Castagnoli, quel Chianti classico sconosciuto ai più

Castagnoli, quel Chianti classico sconosciuto ai più

di Sabrina Somigli

In Chianti Classico ci si può ancora sorprendere. In un territorio che lavora con una qualità così alta e costante di anno in anno,  le sorprese sono poche. E bazzicando con costanza queste terre, le manifestazioni nei comuni e le anteprime si è portati a credere di conoscere più o meno tutto, di aver assaggiato non dico tutto, ma almeno non cadere dal pero se ti nominano la tale azienda o peggio ancora confonderla con un’altra. BEEP Errore!

La sorpresa c’è, ed è bella, e arriva da Castellina, proprio quella Castellina di cui si parla sempre poco rispetto ad altri comuni col marchio storico. Questa sorpresa ha un nome: Castagnoli. Anche se a sentirlo pronunciare il pensiero (il mio almeno) è andato diretto ad un’altra azienda del Chianti Classico pressoché omonima che però sta a Gaiole in Chianti. Agli zoppi grucciate e me misera.

E seppur è vero che il fattore sorpresa incide positivamente sull’impressione immediata e sul ricordo poi, questi Chianti Classico sono davvero pieni di grazia. Leggono fedeli un territorio in cui il sangiovese non è mai aggressivo, è materico, equilibrato, e che trova forza impressiva nel suo essere gentile.

E i vini di Castagnoli a Castellina questo sono; tra le bevute col galletto nero che mi hanno dato più soddisfazione negli ultimi tempi.

Li ho assaggiati per la prima volta a inizio estate, presente la coppia Andrea Di Maio – Giampaolo Chiettini, rispettivamente agronomo ed enologo, entrambi stupiti dal nostro stupore davanti a siffatti vini buoni sconosciuti. Ero in compagnia di prof Romanelli che sulla Toscana le sa tutte, “ma tu li conoscevi?” chiedo.

“No”. Risposta che lì per lì mi rinfranca, ma mica poi tanto.

Vado quindi con la googlata salvifica; nulla, silenzio, neanche due righe dedicate in rete. Una ulteriore sorpresa.

“Puoi fare anche il vino più buono del mondo ma se non lo fai conoscere..” sai quella osservazione ad alta voce che facevo meglio a mangiare un grissino, poi il cracker e anche il tovagliolino di carta.

Finito l’imbarazzo ne escono un paio di risate e la proposta di una visita in azienda.

Castagnoli era in antichità un’abbazia, luogo di preghiera e silenzio, che a quanto pare si porta appresso ai giorni nostri. Un silenzio tombale non più giustificato anzi,  la mia preghiera è visitate questo posto e “bevetene tutti” in remissione del peccato semmai di non averli bevuti prima.

La tenuta si trova lungo la SP 130 di Castagnoli appunto, che da Castellina scende verso Poggibonsi. Quella parte del comune chiantigiano che guarda ovest e sud ovest, ovvero un ampio anfiteatro, con uno spettacolare affaccio sulla Val d’Elsa.

Lungo la statale che porta a Castellina sfido anche i pendolari a non cedere alla tentazione di sostare qualche minuto al punto panoramico di Ricavo per godere d’una vista a 180° che volge da Certaldo fino a Monteriggioni passando per le torri di San Gimignano. Castagnoli sta a 5 km da qui, l’esposizione è la stessa e la visuale di conseguenza. Una bellezza che ammutolisce.

Questo versante del comune di Castellina è una conca di luce da mattina a sera e vento. Qui le pendenze delle colline sono piuttosto pronunciate, tanto che il paesaggio è segnato da molteplici muretti a secco. A Castagnoli la maggior parte dei vigneti insiste su lembi di terra terrazzati, su cui troviamo viti e olivi in filari alterni. 11 ettari vitati e altra sorpresa, la metà di questi con viti allevate ad alberello impiantate almeno una dozzina di anni fa.

La proprietà è stata acquisita dieci anni fa dalla famiglia Schefenacker, tedeschi, che con rigore germanico hanno operato in maniera attenta e meticolosa sulla tenuta, mantenendo l’alberello, introducendo altri vigneti a guyot e realizzando una minuziosa mappatura dei terreni per composizione pedologica (mica discorsi).

Ottimo lavoro sul serio. Ora dovrebbero dedicarsi anche agli aspetti di marketing e pubbliche relazioni che volenti o nolenti sono l’altra metà del vino. Per grande vino ci vogliono grandi PR.

Questi gli assaggi sorprendenti, fortemente affini, come una grande famiglia che porta lo stesso cognome.

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Castagnoli Chianti Classico: sangiovese 100%, proveniente dai vigneti I salici, Laghi, Ginestrini e Vigna nuova. Circa la metà sono impianti ad alberello.

CC 2015: l’equilibrio; ha un gusto smussato che dire rotondo sarebbe troppo, la sapidità si fa avanti decisa ed è un lungo finale pulito di frutto rosso, ciliegia e calore piacevole.

CC 2016: al solito questa annata parla una sua lingua pura e forbita, articolata in freschezza di ciliegia e alloro. La nota ematica sale viva e caratteristica. La bocca è succosa, fluida, con un finale in grande spolvero, lungo e appagante; classico fino al midollo per espressione territoriale e annata.

CC 2017: lettura nitida di una annata cocente, che però tiene freschezza (probabile effetto dell’alberello viene fuori ragionando con l’enologo). C’è più concentrazione nel colore e al naso, la frutta si fa più matura, è anche prugna, frutti di bosco, cenni di pomodoro. Caldo, la morbidezza lo rende docile ma appena fuori equilibrio per un alcol da millesimo che si fa sentire

CC 2018: ancora il frutto nella sua versione succosa, macchia mediterranea, cenni di ginepro e corbezzolo. Ha un bello sviluppo in bocca che si snoda con acidità, freschezza balsamica e tannino saporito che lo completa e ne prolunga il finale gradevolmente amaricante.

Terrazze Chianti Classico Riserva: sangiovese in purezza dai vigneti Labirinto e Leccio Alto. La percentuale delle uve provenienti da alberello è superiore rispetto al chianti classico di annata.

Terrazze 2014: quando la 2014 si è risolta in positivo ne scappano fuori vini eccellenti. Come in questo caso, dove la percezione di leggera diluizione del sorso gli dona quella beva incredibile che tanto amo nei sangiovese. Ma in questo caso il sorso sposa la leggiadria con una complessità di aromi che superano il frutto nero e la prugna, e si arricchiscono di tabacco, cenni affumicati, una speziatura piccantina appena accennata che lo rende intrigante e raffinato.

Terrazze 2015: sostanza; è ricco, il frutto è più marcato, così come le spezie si fanno più evidenti; il sorso è generoso, largo in bocca che lascia spazio a una energica scia salina, sostenuta da una trama tannica che è seta.

Terrazze 2016: la bellezza di una annata qui si traduce in slancio e gestione tannica perfetta. È dinamico in bocca, goloso tra frutto rosso e cenni di salvia, dragoncello e bacche di ginepro.

Terrazze 2017: stessa vitalità al palato che può sorprendere in questa terra assolata. Ha tannini più mordenti, frutto intenso di mirtillo che ritorna lungo; vino con volume portato con estrema grazia

Salita IGT:  100% sangiovese ottenuto da un singolo vigneto, anzi una porzione di questo che è il vigneto Salita appunto, forte pendenza, maggior presenza di argille. Solo vigne ad alberello su muretti a secco. In pratica un cru, una selezione, una Gran Selezione volendo, ma esce come IGT. I misteri del marketing non pervenuto.

La questione alberello in Chianti Classico meriterebbe un approfondimento. Mi spiegano che i costi di gestione sono 3-4 volte superiori a quelli di un impianto a guyot. I benefici dell’allevamento a alberello sono noti, ma per la nostra zona il gioco vale la candela? Lascio la domanda aperta..

Salita 2015: naso deciso di macchia mediterranea, mirto ed erica (quella che sa di Sardegna selvaggia), cenni terrosi. Bocca succosa e docile, compatta e definita, su cui compare nel finale un cenno di rovere più evidente rispetto agli altri vini, ma che arricchisce e non copre.

Salita 2016: sangiovese sanguigno, dalla trama tannica fine e sottile; sorso che trascina ben supportato da spezie e essenze boschive e corteccia. Passo leggero ma che lascia il segno

Tommaso Ciuffoletti fine conoscitore di questa terra in questo articolo si chiedeva dove fosse Castellina. Castellina è anche qui e mi unisco alla sua dedica d’amore per questo comune, per le sue genti e per il suo sangiovese dal cuore gentile a cui amor ratto s’apprende.

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Sabrina Somigli

Chiantigiana di nascita, microbiologa di formazione, poi sommelier e ristoratrice per vocazione. Raccolgo erbe spontanee e non è colpa della laurea in scienze agrarie; amo il vermouth liscio e il brodo caldo ma non per questo so sferruzzare a maglia. Mi sono appassionata al vino più o meno vent'anni fa, quando lavoravo in Tasmania; ci rido ancora pure io, tranquilli. Credo nel bevi e lascia bere e raccontane se vuoi, ma sii breve.

8 Commenti

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Tommaso Ciuffoletti

circa 4 anni fa - Link

Mi ricordo il grande Martin, che lavorava a Castagnoli fino a qualche anno fa. Oltre ad essere vicinissima a Castellare, alla Chianti Classico Collection avevamo il banchino accanto e i loro vini erano sempre molto belli! Brava Sabrina!

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Horace

circa 4 anni fa - Link

interessante, qualcosa fuori dai soliti nomi. Rispetto ad un Castello di Monsanto ipotesi, come si colloca?

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sabrina somigli

circa 4 anni fa - Link

Si colloca a sud est e in una provincia diversa!!

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Fabio Rizzari

circa 4 anni fa - Link

La suddetta "googlata salvifica" non è stata proprio puntualissima: l'acuto collega Ernesto Gentili scrive note lusinghiere sui vini di Castagnoli da diversi anni. Qui un esempio dei primi del 2018: https://www.ernestogentili.it/vini-rossi/anteprima-chianti-classico-2016-febbraio-2018/ Quindi scrivere "silenzio, nemmeno due righe dedicate in rete" non è esatto.

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sabrina somigli

circa 4 anni fa - Link

Grazie Fabio Rizzari per questa importante segnalazione. Una fonte autorevole a sostegno della validità dei vini di Castagnoli

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Maurizio

circa 4 anni fa - Link

" Per grande vino ci vogliono grandi PR." Che brutta frase, è pieno di grandissimi vini fatti da grandissimi produttori, che nelle PR sono disastrosi e personalmente non lo trovo affatto un punto a sfavore, anzi. Associare a un buon lavoro di PR lo status di grande vino è in sintesi uno dei più grandi problemi della comunicazione del vino odierna dove si parla spesso di vino mediocri solo perché hanno ottime PR.

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sabrina somigli

circa 4 anni fa - Link

L'espressione è presa a prestito da un vecchio spot di pennelli.. Una pennellata anni 80 per svegliare l'attenzione del lettore. Comunque PR è tutto ciò che il produttore può e vuole utilizzare per far conoscere il suo vino. Non per forza PR coincide col ricorrere a noti studi di comunicazione

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fabio susini

circa 3 anni fa - Link

Assaggiato in questi giorni il Chianti Classico 2015 Mi è piaciuto molto: intenso e profondo . Si beve bene e ha un finale molto lungo.

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