Académie du Champagne, parte 1: il terroir fa il vino o il vino fa il terroir? (video)

Académie du Champagne, parte 1: il terroir fa il vino o il vino fa il terroir? (video)

di Andrea Gori

L’Italia è il settimo paese al mondo per consumo di Champagne, tra i primi tre per consumo di millesimati e cuvée de prestige: non ci interessano tanto i prodotti da supermercato o quelli a prezzi ridotti, quanto i prodotti complessi, spesso costosi ma sempre meritevoli di attenzione. Per un pubblico così selezionato come quello italiano il Comité Champagne ha deciso di interrompere la tradizione dello Champagne Day annuale (che aveva avuto una deriva commerciale notevole, non in linea con i compiti del Comité stesso), per puntare da quest’anno su formazione e comunicazione con l’Académie du Champagne, lungo tre giornate fatte di approfondimenti e lezioni su temi importanti, per coinvolgere il pubblico e gli operatori e fornire accurati elementi di conoscenza della materia.

Quest’anno all’Hotel Principe di Savoia a Milano sul palco c’erano tre Ambassadeur du Champagne: Marco Anichini da Siena, Bernardo Conticelli da Firenze e Nicola Roni dalle Marche. Professionisti di altissimo livello, che hanno presentato tre lezioni complete e ricche (rispettivamente sui temi del terroir, dell’assemblaggio e del passare del tempo) costellate di curiosità e concetti interessanti, alternando la spiegazione con assaggi atti a sottolineare i concetti espressi. Ripercorriamo i tre momenti e le lezioni con altrettanti post. Oggi la prima parte, prossimamente le altre due.

Marco Anichini e il rispetto del terroir

Riuscite a tornare a quel momento in cui lo Champagne vi ha conquistato? Marco Anichini esordisce così nella sua lezione, e ne fa un racconto on the road da Siena a Reims con molte tappe.

La volta che lo Champagne mi ha conquistato, dice Marco, coincide con una delle prime visite in zona, ospite di una prestigiosa maison. Lo chef de cave mi ha accompagnato nel buio, al freddo, tra lampadine appese al muro con fili volanti: tutto molto arcaico e antico. Arriviamo in fondo in mezzo alle magnum sur lattes, e lo chef de cave dice “qui riposano i nostri vin de reserve, vanto e orgoglio della nostra maison e solo io qui ho il privilegio di accedere“. Poi siamo risaliti, e ho ceduto allo Champagne in maniera incondizionata durante la degustazione, e mi sono sorpreso e arreso per la prima volta a questo vino. Ripensandoci, sono stato folgorato da tutte le storie dei Clos, le vigne, i Cru… oppure da quello che c’era nel bicchiere, o ancora piuttosto dal suo prestigio?

È il terroir che rende prestigioso un vino o un vino che rende prestigioso quel terroir? Quando si parla di prestigio non si deve usare un termine indeterminativo, si deve essere specifici. Oggi re-incontriamo una vecchia fiamma, ed è sempre bello riscoprire, ritrovare, riconoscere.

Partiamo dal viaggio nel terroir
La prima volta sono andato in Champagne per il gemellaggio di Sinalunga con Ay. Del resto il vino non è mai senza viaggio, come diceva Mario Soldati. Il vino non è mai staccato e giudicabile solo dal bicchiere senza conoscere un luogo dove non siamo mai stati: ci può dire pochissimo senza i dettagli in cui nasce. 1200 km, 12 ore di auto tutte di fila da Sinalunga ad Ay con il Monte Bianco nel mezzo, e Borgogna e Chablis prima di vedere i primi villaggi champenoise. Si entra in Champagne dal sud, l’Aube. Da Nord a Sud, da Est a Ovest la dignità enologica della Champagne è unica e la stessa. Frutto di conoscenza profonda del territorio, del clima, e delle uve.

Aube è l’ultima arrivata, la seconda rivoluzione agroindustriale francese che solo nel 1927 viene accolta in Champagne. Qui c’è il famoso villaggio Le Riceys che è AOC bianco, rosso, bollicine (Champagne) e rosato. Il suolo è più antico del gesso della Champagne del nord, vigneti dolci in mezzo a cereali, grano e altro. Tutti i produttori della Aube prima dell’AOC coltivavano seminativi e uve per poi passare a fare vino. Non hanno cantine sotterranee ma case e locali riadattati per affinare le bottiglie. Ma tutte le grandi maison hanno qui dei pressoir e delle sedi distaccate, le loro Cuvée hanno bisogno del calore e del corpo di queste zone. Si sale al nord e più il gesso affiora più il terreno ha valore. La falesia di gesso, immensa, determina e individua sulla sua dorsale i 17 villaggi Grand Cru storici, Le Mesnils Sur Oger, Chouilly, Ay, fino a Sillery, 17 vertebre della spina dorsale della Champagne.

Queste zone storiche sono caratterizzate da gesso che affiora, il limo argilloso e i sassi di gesso del sedimento della Marna e il gesso duro e profondo della Montagne. Paesaggi storici sono vigneti a perdita d’occhio, foreste che li contornano in alto, i Coteaux con pendenze dal 12% al 59%, pioggia che scorre sotto i Coteaux e porta giù terra che deve essere riportata in mezzo alle vigne quasi ad ogni pioggia.

Nella Cotes des Blancs il gesso è portante, nella montagna non lo è e quindi bisogna ricoprire le gallerie sotto terra con i mattoncini, questo determina la differenza della caves delle varie maison. Ma tutte hanno umidità e temperature costanti. Il gesso è la pietra filosofale che trasforma tutto perché drena e fa da deposito d’acqua per la siccità, e infine domina il fuoco assorbendo calore e cedendolo gradualmente in estate e autunno. Vediamo in dettaglio gli elementi naturali del terroir:

1. Coteaux (pendii). Ideale irraggiamento solare.
2. Gesso. Assorbe l’acqua fino a 400 litri per metro cubo e regola il calore in superficie, permettendo lo stress radicale in fase vegetativa che costringe le radici ad approfondirsi il più possibile.
3. Equilibrio. Tra acido/zuccheri/precursori degli aromi, grazie al doppio clima speciale.

In Champagne infatti c’è sia il clima continentale con gelo, neve, freddo, primavera con neve o ghiaccio ovunque, fino al 14-15 maggio (i santi del ghiaccio) può arrivare una gelata, ogni giorno. C’è però anche clima oceanico, più moderato e mite, che permette una fase vegetativa cortissima con la vite che corre per crescere e produrre. Cimare, sfemminare, potare e infine arriva la fioritura, 100 giorni prima della vendemmia. In realtà oggi sono 93 giorni, una settimana in meno ancora di tempo per lavorare.

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Doppio clima, Coteaux, sottosuolo calcareo sono i tre elementi non umani del terroir, mentre gli umani devono applicare pragmatismo e passione per trasformare queste premesse in un vino.

Come coniugare terroir e annata?
Vuol dire vendemmiare nel posto giusto al momento giusto, il vitigno giusto al momento giusto in maniera separata, parcella per parcella. Il segreto è la selezione quasi grappolo per grappolo, come vedremo nei nostri assaggi.

Cosa rende una vendemmia eccezionale?
Andamento stagionale, grande resa per ettaro (quando invece in genere la resa si cerca bassa), rapporto acidità zuccheri ovvero tra alcol potenziale e acidità totale che viene calcolato in base alla quantità di H2So3 nel vino, e guarda caso gesso e solforato di calcio. Acidità: in Italia siamo già contenti a 4-5, qui sotto i 7 non si considera. Altro elemento della grande annata è l’espressione aromatica dei vini. Il tutto deve essere in equilibrio per cui non sempre annate molto acide sono le migliori. Dipende dal resto dei fattori.

Come si preservano carattere ed espressività?
Rispettando l’andamento stagionale, le caratteristiche delle uve, dei vini e della memoria potenziale di una vendemmia. Fare un millesimato vuol dire che quando sarà aperto sarà memoria di quell’annata nel futuro.

E per il futuro di questo terroir cosa possiamo aspettarci? 
Futuro dello Champagne significa preservare e tutelare il futuro della regione, che è patrimonio mondiale Unesco e viticoltura durable, sostenibile, rispettosa dell’ambiente.

Infine, gli assaggi che accompagnano queste annotazioni.

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Paul Louis Martin Vincent Grand Cru Blanc des Blancs 2009
L’annata 2009 ha visto un inverno rigido, con nevicate e deficit idrico. Germoglia sotto i temporali, grandine e bombe d’acqua. Fioritura molto eterogenea, invaiatura buona e regolare, vendemmia tra 8 e 21 settembre, ottime uve con temperature estive in vendemmia, caldo. 10% alcol, acidità 7,5 gr/l. Qui ho 100% chardonnay da Bouzy, una delle 17 vertebre della spina dorsale della Champagne. Un solo vitigno di una sola annata da un unico villaggio nella Montagne, che in genere è vocata per il pinot nero. Vino brillante e luminoso ma al naso non pare chardonnay: frutto ampio, note grigliate, tostature e pepe, acidità ben marcata ma non è l’alabarda spaziale degli chardonnay della Cote des Blancs, un vino espressione diretta di un territorio che pinoteggia. Lunghezza, decisione e intensità da annata calda e morbida, ma sempre champenoise.

Moet & Chandon Vintage Brut 2008
37% da pinot nero della Montagne, 40% chardonnay, 23% meunier. Ottima annata contrastata ma alla fine davvero grande, resa alta e 9,8% alcol, acidità 8,6 g/l in H2So4. Dalle note grigliate, pasticceria, brioche, classicissimo, stile e golosità, floreale bianco, frutto a polpa gialla. Suadente e ruffiano ma comunque tagliente grazie al millesimo, non troppo ampio né troppo diretto, complesso senza esagerare, piacevolezza proverbiale. Equilibrio e misura.

Assaggiamo poi due vini dell’annata 2006: inverno con deficit idrico, primavera con freddo persistente e germoglio ritardato, fioritura con caldo ma grandinate al sud e attorno a Reims. Invaiatura sotto la grandine, vendemmia tra 6 e 25 settembre, lo scarto più ampio di sempre, grande eterogeneità. Resa 12,997 kg/ha, alcol potenziale 10,2%, acidità 7 g/l. Pinot nero intensi, ottimi chardonnay, meunier regolari.

Pommery 2006 Grand Cru Royale
Solo da villaggi Grand Cru, 60% pinot nero, 40% chardonnay. Predominanza di chardonnay al naso molto forte, verdastro quasi ma molto briochato e grigliato, fiore bianco e ginestra. Molto carnoso, bocca esplosiva molto fruttata e ricca, ma grande solco dell’uva bianca che segna il centro della lingua, agrumato e citronée: interpretazione particolare dell’annata, caldo e ricco. Una giovane pulzella scalpitante.

Pol Roger Brut Vintage 2006
60% pinot nero, 40% chardonnay. Austerità, rigore e concentrazione, colore molto scuro e dorato, bocca ampia, ritorna fruttata, carnosa. Molto rosso da susina, mirtillo e ciliegia, salivazione ampia, acidità ben marcata. Un aristocratico inglese, un giovane Churchill che già si fa notare per la sua intensità ma anche quella maturità insospettata in giovinezza che lascia intravedere un grande futuro già scritto.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

6 Commenti

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Giuseppe

circa 7 anni fa - Link

<> Ciao a tutti, forse interpreto male io ma scritta cosi` io capisco che quel numero piu` e` alto meglio e`. Immagino quindi che non sia il ph (dove 7 e` neutro e per crescere l'acidita` deve scendere sotto 7). Quindi che cosa e` e come si relaziona col ph? Grazie saluti Giuseppe

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Giuseppe

circa 7 anni fa - Link

La frase "da interpretare" e` . . . Acidità: in Italia siamo già contenti a 4-5, qui sotto i 7 non si considera . . . non so perche` ma nel primo post il virgolettato ha fatto si` che venisse rimossa scusate

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duccio

circa 7 anni fa - Link

Ciao Giuseppe. Generalmente l'acidità si esprime in g/L di acido tartarico o acidi complessivi. Il pH è un valore a sé stante derivato da un calcolo logaritmico. Per darti un'ida il pH dei vini si aggira tra 3.3 e 3.8. Importante da sottolineare è che per lo Champagne sono ottimali circa 7g/L di acidità quando si parla di vino base spumante cioè prima della rifermentazione in bottiglia. Durante la rifermentazione l'acidità si abbassa. Per questo l'acidità del vino base è scelta più alta del normale

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Giuseppe

circa 7 anni fa - Link

grazie Duccio, immagino quindi ci sia proporzionalita` inversa tra ph e acidita` in gr/litro anche se, da quel che capisco non esiste una formula specifica che lega le due grandezze.

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duccio

circa 7 anni fa - Link

Figurati Giuseppe. Semplificando diciamo di si è una proporzionalità inversa. La formula del pH non lo lega direttamente alla concentrazione degli acidi ma alla concentrazione di ioni H+ derivante dall'acido

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William

circa 7 anni fa - Link

Nicola Roni, dall'Abruzzo: orgoglio. :)

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