Breve storia incompleta delle bocciature alla commissione per la DOC

di Fiorenzo Sartore

Per scrivere “denominazione di origine” (controllata, a volte garantita) su un’etichetta, un produttore deve rispettare alcuni parametri. Deve avere una vigna piantata in un’area geografica prevista dalla legge che regola la denominazione (e questa era facile). Poi, una volta fatto il vino, deve spedire i campioni alla commissione provinciale di assaggiatori che valutano i parametri di tipicità, sempre secondo la norma di cui sopra, che si chiama “disciplinare”. In questo passaggio avvengono, di tanto in tanto, fatti mirabolanti: per esempio, alcuni produttori insospettabili vengono bocciati in commissione, e non ottengono la Doc.

Il fatto più recente riguarda Beniamino Zidarich, Sandi Skerk e Rado Kocijancic: tre produttori iscritti nella Doc Carso. I loro bianchi, prodotti secondo il sistema vin-naturista della macerazione a contatto con le bucce, non hanno ottenuto la Doc in quanto troppo opalescenti, mentre il disciplinare richiede il parametro della limpidezza. C’era stato un tentativo di modificare la norma, per ammettere queste nuove (oppure vecchie) interpretazioni enologiche, ma senza successo. Significa che i loro vini non sono buoni? No. «Grazie a loro è stato elevato un territorio come il Carso – ammette Rodolfo Rizzi – presidente di Assoenologi regionale e della commissione di degustazione di Gorizia – la loro è viticoltura eroica». La commissione, a maggioranza, ha rilevato solo il colore “sbagliato”, non certo un livello qualitativo basso.

Altra bocciatura recente: Terre Silvate, il verdicchio de La Distesa, che probabilmente per lo stesso motivo (la limpidezza del colore) viene imbottigliato, per l’annata 2011, come Marche Bianco IGT. Anche qui, non è una valutazione riferibile alla bontà del vino, tuttavia la declassazione contiene un messaggio ambiguo che evoca esattamente quello.

Eppure, come detto, la qualità del vino sembra essere l’ultimo dei parametri da analizzare, per le commissioni che conferiscono la Doc. Nella redazione digitale intravinica Fabio Cagnetti mi ricordava che “a Montalcino c’è Soldera che ha avuto spesso Brunello rivedibili, salvo poi farli passare. Chi invece ha dovuto far uscire un grande Brunello come IGT a causa del colore è un altro produttore gambelliano: Piero Palmucci. Il Decennale 2001 doveva essere il suo Brunello Riserva. Un altro che ha grossi problemi con le commissioni, ma alla fine l’ha sempre spuntata è Giovanni Canonica con il suo Barolo Paiagallo. E poi c’è un Barolo etichettato come Vino da tavola, il Torbido! di Cascina Ebreo“. La macchinosità che sta intorno all’attribuzione delle Doc ha generato anche vini come il No Name di Borgogno: “un vino senza nome, un gesto di invito a riflettere sull’esagerata burocrazia che affligge il mondo del vino e dell’agricoltura italiana”.

In compenso le commissioni per le Doc diventano tolleranti quando assaggiano i vini da hard discount, sul genere di certi Chianti che troviamo in vendita a due-tre euro la bottiglia. Circa la qualità di quei vini la comunità degli enobloggaroli si era espressa annorum fa. Di una cosa possiamo stare certi, quei Chianti hanno un colore perfetto. Come è altrettanto certo che il termine Doc non si identifica, da solo, con “qualità”.

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

39 Commenti

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Luca Risso

circa 12 anni fa - Link

Quando ci sono delle regole o ci si adegua o si cambiano le regole. Se uno è così intransigente da considerare un peccato mortale una piccola chiarifica o una leggera filtrazione, non deve nemmeno proporli i suoi vini per la DOC se il disciplinare prevede la limpidezza come parametro dirimente. Luk

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luigi fracchia

circa 12 anni fa - Link

Ma se il disciplinare non si aggiorna e non segue l'evoluzione dei prodotti del territorio su cui insiste e dei consumatori, siamo di fronte all'ennesima ossificazione burocratica del nostro paese. Le leggi non sono promulgate una volte per tutte ma devono seguire le dinamiche socio produttive, se non ci riescono è colpa del legislatore e degli enti che le sorvegliano, non del produttore. Trovo fuorviante vedere sempre i cittadini/produttori in posizione ancillare e sottomessa alle norme invece esserne tutelati.

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Luca Risso

circa 12 anni fa - Link

Ma i produttori possono cambiare i disciplinari come e quando vogliono, in meglio o in peggio eventualmente, vedi dispute sul Brunello Luk

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Riccardo Francalancia Vivanti Siebzehner

circa 12 anni fa - Link

D'accordissimo con Luca. Allo stesso tempo però ritengo il sistema delle denominazioni, così come è impostato, con disciplinari troppo spesso senza senso, troppo spesso approssimativi e senza una minima base storica, una vera assurdità. Porto ad esempio l'ultima, indecente, modifica alla DOC Candia dei Colli Apuani, dove le basi storiche di produzione sono state mandate del tutto a farsi friggere o l'istutuzione dell'altra inutilità chiamata IGT Costa Toscana, di qualche anno fa. Ma che senso ha tutto ciò!? Meglio far uscire i vini come vini da tavola o azzerare il sistema DOC e ricostruirlo seriamente perchè ora come ora fa ridere.

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suslov

circa 12 anni fa - Link

non dimentichiamoci poi del mitico spigau crociata di rocche del gatto un vino che sembra venga dall'alsazia ma che e' stato bocciato dalla commissione DOC del pigato

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Fiorenzo Sartore

circa 12 anni fa - Link

bravo Suslov, quello proprio l'avevo saltato

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Luca Risso

circa 12 anni fa - Link

Lo Spigau almeno è limpido. Fu il colore il problema. Aggiungiamo che le bocciature sono più frequenti di quanto si pensi. Nel 99% dei casi il produttore rimedia e poi supera l'ammissione. Famoso fu anche il chianti di Isole e Olena ammesso bocciato perché scarico di colore.... Fausto ha trasformato quella esclusione nella sua fortuna; è una cosa che lo ha reso giustamente famoso. Oggi i suoi vini sono sicuro che passerebbero, ma lo Spigau mi pare rimanga sempre vdt. PS magari è utile rammentare che i disciplinari sono scritti dai produttori medesimi... Luk

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suslov

circa 12 anni fa - Link

beh insomma limpido limpido forse no comunque un grande vino e non dimentichiamo il SOMMO montevertine, IGT forever anche se e' il sangiovese piu' sangiovese che ci sia ... credo che dovettero pure pagare una multa per aver usato la dizione RISERVA non c'e' limite all'imbecillita' dei burocrati

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Stefano Menti

circa 12 anni fa - Link

Vero Luca, i disciplinari sono scritti e votati dai produttori stessi. Peccanto che di solito le aziende che hanno più peso di voto, sono quelle che producono più quantità e non sempre tipicità. Io ho avuto amici con vini scartati perché non espressivi del territorio (erano non filtrati ma limpidi). Altri vini invece che grazie a lieviti selezionati sanno profumi non di territorio, vengono approvati.

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Luca Risso

circa 12 anni fa - Link

E qui siete voi che dovete farvi valere, magari uscendo in massa da una DOC per farne un'altra. Mi pare che a volte si voglia la botte piena e la moglie ubriaca. Una DOC diventa famosa e tira, però si vuole fare il vino "diverso" da quanto prescrive la DOC, ma si vuole usare egualmente per ragioni di "tiro" commerciale il nome della DOC stessa. Insomma tutto mi pare che si possa dire tranne che il pallino non sia in mano vostra, ovvero dei produttori Luk

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iris

circa 12 anni fa - Link

a me sembra sconvolgente che tra i parametri per avere la doc la qualitá del vino sembri essere il meno significativo. queste regole oramai sono da cestinare. mi sembra assurdo che quando si parla di vini doc bisogna sempre precisare che non è detto che si tratti di buoni vini e che a volte vdt invece possono essere grandi.noi siamo un paese strano. ps jacopo sempre interessanti le cose che scrivi! Ah Jacopo, ma che je fai a ste donne? Cara Iris, PURTROPPO il post lo ha scritto Fiorenzo ;-) [ale]

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Pietro Stara

circa 12 anni fa - Link

L'argomento mi sembra davvero interessante anche perché si apre immediatamente a molte varianti e ad altrettante domande: innazitutto se le doc siano rappresentative di un territorio oppure soltanto di pratiche viticole. O di entarmbi? Alcuni pensano che sia stato meglio uscire dalle doc per rappresentarne al meglio il vero spirito (alcuni biodinamici ad esempio)delle stesse. Altri ancora la pensano in maniera diametralmente opposta. E poi quali vitigni per quale territorio? E' possibile ad esempio fare un vino rappresentativo di un territorio con un vitigno di un'altra zona? E poi ancora: un disciplinare aperto, che consenta pratiche molto differenziate e quindi risultati molto differenti (vini più o meno torbidi, ...)non rappresenta in realtà la fine dell'idea stessa di un disciplinare? Oppure l'idea di un disciplinare che abbia funzione esclusiva di cornice in cui il contenuto è esprimibile con modalità a volte opposte? E infine, la domanda più secca: non stiamo forse assistendo alla fine delle denominazioni così come le abbiamo conosciute fin d'ora? Il proliferare di forme di autocertificazione (tra produttori ad esempio)anche attraverso forme associative, di cui le fiere non sono che l'estensione pubblica di tali pratiche, non è forse l'esempio di come si stia tentando di proporsi sia all'interno, ma soprattutto all'esterno, in forma altra rispetto alle agglomerazioni rappresentate dalle denominazioni di origine? E poi, in questa corsa forsennata, quanto insensata, alle docg cosa può rimanere, se non un 'marchio' di origine forte (Barolo, Brunello...), lasciando alla deriva indifferenziata tutto il resto?

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maurizio gily

circa 12 anni fa - Link

Mi pare che si usi in modo improprio il termine qualità: la qualità non è una proprietà oggettiva del prodotto, e non riguarda solo il sapore e l'odore, ma è la rispondenza alle aspettative, espresse o inespresse, di chi lo consuma. In base ai parametri stabiliti dai disciplinari la limpidezza e una certa tonalità colore SONO parametri di qualità, in quanto la grande maggioranza dei consumatori li ritiene tali e se li aspetta da quel vini. Quindi è come dice Luca, o si cambiano i canoni, o a quei vini va negata la DOC. Il che non vuol dire che in assoluto non siano buoni, e che non possano avere estimatori e successo. Un vino che risponde a una denominazione di origine, sia pure nella diversità degli stili produttivi e delle caratteristiche dei diversi terroir, deve essere riconducibile a un certo modello, se no che denominazione é? Sul fatto che le commissioni promuovano spesso, per contro, vini assai mediocri ma dall'aspetto perfetto, e che spesso le commissioni non siano all'altezza dell'incarico, sono pienamente d'accordo. Discorso complesso e di difficile soluzione. Il fatto è che l'esame visivo è quello più facile e oggettivo, se un vino è velato lo è per tutti, perciò chi cade su quello ha poche speranze di passare.

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Stefano Menti

circa 12 anni fa - Link

Tutto giusto quello che dici Maurizio. Ora stavo riflettendo, i tre produttori del Carso bocciati sono veramente produttori di spessore, che assieme a Kante e altri hanno fatto crescere il Carso. Finora non gli sono mai stati bocciati i vini (penso). Dunque, o hanno iniziato ad imbottigliare i vini più torbidi che in precedenza, oppure siccome le certificazioni non le fa più la Camera di Commercio ma degli enti PRIVATI (primo fra tutti ValoreItalia), i degustatori dei nuovi enti certificatori non sono ancora stati ben formati, che poi sul vino tipico essere ben formati non vuol dire essere dei grandi enologi ma dei cultori e appassionati della tradizione e del territorio.

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Luca Risso

circa 12 anni fa - Link

Stefano mi insegni che fare un vino naturale significa fuggire ideologicamente da un criterio di riproducibilità e omologazione per affidarsi "in toto" al segno del millesimo. A me pare invece più probabile che l'annata in questione abbia determinato per i vini in questione delle difficoltà oggettive in vinificazione. Luk

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Stefano Menti

circa 12 anni fa - Link

Questo non lo so Luca, ovvero non so di che annata stiamo parlando e non so se abbiano utilizzato il solito tempo di decantazione, anche se conoscendoli, penso che l'affinamento venga rispettato e di conseguenza la decantazione.

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Uno Nuovo

circa 12 anni fa - Link

I tecnici e gli esperti degustatori di vini a D.O. sono persone iscritte nei rispettivi elenchi ora tenuti dalle Regioni (D.M. 11/11/2011). Anche se le commissioni sono passate in molti casi a Valoritalia e a strutture di controllo "private" , gli elenchi da cui pescare i componenti sono sempre quelli.

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gianpaolo

circa 12 anni fa - Link

ne conosco alcuni che fanno fatica a distinguere un cabernet da un sangiovese. Aspetta un momento....ah, ora e' tutto chiaro!

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Luca Cravanzola

circa 12 anni fa - Link

Stavo per scrivere la stessa cosa. Condivido al 100%

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Francesco Fabbretti

circa 12 anni fa - Link

Io sarò passato a miglior vita ma anche da lassù tirerò un sospiro di sollievo quando il concetto di denominazione di origine sarà defalcato, le zone vitivinicole mappate in stile borgognotto (village, 1er e grand cru) dal Masna e i suoi discepoli, i vitigni ammessi per ogni enclave produrriva non saranno più di 3-4 per i rossi e altrettanti per i bianchi e almeno la metà saranno tradizionali e costituiranno almeno l'80 per cento del vino dell'appellation. Ne tirerò un altro quando avremo eliminato una infinità di luoghi la cui denominazione è stata elargita nel tempo dal politico di turno in vista rielezioni... tanto sognare non costa niente

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Riccardo Francalancia Vivanti Siebzehner

circa 12 anni fa - Link

Finalmente un discorso con le palle (passatemi il francesismo)!! Da oggi sei il mio idolo! Sappilo. ;-)

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Green Manalishi

circa 12 anni fa - Link

Posso unirmi all'idolatria? Leggendo l'articolo, ho pensato esattamente alla stessa cosa. Ma, purtroppo, temo che prima di vedere classificazioni come quelle che indica Francesco, dovrò rinascere 7-8 volte.

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Zakk

circa 12 anni fa - Link

Magari rinasci sotto le spoglie di Rob Halford.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 12 anni fa - Link

Mi bocciarono cento ettolitri di Chianti1992 che era rispondente alla grande a tutti i parametri del Disciplinare, e ancora mi domando il perché. Oltretutto, nonostante l'annata, era un gran bel vino. Il vero guaio delle commissioni DOC e DOCG é che solo il presidente é fisso, gli altri sono sorteggiati da un albo infinito a cui si può iscrivere quasi chiunque si sia occupato di vino; se uno becca un sorteggio di incapaci può succedere di tutto.

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Luca Risso

circa 12 anni fa - Link

...e questo effettivamente mi pare un grave problema, non legato al disciplinare "in sé" ma alla grave incompetenza Luk

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Uno Nuovo

circa 12 anni fa - Link

"Chiunque si sia occupato di vino", non è così semplice. Il guaio è la norma a monte: per iscriversi negli elenchi, sia dei tecnici che degli esperti, oltre ai titoli occorre documentazione comprovante esperienza sulle denominazioni dichiarate, scritto in maniera molto generica e senza indicazioni precise se non quella di aver svolto attività di degustazione in forma continuativa almeno nei 2 anni antecedenti la data di presentazione della domanda. Tale esperienza deriva nel 99% dei casi da esperienze fatte in cantina, quindi i tecnici sono enologici che lavorano nelle cantine e gli esperti sono collaboratori/consulenti di cantine nella stragrande maggioranza dei casi. Ergo nelle commissioni ci sono sostanzialmente i produttori e i loro dipendenti.

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pragmatist

circa 12 anni fa - Link

Il problema di base è che non si ci ricorda sufficientemente bene cosa significa "denominazione di origine controllata e (talvolta) garantita: l'apposizione del contrassegno di Stato non può (e non vuole in fondo) garantire quanto sopra e questa a vedere bene è un'equivoco di fondo di non poco conto. Mettiamoci in testa poi che le commissioni e le DOC in genere sono atte tuttalpiù atte a garantire la rispondenza ad una generica qualità merceologica, spesso intesa nella sua espressione più banale. Niente più. Questo è semplicemente troppo poco. Sarà un gran giorno quando i disciplinari di produzione saranno invece davvero in grado di verificare inequivocabilmente l'origine delle uve, basterebbe già questo, se questo fosse ovviamente accompagnato da un minimo di perizia tecnica enologica minima per la trasformazione in vino,perchè allora ci troveremo di fronte "inevitabilmente" ad un vino "buono", almeno se il territorio d'origine vale qualcosa in termini enologici, ma questo dovrebbe essere stato verificato prima ovviamente, al momento dell'istituzione della denominazion stessa. E questo è sempre avvenuto in questo paese ?

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gianpaolo

circa 12 anni fa - Link

Sopratutto nelle denominazioni che hanno varieta' scariche di colore, come il Sangiovese, ci sono problemi a non finire. A me fu fatto rivedibile e poi bocciato 250 Hl di Morellino di Scansano, poi ripescati alla commissione del Ministero (che funziona) come una specie di corte d'appello. Ancora altre volte, sempre per il colore, altri 100 Hl di Morellino. Ho chiesto di vedere i campioni degli altri vini passati nella stessa sessione, neri come la pece, peccato che di sangiovese ve ne fosse poco. Il colore e' stato modificato dagli enologi con tagli spesso pesanti con uve "migliorative", e si e' persa la cognizione di quello che e' il vero colore, o almeno il colore prevalente di una certa uva, grazie alla moda dei vini carichi. Le commissioni di degustazione sono spesso fatte da persone della cui competenza e' lecito dubitare, oppure da enologi che lavorano in aziende della denominazione stessa (la degustazione e' alla cieca, ma tu sai se in quella sessione c'e' un tuo vino o no, e questo fa una bella differenza). Visto che le commissioni non devono stabilire la qualita' di un vino, e non ce la fanno neanche volendo, perche' allora non sostiuire la commissione di degustazione con analisi chimico - fisiche, dove ci sono dei valori, come succede per l'acidita', l'alcol e il residuo, anche per il colore, cosa peraltro facilissima da fare. E perche' non usare anche le tecniche di analisi molecolare, per rilevare presenze di uve non ammesse oppure in quantita' non consentite. In questo modo uno lo sa quali sono i paramentri, certi, che si devono rispettare, perche' qui ogni volta e' una roulette russa, a seconda di chi capita in commissione.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 12 anni fa - Link

Perchè i parametri gustativi non sono (almeno per ora) quantificabili con analisi e ad un vino DO si richiede la tipicità, che si concretizza per buona parte in sapori e aromi. A scanso polemiche secondo me la tipicità è un fatto molto reale, per quanto difficile da definire possa essere.

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Gianpaolo Paglia

circa 12 anni fa - Link

pero' guarda caso le bocciature avvengono sempre per il colore e /o per riduzioni. Non ho mai sentito di un vino bocciato perche' "non tipico" a Scansano, e si' che di vini "non tipici" ne sono passati diversi.

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Remo Pàntano

circa 12 anni fa - Link

... per quanto concerne la descrizione dei parametri organolettici i disciplinari di produzione sono veramente ai minimi termini: aspetto limpido, colore rubino, tipico e via dicendo! E' normale che se un vino da scaffale si presenta limpido, di colore rubino ed è approssimativamente tipico, passa e diventa DOC. Il grande vino d'artista con più terroir ed estrema qualità rischia di essere declassato, perchè magari torbido! C'è da educare il consumatore e rivedere l'istituto delle denominazioni, bè, un lavoretto mica da ridere! il gustologo prosit...!

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gianmarco

circa 12 anni fa - Link

mi pare di ricordare che in passato anche il montefalco rosso di bea (che poi l'ha scritto in etichetta...) e il ghemme di arlunno (cantalupo) sono stati bocciati. mi sembra che il "problema" capiti statisticamente più spesso ai produttori di stile tradizionale. e questo è un vero paradosso

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Ziliovino

circa 12 anni fa - Link

Mi sembra così strano che vi siano commissioni che danno così tanta importanza ai colori scarichi fino alla bocciatura... Macerati a parte, che probabilmente visto il radicamento della pratica in quella zona potrebbero impegnarsi (se non l'avessero ancora fatto) a cambiare il disciplinare. Ad oggi purtroppo non rispettano il disciplinare... Io partecipo ad una commissione di degustazione e devo dire che ogni volta mi lamento delle maniche troppo larghe dei colleghi... Gran parte dei vini "da appassionato" li boccerei senza rimorsi, ma purtroppo, tutto sommato i disciplinari li rispettano e vanno promossi. Fin'ora mai nessuno ha dato molta importanza a colore/velatura. Tanto per spiegare, le commissioni sono composte da 5 membri, per essere bocciato/rivedibile devono votare contro almeno 3 membri. Al primo passaggio in commissione se non passa è detto rivedibile, a quel punto il produttore può apportare modifiche al vino e ripresentarlo. Altra commissione (diversa) ma stessa maggioranza (3 su 5) e se viene bocciato non può essere ammesso alla DOC-DOCG. A quel punto il produttore può far ricorso a Roma, dove dovrebbe essere sottoposto ad una ulteriore commissione (ma non so bene come funzioni). Quindi per essere bocciato deve mettere d'accordo diverse persone.

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Uno Nuovo

circa 12 anni fa - Link

Capita spesso che quando i campioni bocciati arrivano nelle commissioni di appello del Ministero ottengono l'idoneità. Un vino per essere bocciato/non idoneo deve essere veramente zeppo di difetti e carente di caratteri specifici.

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Zakk

circa 12 anni fa - Link

Di quale DOC se possibile? Come si fa ad entrare nel giro?

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Alessandro

circa 12 anni fa - Link

http://www.glamfood.it/leggi_articolo.aspx?id=98 queste statistiche hanno previsioni tutt'altro che favorevoli per DOC e DOCG, quindi non vedo perchè perderci tanto tempo ... Le denominazioni d'origine sono un concetto ormai obsoleto e l'unica soluzione sarebbe "copiare" il modello dei cugini francesi come suggerisce il signor Fabbretti, per mantenere un reale rapporto territorio-vino!

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Marino

circa 12 anni fa - Link

Quest'anno il sempre ottimo cerasuolo d'Abruzzo di Pepe (non uno qualsiasi) uscirà come Rosato d'Abruzzo (quindi presumo IGT) quando la famiglia Pepe ha chiesto alla commissione il perché gli è stato risposto perché è troppo scarico e non è il colore da cerasuolo (fin qui più o meno tutto ok!) ma poi èsstato detto alla famiglia Pepe che avrebbero dovuto fare "qualcosa" per renderlo più scuro e concentrato perché sarebbe stato un peccato non fare uscire il vino con la Doc loro si sono rifiutati. Questa è l'Italia!

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salva

circa 12 anni fa - Link

Una delle ultime prodezze della burocrazia italica (commissione IRVOS) ha dichiarato rivedibile la Malvasia Punta dell'Ufala di Paola Lantieri in quanto non compatibile in gusto e profumo con la DOC Malvasia delle Lipari Passito. Ora, io penso che tale "riconoscimento" null'altro è che un omaggio alla diversità di tale vino rispetto a molti altri suoi competitor, ma, nel contempo, mi chiedo se i nasi di questi tizi della commissione siano tarati sui caratteri organolettici di tipicità e territorio o, se invece, lo siano su valori più internazionali? Per quale motivo non si interrogano su quanti ettolitri di vino vengono etichettati come Malvasia delle Lipari e Moscato di Pantelleria.....che neanche le cipolle di Tropea ed i pistacchi di Bronte!!!!!!

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Enrico

circa 12 anni fa - Link

Produciamo Chianti Classico e negli ultimi anni abbiamo avuto, vado a memoria, 4 vini fatti rivedibili dalla commissione della camera di Commercio di Firenze. Il difetto comune ai 4 casi era quello del colore (scarico di colore, il dato gustativo variava), mi ero fatto l'idea che le commissioni zeppe di individui beceri e corrotti non apprezzassero i chianti classico fatti senza l'aggiunta di internazionali, ero arrabbiato, furioso e frustrato. Perché devo assaggiare vini approvati e con la fascetta li belli esposti negli scaffali delle enoteche o dei supermercati o offerti da ristoranti che di Chianti Classico non sono parenti manco alla lontana e invece i nostri vini vengono respinti. Alla prima volta ho pensato, una volta rimandato il vino e che questo era stato approvato, sarà stata la bottiglia. Ma la seconda, la terza e la quarta mi sono sentito solo stupido, si stupido, profondamente stupido. Tentiamo di rispettare il Chianti e di renderlo bello e bevibile senza snaturarne la tipicità, cerchiamo con l'esperienza di superare le furbizie dei vicini, di cercare una via a un gusto senza il bisogno di raccontare balle e questo è il premio dello sforzo? Pensavo che questa storia della tipicità stesse diventando veramente incomprensibile tutti parlano di territorio e di rispetto, ma poi cadiamo sempre e soltanto su quello che ci piace, come se la macchina più bella fosse quella che va più veloce. Poi chiacchierando con amici e conoscenti che sono all'interno delle commissioni, ho scoperto che altre commissioni fanno rivedibili anche vini marmellatosi e bomboloni perché ritenuti poco tipici, e addirittura ho sentito qualche produttore lamentarsi di ciò. Adesso penso che il vino essendo un idroalcolico tende a far annebbiare le menti e che forse è meglio assaggiarsi un bel bicchiere di quello buono, Tanto sono solo giudizi di persone che non avevano il mio bicchiere.

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