Bere Lento alla fiera del Sagrantino di Montefalco

Bere Lento alla fiera del Sagrantino di Montefalco

di Federica Benazizi

Il treno per Foligno è in ritardo. Ansia. Il treno per Foligno è in ritardo di 10 minuti. Sorrido.

Cambia la quantità di tempo che definisce il ritardo, ma il risultato è diverso. Per Pavlov il cane, come per tutti i cani, il tempo non importa, fino a che noi glielo insegnamo noi con la famosa campanella, o con le nostre tristi routine quotidiane. È terribile. Non potevamo tenerci l’attesa per noi e l’abbiamo dovuta insegnare persino ad un’altra specie.

Ma col vino, almeno quello buono, non c’è niente da fare. Tocca aspettare.

Il vino buono si nutre del tempo o meglio dell’attesa. E io so che che quello per Montefalco sarà un viaggio lento, costellato di attese. Ma voglio farne buon uso. Il tempo non si perde né si guadagna, a meno che non se ne è convinti.

Il Sagrantino di Montefalco nella sua versione secca è un vino che invecchia per almeno 33 mesi in botti di rovere poi, come se non bastasse, affina in bottiglia per almeno 4 mesi. È un tipino che si fa aspettare. D’altro canto, per longevità può essere paragonato ai grandi Barolo e Brunello di Montalcino.

Una giovane sommelier mi raccontava che per lei la cosa più affascinante nel vino era l’immortalità. Il genio nella bottiglia, o meglio la capacità comune ad alcuni vini – non tutti, sono taluni “eletti” –   di attraversare gli anni nella bottiglia senza invecchiare, nel senso di peggiorare, ma addirittura migliorando/evolvendo nonostante il tempo. Riconosco la stessa tensione, in enofili giovani e vecchi, verso il culto dell’immortalità.

Alla ricerca del Sagrantino
Il Sagrantino è il vitigno principe di Montefalco. Un principe di origini esotiche però. Il vitigno umbro sembra vantare infatti una parentela col saperavi georgiano e c’è chi sostiene che sarebbe stato portato in Italia proprio dai frati francescani direttamente dall’Oriente, intorno al 1452. Roberto Spera ci racconta che si tenne in quell’anno il Capitolo Generale del Terzo Ordine francescano.

In occasione dell’evento frati e monaci da tutto il mondo accorsero portando con se’ barbatelle clandestine preziosissime dato l’alto grado zuccherino e la resistenza al marciume¹. Il viaggio del Sagrantino deve essere stato lento e così è stato il mio da Perugia a Montefalco in occasione di Enologica 2019, 40° fiera dei vini di Montefalco, il cui slogan di quest’anno “Bere Lento” si rifà al tema a cui il Mibact ha dedicato l’anno 2019: il turismo lento o slow tourism.

E in effetti a Montefalco di domenica ci arrivi con la macchina o tra mille difficoltà. Di lento per me c’è stato solo il viaggio. L’opzione migliore è arrivare a Foligno e prendere un autobus che ti porta a Montefalco in 20 minuti.

Ottimo. Chiamo il Centro Informazioni di Foligno. Niente autobus la domenica ma ci sono i taxi che fanno quella tratta. Il costo? Ehm non lo so. Ma non sarà tantissimo, mi rassicura l’operatrice.

Arrivata a Foligno il deserto. Parlo con un paio di tassisti ma niente: 25 euro Foligno-Montefalco è la tariffa minima. Sembra che nessuno (guarda caso) abbia avuto la stessa idea (balzana) quindi decido di arrendermi, pagare la corsa e salgo in macchina. Alle 15.45 sono finalmente a Montefalco, dove fuori dal centro storico sembrano esserci più auto che persone.  Perlomeno durante la corsa ho fatto un bel giro panoramico e una bella chiacchierata col tassista che si rivela oltre ad essere un ottimo traghettatore, un simpatico perugino.

Il discorso del tassista
Il tassista mi conferma che Montefalco sta vivendo un periodo di boom. “Sa, qua c’è un fermento” esordisce “Di aziende ne nascono di continuo. Chiunque abbia un ritaglio di terra vuole fare del vino e sembra che all’estero sia molto richiesto.”

Nei 25 anni della DOCG del Montefalco Sagrantino gli ettari vitati sono passati da 66 nel 1992 agli attuali 760 e i produttori imbottigliatori da 16 a 60. Dal 2000 a oggi la produzione del Sagrantino è quasi triplicata, passando da 660 mila bottiglie a circa 1,5 milioni².

“Vedi, quelle lì a destra?” continua “sono le vigne del più famoso produttore di Montefalco: Arnaldo Caprai.” Mi colpiscono in mezzo alle vigne una ventina di macchine rilucenti, parcheggiate su una collinetta vicino ad un edificio. Deve essere la cantina ma vista da lontano sembra più un outlet. Caprai ha 136 ettari vitati e produce 800.000 bottiglie l’anno ed è considerato l’ambasciatore del Sagrantino nel mondo. A me non interessa assaggiare i suoi vini qui, perché posso farlo comodamente a Roma. Nella capitale i vini di Caprai li trovi un po’ dappertutto, piuttosto sarei curiosa di assaggiare qualcosa di nuovo, possibilmente di un’azienda più piccola e lì il mio lento viaggio non sarebbe stato vano.

Io non so quasi nulla dei vini di Montefalco, al di là di qualche nozione sulle uve e sui disciplinari dei 3 vini più famosi, tutti rossi: Sagrantino di Montefalco Passito, Sagrantino di Montefalco secco e Montefalco Rosso. So che alla fiera ci saranno anche dei bianchi a base di grechetto e trebbiano spoletino, gli unici che mi sono un po’ più familiari. Ancora fa caldo e i vini rossi di Montefalco non sono propriamente dei pesi piuma. La degustazione si prospetta impegnativa.

Devo dire che a me le fiere piacciono. Mi piacciono i banchi d’assaggio affollati, la gente che è venuta lì per bere che si mescola agli operatori e alle loro domande tecniche, il rumore di fondo, parlare con sconosciuti un po’ brilli e felici. Certo, bisogna andarci con un certo spirito di avventura e una certa strategia. Lo spirito di avventura come avrete capito non mi manca, quanto alla strategia è la solita: dopo aver raggiunto il campo di battaglia e essere entrati pagando il biglietto mi sono munita di una mappa e della mia arma bianca: il calice con l’immancabile e necessario bavaglino porta calice. Poi ci vuole una penna. Nel mio caso l’ho portata da casa ed è stata di grande aiuto.

The informant
Nella baraonda della domenica di fiera (qui fortunatamente ci sono una trentina di banchi quindi la baraonda è abbastanza lieve) come nelle missioni speciali è sempre utile avere un informatore.

Qualcuno che ti dia indicazioni tipo:
– Assaggia questo!
– Di lui bevi solo i bianchi.
– Questo ti piacerà sicuramente.
– Lì non andrei neanche per sogno!

Io, il mio informatore lo trovo per caso al primo banco in cui mi fermo. Quindi le chiedo di darmi tutte le dritte per farmi ubriacare il più lentamente possibile (in accordo con lo spirito del Bere Lento) e con del nettare più buono possibile. Ciò non toglie che dopo un po’ capisco che i suoi gusti sono ovviamente diversi dai miei e devio un po’ dal tracciato avventurandomi in banchi che non mi aveva indicato e avendo delle soprese, più o meno fortunate.

Su una cosa però sono d’accordo con chi le fiere le odia: alle fiere non si valuta un vino in maniera definitiva. Io assaggio sempre un po’ di tutto con la massima attenzione. Certo, dopo un’ora la mia attenzione scende al minimo e sono costretta a rifocillarmi al banco dei salumi e dei formaggi.

Ma le fiere mi piacciono. Mi piace ascoltare il produttore e/o chi è dietro al bancone e fare domande, anche sapendo che non si sa mai quanto siano accurate/veritiere le risposte. Mi piace anche conversare con gli altri degustatori (casuali  e non) circa le loro impressioni sul vino, sulla fiera ma anche su altro. Eccone un paio.

Senza filtri.
Sto assaggiando i vini di un produttore e mi sto annoiando quando la mia attenzione viene colpita dalle parole di quello affianco.

– Questo è un trebbiano spoletino Charmat lungo.
– Si. E che significa?

Il produttore si spertica in spiegazione sin troppo dettagliata, quanto meno per chi ha le conoscenze del degustatore occasionale. La questione comincia a farsi noiosa quando, dopo aver terminato, riprende con:

– Abbiamo 3 versioni di trebbiano: Spumante, bianco fermo filtrato e non filtrato.

In quel momento non ho resistito e sono intervenuta:

– Mi scusi, io pensavo che filtrare fosse una scelta abbastanza importante. Di solito, fin’ora, ho sentito di chi filtra o di chi non filtra. Ma perché con lo stesso vino lei fa ambedue le cose. O meglio, qual’è quello più buono, secondo lei?

– Noi pensiamo che quello non filtrato sia sicuramente il più rappresentativo della tradizione e del nostro modo di intendere il trebbiano ma quello filtrato ce lo chiede il mercato canadese, dove esportiamo una buona parte  del nostro prodotto. A loro i vini non filtrati non piacciono.

– Ah, ok. Osservando il non filtrato nel calice mi sembra abbastanza limpido, non è molto dissimile dall’altro. Senz’altro ce ne sono di molto più torbidi in giro. Beh che dire, imboccallupo, grazie.

Niente di sacro e nemmeno il vino.
Dietro al banco mi colpisce un signore dal distinto accento veneto.

– Salve, posso assaggiare i vostri vini?
– Quali?
– Tutti.
– Ah ok.
– Ma lei, scusi la domanda, da dove viene?
– Sono veneto.
– [Immancabile battutaccia sullo spritz]*
– Lei sa che lo spritz lo hanno inventato gli austriaci? Non riuscivano a bere il vino da solo. Avevano bisogno di allungarlo con l’acqua. Un po’come i greci e i romani. Invece, i macedoni erano gli unici a bere il vino da solo. Alessandro il Grande, era macedone e uccise il suo migliore amico da ubriaco.
– Si vede che ce l’aveva segretamente con lui. In vino veritas, mi pare dicessero così i romani.
– La verità, signorina, è un concetto molto particolare. Quello che è vero per un eschimese non può essere vero anche per un nigeriano.
– Però per i greci la verità è aletheia ossia quello che non si nasconde, che nel cambiamento rimane uguale a se stessa. Un po’ come l’acqua.
– Si, e non bisogna fare l’errore di mischiare la verità col sacro o il vino con l’acqua. Ma del resto, anche nostro Signore ci è cascato.

Touché.

Io resto una fan delle fiere.
La cosa più bella è che in poche ore puoi assaggiare un sacco di vini diversi e, anche se le condizioni per capirli non sono proprio ottimali:

– Caos.
– temperature di servizio sbagliate.
– tempistiche veloci degli assaggi.
– non sempre chi è dietro il banco ti sa dare delle informazioni corrette.

Ne vorrei di più.

Un’impressione te la fai e se vuoi andare oltre ti prendi i contatti e vai a visitare le cantine che ti hanno incuriosito. Cosa che farò a cominciare dall’Agricola Castelgrosso e fino alla quale sospendo il giudizio.

Ma una cosa che bisogna migliorare è che non si può essere obbligati a venire in auto.

Ho visto tantissime auto e tante famiglie. Puoi Bere Lento ma per quanto lento tu beva alla fine non è saggio mettersi alla guida. Quindi cari organizzatori pensate a questo e magari organizzate qualche navetta che metta in collegamento la fiera con i centri abitati vicini. Soprattutto la domenica!

Per ultimo, un consiglio a chi andrà l’anno prossimo: se per quanto Lento abbiate potuto bere vi sentite brilli, pernottate e prendetevi un giorno per visitare Montefalco. Entrate nella chiesa di San Francesco e date un’occhiata agli affreschi del Benozzo. Ne vale la pena!

La predica agli uccelli è uno degli episodi più famosi della vita di San Francesco d’Assisi.

Benozzo Gozzoli, pittore del ‘400 la ritrae qui insieme alla benedizione del santo alla città di Montefalco, dove si trova l’affresco. Fonti ignote ci informano del contenuto del discorso del santo ai pennuti: “Ve lo favello hora et como ultimo avviso, cari sodali pennuti: vi diffido dal manducare li santi grappoli dello Sagrantino, quelli sum riservati alli montifalchesi, li quali me sum multo cari.”

L’anonimo ci racconta poi che nessuno dei pennuti si sia opposto, tranne uno, e che, subito dopo, il santo abbia rivelato ai montefalchesi la ricetta del piccione ripieno.

(Foto: Pier Paolo Metelli)

Note:

¹. Il Sagrantino di Montefalco.Viaggio in un territorio tra la gente del vino, Roberto Spera.

².  Alessio Turazza, Montefalco Sagrantino: dall’anteprima 2019 al futuro del vino

 

1 Commento

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BT

circa 5 anni fa - Link

questo è il genere di letteratura che preferisco. bene, bravi!

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