Cosacca, ovvero le pizze dove gli ingredienti contano relativamente rispetto alla fondamentale presenza dell’impasto.

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Quello di Ciro è elastico ma anche croccante, bilanciatissimo, lieve ma deciso in una successione di contrasti e accelerate di piacere da carboidrato che si trovano davvero raramente. Una combinazione di fattori che ne fa forse la migliore margherita che possiate mangiare a Napoli, al di là del gusto personale qui davvero la tecnica e la mano sono indiscutibili. Arriva quindi la 50 kalò, emblematica come da nome e programma, con i pomodori corbarini di Casa Marrazzo, olive caiazzane, scarola e l’aglio dell’Ufita (alta Irpinia), olio del Cilento a crudo per un contrasto di sapori, acidità e dolcezze che trovano sponda ideale nel Colli di Lapio Clelia Romano 2016, un fiano dolce, sapido e freschissimo di acacia, agrumi e pepe bianco, cristallino e croccante come pochi altri.

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Le cose si fanno decisamente serie con la pizza cucinata, star del nuovo menu, ovvero la Pizza e Patate che anche nel nome richiama la “pasta e patate”, tradizionalissimo piatto campano. Immaginate una pizza il cui disco fa da base ad un crema di patate cucinate con sedano, carote, cotiche e croste di Parmigiano cui vengono aggiunti dadini di Parmigiano, provola di Agerola, pepe nero e l’olio extravergine DOP Colline Salernitane Torretta aggiunto a fine cottura. L’effetto è straordinario e complesso con rimandi piccanti, pepati e stuzzicanti con tutta la soddisfazione che si ha nel mangiare una pasta e patate, con in più il gusto della pizza sottostante che completa e aumenta l’esperienza.

Arriva nei bicchieri un classico mai dimenticato come il Terra di Lavoro Galardi nella sua edizione 2014 che unisce come sempre aglianico e piedirosso in un vino dal frutto ricco ma sapido: naso di pepe, cassis, more e prugne, sorso intrigante di macis, noci e olive, tannino preciso e levità di aromi. Ha dolcezza e grinta, lunghezza e placidità di classe come quella della complessa versione della pizza salsiccia e friarielli ovvero la pizza con l’aprilatica di casa Marrazzo, crema di broccoli, cacioricotta di bufala del Cilento, salsiccia di maiale nero, olio Marsicani Dop Cilento. È un piatto vero e proprio dove l’impasto si mescola e si sovrappone in maniera intrigante sia al sapore del vino che a quello degli ingredienti, quasi un affresco contemporaneo della cucina campana, non solo della pizza in sé.

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Chiude la carrellata un trittico di pizza al cioccolato dove Ciro comunque gioca con le creme spalmabili perchè sulla Montanara dolce: ci sono sia la crema di nocciole classica che la fondente più la ghianda della storica Fabbrica di cioccolato Gay Odin, tre modi diversi, per esaltare un impasto che è sempre il cuore della sua proposta.

Se all’esperienza di 50 kalò aggiungiamo quella di 50panino (hamburgheria gourmet, con dello costine di maiale dalla cottura maniacalmente perfetta) quello che appare evidente è la grande accelerazione su qualità  e ricerca che è stata fatta in questi anni di nuovo corso da parte di Ciro, una ricerca che porta sul suo impasto le migliori materie prime della regione e nazionali con il plusvalore di una selezione vini accurata e mai banale che con le proposte al bicchiere permette di realizzare percorsi di degustazioni intriganti. Con il bonus indiscusso di un locale che ha il caos calmo delle grandi pizzerie storiche, ma anche il comfort minimo (e la carta dei vini) che oggi si richiede ad un locale per poter essere capito e gustato al meglio.

Menzione speciale per i vini, siamo pur sempre su Intravino, e diciamo che dai bianchi  di Clelia Romano, Marisa Cuomo, Donnachiara, Guido Marsella, Tenuta San Francesco, Ciro Picariello, Luigi Maffini, Benito Ferrara ai rossi di Luigi Tecce, Quintodecimo, Agricola San Giovanni, Antonio Caggiano, San Salvatore, Salvatore Molettieri, Galardi, Montevetrano e i cru di Santacosta ci sono tutti i vini di cui si è tanto parlato in questi anni e passare da 50kalò diventa un’esperienza enoica che non ha niente a che vedere con quella che, in genere, si può fare in una pizzeria, anche di quelle più celebrate.

50 Kalò di Ciro Salvo
Piazza Sannazzaro 201/B, Napoli
tel:081 192 04 667
Aperto tutti i giorni
Orari: 12.30 – 16.00 e 19.30 – 00.30

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

4 Commenti

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Francesco S

circa 6 anni fa - Link

Bella recensione. Mi permetto solo di osservare che Agricola San Giovanni ha riscosso premi per i bianchi e non per i rossi.

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giacomo

circa 6 anni fa - Link

pizza birra caffè 8 euri

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Andrea Gori

circa 6 anni fa - Link

non si spende tanto di più da Ciro! ma il caffè come in tutte le pizzeria napoletane, non c'è...

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napulillo

circa 6 anni fa - Link

Buonissima, personalmente un autentico chiummo

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