Ciao Ernesto, grazie Costadilà

Ciao Ernesto, grazie Costadilà

di Emanuele Giannone

Quando ci lasciano persone stimate, che conoscevamo ma non frequentavamo regolarmente, non millantiamo familiarità. Il nostro dispiacere va di pari passo col riserbo. Una parola cortese di commiato e ringraziamento, oltre a uno spunto di riflessione. Si tratta di vini che hanno, al di là dei gusti e senza entrare nei giudizi che ne conseguono, significato molto. Almeno per me. Una novità (o riscoperta) in tempi non sospetti come quelli attuali di prosecchismi colfondisti sulla bocca e nei calici di tutti, tempi di vino che piace alla gente che piace, di parole usurpate e ridotte a facile payoff, di copywriter che stilizzano (e sterilizzano) il vocabolario dei vignaioli.

Il Prosecco, specialmente quello “col fondo”, è forse il vino che esemplifica meglio la derivazione scicchettona dell’affiliazione ex-fricchettona al movimento del vino naturale, o tradizionale, o artigianale. Un modo di fare vino che è evoluto in moda, arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica e semiologica. Non quello di Costadilà.

Il 6 agosto è morto a soli 54 anni Ernesto Cattel. Con la sua Costadilà, azienda nel cuore della DOCG, è stato uno dei produttori simbolo non solo del “col fondo” ma anche di un approccio biologico al mondo del Prosecco.

[immagine: Gli amici del bar]

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

2 Commenti

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Luca Ferraro

circa 6 anni fa - Link

La persona che più di tutti mi ha fatto capire quanto importante sia credere e portare avanti i nostri sogni, le nostre convinzioni. Non aveva paura di osare e spesso (quasi sempre) non scendeva a compromessi. Io non posso che ringraziarlo per avermi fatto capire che il ColFondo andava valorizzato, che noi produttori abbiamo dei doveri nei confronti di chi prima di noi produceva il “vin de butilia” e non dobbiamo svendere il re delle colline trevigliane per nessun motivo al mondo. Grazie Ernesto.

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Emanuele

circa 6 anni fa - Link

Nota esemplare. Grazie anche a te.

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