Académie Champagne 2018: le tre età dei profumi e del gusto dello Champagne

Académie Champagne 2018: le tre età dei profumi e del gusto dello Champagne

di Andrea Gori

Durante l’Académie Champagne 2018, andata in scena a Milano il 20 novembre, il numero magico che ha fatto da fil rouge a tutti i seminari è stato il numero tre. Tre come i vitigni principali della regione, tre come le fermentazioni e tre come le età dei profumi e del gusto delle bollicine più famose del mondo. Per scoprire cosa avviene in una bottiglia di Champagne dalla nascita fino al bicchiere, Pietro Palma è andato sul palco per farci da guida.

Cosa avviene durante la permanenza sui lieviti, ovvero, dopo la fine della seconda fermentazione alcolica?

L’autolisi enzimatica distrugge i lieviti dopo la fermentazione, in pratica vengono digeriti enzimaticamente e rilasciano i loro aromi nel vino in cui si trovano a galleggiare, aggiungendo nuove sfumature ad un contesto già importante. Le sostanze che si liberano lentamente nella miscela sono aminoacidi, proteine e grassi, tante molecole pronte per combinarsi in maniera particolare per dare nuovi profumi in aggiunta a quelli del vino. Nel tempo sulle fecce, che può durare mesi o anni, queste sostanze si arrotondano e diventano più dolci. Noi vediamo la bottiglia immobile in cantina ma è calma solo apparente.

Altro fenomeno è l’ossidazione da parte dell’ossigeno che penetra lentamente attraverso il tappo, anche quello a corona. Entra ossigeno ma esce anche anidride carbonica, con decompressione della bollicina che ne accresce il fascino comunque. La scelta della tappatura è quindi fondamentale elemento a seconda del risultato che si vuole ottenere: bouchon liege, corona, sughero con le varie tipologie oggi in commercio, tutte con loro permeabilità tipica.
I tempi minimi per il disciplinare dello Champagne sono 15 mesi sui lieviti per i sans annèe e 36 per un millesimato. Si dice “minimo” perché spesso si va ben oltre .

eta profumi vitigni champagne schema
Da note semplici fruttate e floreali si arriva alle spezie e ad una complessità data dai tre i livelli di maturazione: giovinezza, maturità, pienezza. Lo schema ufficiale che troviamo nel libro ufficiale del CIVC lo spiega molto bene e illustra che tipo di aromi si trovano nei vini in base ai vitigni che li compongono e in base al tempo trascorso in evoluzione.

Per capirlo in pratica prendiamo in esame sei vini con una vita in bottiglia molto differenziata e non solo per il millesimo o i millesimi di origine delle uve.

Collard Picard Cuvée Prestige. 50% chardonnay, 25% pinot nero, 25% pinot meunier. Vinificazione senza malolattica, 35% base 2014 più 65% reserve tre anni. Maturazione in botte di legno lunga 15 mesi, solo 24 mesi sui lieviti.
Fresco, intenso di lime e pompelmo, fior d’arancio, menta, sambuco e tiglio. Seguono note tostate e burrose con tocchi di nocciole. Sorso importante, ricco e netto. Il legno bilancia l’acidità che è davvero grande, ma i lieviti si sentono bene. I vin de reserve fanno la parte del leone, dando armonia notevole su di un tappeto di acidità pimpante che è la sua caratteristica fondamentale. 92

Cuvée Vincent Jean Paul 2011 Chardonnay Bouzy Grand cru. 5 anni sui lieviti, 7-8gr/lt
Note al naso di sottobosco, floreale, sambuco, gelsomino ma poi entrano in gioco note più evolute e calde di mallo di noce e caffè. Nel complesso è raffinato ed elegante, di carrube e miele. La bocca è ricca e torrefatta, boscosa e unica di chardonnay di montagna. Il tempo sui lieviti marca molto, si sente la crosta di pane, ma anche le note di bergamotto e arancio rosso. Classico chardonnay in evoluzione nella sua maniera, pieno e ricco ma finezza e freschezza ci sono sempre. 90

Hommage a William Deutz 2010 Parcelles d’Ay. da due vigneti specifici di pinot nero, La Côte Glaciere e Meurtet. Tirage agosto 2011, poi 6 anni e mezzo sui lieviti, dosaggio 8,5 gr/lt.
Qui siamo sulla piena maturità, non c’è più il frutto giovane e croccante ma la composta di pere e mele, gli agrumi dolci, il cedro stile cedrata Tassoni. Ha dolcezza da lieviti e maturità di nocciole, mandorle tostate con un ricordo cremoso di pasticceria, frutta fresca con mele renette aromatiche e tostature, un insieme di aromi “naturali” perché già presenti nelle parcelle come distintive dei due cru, un insieme elegante perchè fusione compiuta tra le parti, per dare armonia tra lunga persistenza fruttata e acidità che dona brio e grinta all’insieme. 95

Moet et Chandon Grand Vintage 2009. 50% pinot nero, 36% chardonnay. Decine di cru diversi, sboccatura ottobre 2017, 7 anni sui lieviti, 5 gr/lt dosaggio.
Dolcezza di agrumi e vaniglia, pasticceria e frutta, ace e pesca, con note di albicocca piccante, ciliegie, poi caramella d’orzo e caramello, sintomi di bella maturità. Bocca che spiazza perché l’acidità è viva, vispa e dirompente, un grande cesello da parte dello chef de cave. 94

Delamotte Blanc de Blancs 2008. 100% Chardonnay solo Grand cru, 8 anni sui lieviti , Mesnil, Oger, Avize, Cramant, Chouilly e Oiry, acciaio, tirage primavera 2009, sboccatura 2017 , dosaggio 6,5gr/lt
Vino simbolo e straordinario, freschissimo, gesso e polvere da sparo da petardo, poi gesso bianco abbagliante, lime e citrino forte con un tocco di cedro, tiglio, pittosporo e camemoro. Arriva dopo il pan brioche, boulangerie, uvetta, biscotto dolce, mirabelle mai in confettura. Le note di frutta abbassano la viva acidità di questo terroir, ci si arriva piano piano alla plenitude ma già si intravede di lontano, siamo in fase di pienezza e perfezione per lui, sto già assaporando il meglio. 96

Vielle France Cuvée Millesime 2006. Pinot noir 60% chardonnay 40%, uve da Cramant, Avize chouilly, Vertus e bassa Montagne de Reims, 10 anni sui lieviti, dosaggio 7-8 gr/lt
Originale e peculiare, un vino per occasioni particolari che ha toni di cannella, tabacco biondo, fiori passiti, caramello, rabarbaro, humus e corteccia. Sorso un po’ spento per chi cerca emozioni ed eleganza ancien regime, di noci, mela cotta, champignons, pepe, sidro, pienezza matura. Bollicina cremosa e gentile, saremo attorno alle 4 atmosfere rispetto alle 6 iniziali ma è gusto molto ricercato e particolare per gli amanti del genere. 90

 

La prima parte della degustazione la trovate qui

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

2 Commenti

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Stefano

circa 5 anni fa - Link

Ma quindi quando si parla di "stile ossidativo", alla Selosse per intenderci, dipende dalla scelta del tappo? C'entra anche la scelta di non mettere solforosa dopo il degorgement?

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Pietro Palma

circa 5 anni fa - Link

Lo stile ossidativo nel caso di Selosse credo derivi principalmente dalla vinificazione in legno delle basi e dalla loro “amicizia” con l’aria fin dalla nascita. Anche il tappo influisce molto, ma sul lungo termine, così come la metodologia di tappatura definitiva che lascia ossigeno nella bottiglia in dosi più o meno alte o addirittura assenti nel caso della tappatura con jetting.

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