Bagnadore 2011 Barone Pizzini e biodinamica al Castello di Grinzane Cavour

Bagnadore 2011 Barone Pizzini e biodinamica al Castello di Grinzane Cavour

di Alessandro Morichetti

Denis Mazzucato è un lettore, sommelier, informatico: questo è il suo terzo articolo, che dite… lo promuoviamo editor? 

“Perché presentare un Franciacorta qui? Perché per un appassionato di vino le Langhe sono come La Mecca per un musulmano. Non potevamo andare altrove.” Silvano Brescianini, general manager di Barone Pizzini, ci accoglie così al Castello di Grinzane Cavour per l’anteprima di Bagnadore 2011, Franciacorta aziendale di punta.

Apprezzabile, oltre al posto incantevole, la scelta di presentare questo vino non in una fredda degustazione monodirezionale ma in una serie di piccoli eventi che diventano occasione per conoscersi e scambiare opinioni e storie. Se poi in cucina c’è uno chef stellato come Marc Lanteri, anche meglio.

Marc Lanteri

Il tema della serata è Bagnadore, il cui nome discende da Pierjacomo Ghitti di Bagnadore, Cavaliere di Gran Croce e importante socio fondatore: chiese che dalla vigna che portava in dote si producesse un vino con del Pinot Noir, affinato in barrique e assolutamente senza zucchero.

E così è: 50% pinot noir e 50% chardonnay, tutti provenienti da un unico vigneto, il Roccolo, che ha piante del 1992, e che beneficia della vicinanza di un bosco che mitiga il clima, contribuisce ad avere sempre buone escursioni termiche e favorisce la biodiversità. Dopo 8 mesi di affinamento in barrique e altrettanti in acciaio, passa non meno di 70 mesi sui lieviti prima della sboccatura.

Se dovessi fare una classifica delle parole più utilizzate da Silvano durante la serata, penso che “biodiversità” sarebbe sul podio: ci tiene molto a rivendicare la scelta del biologico fin dagli anni ’90, quando era tutt’altro che di moda, e anche delle più recenti scelte biodinamiche.

Ma dal punto di vista prettamente scientifico, qual è la differenza tra biologico e biodinamico?

Silvano ammette che scientificamente non ci sono prove che i preparati di Rudolf Steiner apportino effettivi benefici in vigna ma che forse è perché oggi non siamo ancora in grado di dimostrarli. Su questo punto mi permetto un’osservazione: prima di chiederci in che modo questi preparati apportino vantaggi al terreno o al vino, occorre chiederci se questo avvenga.

Il primo studio scientificamente accettato a questo proposito, è stato pubblicato sull’American journal of enology and viticulture 56, no.4 nel 2005*. Alcuni studiosi americani hanno coltivato, dal 1996 al 2003 (quindi per un periodo piuttosto lungo) circa 4 ettari di merlot certificato biodinamico, metà utilizzando i preparati e metà senza.

Per quanto riguarda le analisi del terreno non sono mai emerse differenze. Nel 2003 c’è stata una piccola differenza per quanto riguarda antociani e fenoli nell’uva (a vantaggio del biodinamico) ma di entità così piccola da essere ritenuta di scarso valore pratico. Cosa confermata dalle analisi del vino e negli assaggi alla cieca e guidati, che non hanno mostrato mai una prevalenza tra le due produzioni (l’unica volta che una leggera differenza è stata trovata, era a favore del vino biologico, ma anche questa è stata ritenuta statisticamente non significativa).

Su una cosa però sono d’accordo con Silvano: quel che fa la differenza sono le persone. Il vignaiolo che abbraccia la biodinamica ha una visione olistica dell’agricoltura, nella quale ogni cosa conta e il tutto è maggiore della somma delle parti. Il vignaiolo biodinamico è un vignaiolo biologico intransigente, che non fa sconti, perché lo è filosoficamente, intellettualmente, prima ancora che tecnicamente nella pratica quotidiana. Questo sì, fa la differenza!

Se il Bagnadore è buono (e lo è) è quindi perché alla Barone Pizzini hanno “il manico”: Steiner non c’entra.

L’annata 2011 è stata storica per la Franciacorta: una combinazione favorevole di maturazione precoce e buone escursioni termiche, date dall’estate fresca e mediamente piovosa, ha fatto sì che si producesse una quantità eccezionale di ottima uva, tale far concedere alla regione Lombardia, su proposta del Consorzio di tutela, per la prima volta nella storia della DOCG, la riserva vendemmiale, cioè la possibilità di aumentare le rese normalmente fissate a 65 hl per ettaro, fino a 78 hl: qualità e quantità, il sogno di ogni produttore.

Eccezionalmente 60% chardonnay e 40% pinot noir, il Bagnadore 2011 è brillante, paglierino chiaro, con perlage finissimo e persistente. Il naso è molto fine, agile, fresco, con note agrumate, di mela croccante, di erbe officinali e minerali di gesso. La fragranza della crosta di pane resta sullo sfondo, a dare profondità senza appesantire.

In bocca la grande freschezza è equilibrata da una struttura importante. Il risultato è un vino molto agile, elegante, succoso e dissetante. Dura assai e lascia la bocca asciutta tra il sapido e l’agrumato. Sicuro di sé senza essere pomposo, avrà sicuramente un grande avvenire, tanto risulta ancora giovane (prova ne sia che la 2012 è stata messa in commercio un anno prima di questa).

Gli altri assaggi:

Bagnadore 2012: stessa finezza e freschezza della 2011, solo un poco meno ampio e strutturato. Diventerà grande anche lui ma probabilmente sempre un passo indietro rispetto al fratello maggiore.

Bagnadore 2005: autunnale, a partire dal colore, giallo dorato, dal naso, dove hanno più spazio le note calde di miele, mela cotogna, fungo e di leggerissima ossidazione (quella che conferisce ampiezza e non disturba) fino alla bocca, ancora fresca ma decisamente più avvolgente, equilibrata e larga.

Bagnadore 2004: ancora più largo del precedente, ancora più morbido ed evoluto, e un poco meno fresco e scattante. Ad un rapido giro di tavolo il 2005 vince su questo, ma Silvano non è d’accordo e con un sorriso ci liquida con un “siete giovani”.

 

Brescianini e Mazzucato

 

Denis Mazzucato

*L’articolo è disponibile integralmente qui

[Foto: a destra il “giovane” Mazzucato”, a sinistra il non-giovane Brescianini]

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

5 Commenti

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Franco

circa 4 anni fa - Link

Mi è sempre piaciuto questo franciacorta ed è l'unico dei considerati "top" che metto sulla prima piazza. Nonostante questo è, paragonato con la categoria commerciale nella quale compete, corto in bocca. Che è il suo limite, oltre al prezzo, diciamolo. Quanto si paga? Almeno 35€ Cosa si compra dai cugini con 35€? Tanto, troppo di più che questo sparisce, annichilisce. Si, col portafoglio altrui lo riberrei... per adesso però, il primo della classe(per me si intende) straperde con la media francese. Al momento non ci sono pezze giustificative... bello spumante ma i prezzi/risultato non reggono. Compratevi mc emiliani se siete ostinati nazionalisti, spendete meno e avete le stesse lunghezze e forse, un palato più soddisfatto . Passo la palla

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Stefano

circa 4 anni fa - Link

Promosso, ma solo se mi spiega come un bosco vicino al vigneto possa mitigare il clima

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Denis Mazzucato

circa 4 anni fa - Link

Il calore del sole viene accumulato dal terreno di giorno e poi rilasciato di notte. In un bosco questo avviene molto meno, banalmente per l'ombra degli alberi, e a beneficiare dell'effetto non è solo il bosco stesso ma anche le aree circostanti. Chiaro che un albero non influisce sul clima di una vigna, ma un bosco di una certa dimensione può essere. Promosso? :) Grazie per aver letto!

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Sisto

circa 4 anni fa - Link

Il gesso (olfattivamente) non sa di nulla e non può sapere di nulla; lo dice Moio, Scienza, Ubigli, Fino, etc, nonché la logica. Bisognerebbe studiare di più i loro libri che ascoltare sedicenti esperti delle varie associazioni private.

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Denis

circa 4 anni fa - Link

Eppure sono sicuro al 100% che se dico "odore di gesso" nella mente di chiunque abbia scritto su una lavagna almeno una volta nella vita si formi un'immagine ben precisa. Che poi scientificamente non abbia senso, non lo metto in dubbio, ma nemmeno lo trovo particolarmente importante nel contesto. Anche il sudore non ha alcun odore, tecnicamente, ma se dico che sento puzza di sudore sono sicuro che abbiamo tutti ben in mente cosa intendo. O no? Buone bevute e grazie per la lettura!

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