Agosto, Milano e io che scrivo di vino

Agosto, Milano e io che scrivo di vino

di Giorgio Michieletto

Mai scritto nulla in prima persona, mai bevuto da solo. Finora. Da dieci anni lavoro ad agosto a Milano. Zero rimpianti. Nella città che tace resto alla mia scrivania e la tastiera ribatte sulle saracinesche abbassate. Stessa routine, ma tutto sembra diverso. Ascolti il silenzio e fotografi strade che fanno l’eco. Il tram non frena mai; turisti giapponesi in fila indiana. Sull’asfalto che cola un arcobaleno biancogialloblu. Strisce soli residenti… neanche quelli. Cantieri senza anziani. Caldo da pugni in faccia e alzi gli occhi al cielo. Ma se li tieni per terra è autunno: foglie morte, ustionate dal sole e staccate da quel temporale che ti ha spento l’aria condizionata. Niente! Proprio non riesco a scrivere in prima persona, ma due bottiglie solitarie alla fine le ho stappate. Vini giovani che sarebbero stati meglio in cantina, ma sul tavolo si sono svuotati come le vie qui attorno. “Già finiti?”. Sì, manca poco a settembre. Vini che vorrei bere ogni agosto da qui ai prossimi dieci anni; perché magari da Milano non mi muoverò per altrettante estati, ma loro di strada ne faranno molta. In lontanza sfreccia la prima auto della notte, l’ultima fino al mattino: vado a letto in autostop. Mare o montagna?

Merenda al mare (in riva al bosco)
Innocenzo Turco, Granaccia DOC Riviera Ligure di Ponente 2018.
Ancora scalpitante in bottiglia. A Quiliano la granaccia (grenache) è davvero un “sublime vino da spuntino”; nel resto della Liguria non riesce mai a trovare questo sprint unico di freschezza e finezza. Da un lato Savona e il mare, dall’altro i boschi fitti. Quando passi di qui, sul colle di Cadibona, gli Appennini si incrociano con le Alpi il vento ti rinfresca, ma ti appiccica di salsedine. Solo acciaio: lamponi, more e mandarino, resine e grandine di pepe sulle colline. Lunga scia balsamica e sapida.

Gita in montagna (dietro l’incrocio)
Vignaiolo Fanti, Isidor 2016, Vigneti delle Dolomiti Bianco Igt.
Un Manzoni bianco in purezza, un incrocio da schiantarsi. Lime, cedro, fiori bianchi ed erbe verdissime, salvia, finocchietto selvatico, pera. Già complesso con qualche sbuffo di idrocarburi; lunghissimo, sapidità marina d’alta quota. L’etichetta riporta la cromatografia del terreno sui cui le vigne sono state piantate negli anni 50: ipnotico. Siamo a Vigo Meano (Trento) a 600 metri, ma nel bicchiere c’è l’alpeggio, il fieno, il burro buono. Tutta la montagna di cui hai bisogno quando scali i grattacieli: si accendono luci della metropoli fantasma e ti fai una bagno nella brossa.

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Giorgio Michieletto

Giornalista professionista: ieri cronaca nera, oggi rosa. Ieri, oggi e domani: rosso, bianco & co. Varesino di nascita e cuore, milanese d'adozione e testa. Sommelier Ais. Se c'è una storia la deve raccontare.

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