A Frascati si beve tanto e si beve bene (sempre più spesso)

A Frascati si beve tanto e si beve bene (sempre più spesso)

di Andrea Troiani

Vale più un bicchiere de Frascati, che tutta l’acqua der Tevere, recita un proverbio capitolino. O meglio recitava, visto che oggi, purtroppo, alla denominazione Frascati non è sempre facile associare l’idea di qualità. Anni di viticoltura a tendone di “acino grosso e cervello fino” hanno relegato questo vino ai margini delle tavole più evolute.

Frascati dispone di un terreno meraviglioso, origine vulcanica, clima temperato e anche della vista sul mare, che non è poi così lontano. Questi sono i prodromi di un terroir unico e tra i più promettenti dell’intero panorama nazionale. Inoltre, un po’ per simpatia ed un po’ per appartenenza, mi sento sempre vicino e incuriosito dai vini meno blasonati ed emarginati dai palati à la page.

“Io mi troverò sempre a mio agio con una minoranza delle persone” pontifica in un noto film l’attore/regista Nanni Moretti appena sceso da una vespa blu.

Questa volta non posso nascondere che noi della minoranza ci siamo trattati benissimo.

Insieme ad una delle aziende portabandiera del Frascati di qualità, Castel De Paolis, abbiamo unito ottimi calici alla cucina del ristorante di Alessandro Pipero, ex star emergente del panorama romano, ormai solida certezza nel suo nuovo ristorante di corso Vittorio Emanuele II. Nota bene: è stata una delle ultime volte con lo chef Luciano Monosilio che, proprio mentre scrivevo, ha annunciato l’addio al ristorante.

Quindi: educati, seduti e compiti con il nostro bel tovagliolo sulle ginocchia abbiamo dato il via a questo vero gran prix enogastronomico capitolino.

“Si è iniziato quasi per gioco, poi, grazie all’incontro con Attilio Scienza, un punto di riferimento per la viticultura italiana, abbiamo cominciato a fare il vino sul serio”. Puntando su vitigni autoctoni come la malvasia del Lazio (o puntinata), la malvasia di Candia e il cesanese, ma anche su grandi vitigni internazionali come il viognier o lo shiraz, Castel de Paolis è oggi una grande realtà qualitativa da circa 100.000 bottiglie per anno.

Questo lo start, raccontato con grande empatia dal patron di Castel De Paolis, Fabrizio Santarelli.

In pole position: Campo Vecchio, blend tra malvasia di candia e trebbiano, per un vino facile e di buona freschezza, supportato da 13,5 di grado alcolico. Un buon amico divertente ma di spessore. Le uve raccolte a mano vengono poi raffreddate con il ghiaccio secco prima della diraspatura per evitare fermentazioni spontanee. Abbinamento? Alessandro, che è anche sommelier di grande livello, propone crudo d’oca con mela e senape, antipasto bello ed equilibrato di suo, a cui il vino regala un po’ di freschezza sgrassante.

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Al secondo posto in griglia troviamo il Frascati Superiore, vinificato a partire dalla più nobile malvasia del Lazio, che regala un gran bel naso e una bevuta più ampia e appassionante (solo la grande educazione ed il rispetto per il blasonato locale che ci ospitava mi ha trattenuto dal versare ancora un paio di bicchieri e iniziare con qualche stornello romano). E qui ci lanciamo su un “uovo e patate” cotti a bassa temperatura nel tè. Cucchiate dolci e saporite. Abbinamento da salto mortale carpiato all’indietro roba che neanche Nureyev al Bolshoi.

Terza posizione, in crescendo, con il bianco di punta dell’azienda: Donna Adriana, gran bel viognier (accompagnato da un po’ di malvasia) 14,5 gradi di piacevole e rotonda sapidità. Qui il terreno vulcanico di Frascati ci regala un internazionale di grande livello che viaggia in carrozza con due rigatoni con broccoletti, salsiccia e pecorino. Alla faccia del cibo povero.

Tempo di assaggiare la famosa carbonara di Pipero (di cui non dirò nulla, sia perché c’è chi ne parla, ne ha parlato e ne parlerà con molta più competenza della mia, sia perché solo a pensarci inizio a salivare come Dracula davanti al collo di una vergine) e si passa a Campo Vecchio rosso, prevalenza di Shiraz e Cesanese con il supporto di Sangiovese e Montepulciano. Alcuni commensali mormorano sull’abbinamento, io godo e penso che dovrei riprovarlo anche con il Frascati superiore, prendo l’appunto, finisco la carbonara ed evito la romanissima “scarpetta” nella convinzione di avere ancora un minimo di dignità da difendere.

Ultima posizione in pole per vini secchi di oggi è il grande rosso di Santarelli: il Quattro Mori.
Ci spiega che in prima battuta il nome ricorda l’utilizzo dei 4 vitigni a bacca rossa dell’azienda: shiraz, merlot, cabernet, sauvignon e petit verdot. Il nome fa riferimento, inoltre, alla famosa fontana dei 4 mori di Marino, altra cittadina dei Castelli Romani, nota per la celebre canzone che accompagna la sagra dell’uva “Fontane che danno vino, quanta abbondanza c’è…” (famosissima nel Lazio, la trovate su YouTube). Abbondanza che ritorna anche in questa bella bottiglia ricca e opulenta, affiancata da grande tannino e freschezza genuina per un bicchiere che non si stanca mai di essere svuotato. Ci voleva quindi una bella carne succulenta e tenera, arriva dalla cucina un piatto di agnello alici e lamponi. Dolcezza, freschezza, frutto, calice e piatto mi fanno sentire elevato come uno chardonnay in barrique (a giudicare dalle facce gaudenti dei commensali, non solo il solo a sentirsi così)

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Per accompagnare il dessert, nocciola cioccolato bianco e amarene, passiamo al moscato rosa, Rosathea. Vino dolce che non stanca, fresco una acidità finale piacevole e pulita, il secondo bicchiere qui sarebbe d’obbligo, ma restiamo, con grande fatica, educati e morigerati.

Come sempre a bere bene si finisce troppo presto, se poi si mangia come da Pipero, allora 3 ore a tavola sono davvero poche.

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Andrea Troiani

Nasce a Roma dove lavora a mangia grazie al marketing digitale e all'e-commerce (sia perché gli garantiscono bonifici periodici, sia perché fa la spesa online). Curioso da sempre, eno-curioso da un po', aspirante sommelier da meno.

4 Commenti

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Daniele

circa 6 anni fa - Link

C'è decisamente di meglio ai Castelli. De Paolis non lo metto nemmeno nei primi 10.

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Mattiaz

circa 6 anni fa - Link

Vai, spara 'sta lista.

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Roberto

circa 6 anni fa - Link

Illuminaci, perché è giusto avere un idea, o un gusto, ma se non si argomenta poi, il commento resta sterile. Vogliamo sti primi dieci...

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Daniele

circa 6 anni fa - Link

C'è decisamente meglio tra i troll. Non vi metto nemmeno tra i primi 100.000.

evitiamo di trollare dando del troll a chi non e' nella lista dei cento mila (che ci risparmi). resta il fatto che le loro richieste avevano un senso, eh. [f.]

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