7 sintomi che fanno di te un enofighetto (e che non vorresti mai confessare)

7 sintomi che fanno di te un enofighetto (e che non vorresti mai confessare)

di Andrea Troiani

Salve, il mio nome è Andrea e sto diventando anche io un enofighetto. Non volevo, lo giuro. Ci sto lavorando per evitarlo, con un certo impegno, ma per ora nessun successo.

Dato che secondo Freud “le emozioni inespresse non moriranno mai, sono sepolte vive e usciranno più avanti in un modo peggiore”, ho deciso di esprimerle in questo mio flusso di coscienza (enoica). L’enofighettismo è una malattia subdola, sviluppa inascoltata e indisturbata piazzando, qua e là, i suoi germi. Piccoli semi che attecchiscono e prendono forza avanzando con radici sempre più profonde. Quando inizi a prenderne coscienza il danno è fatto.

Per quanto questa perdizione abbia un carattere fortemente personale, e trovi forme diverse per ogni umano, è comunque possibile individuare alcuni passaggi comuni, alcune sintomatologie riconoscibili e facilmente identificabili. Quindi, nella speranza di aiutare qualcuno, ecco per voi l’elenco frutto di una fredda, quanto dolorosa, autoanalisi di alcune chiare sintomatologie.

1. Inizierete a identificare chi, stoltamente, brandisce il calice dal bevante. (Il bevante sarebbe quella parte del bicchiere che contiene il liquido. In effetti dire “bevante” è un altro segno). Identificherete cioè quella razza neo-barbarica che invade anche i convivi più aulici a cui vorreste gridare: “il calice si tiene dallo stelo”.

2. Noterete piccoli, ma significativi, cambiamenti del vostro vocabolario. Banditi concetti semplici come buono o cattivo. Il vino diventerà via via: interessante, piatto, lungo, corposo, scheletrico. Poi di seguito: spalle acide, muscoli tannici, persistenze ammandorlate, selle di cuoio ben conciato sotto la pioggia. Non parlerete più di “un bicchiere di vino” ma solo di calice. Lo so, lo avete notato al punto uno, anche calice non sarà più abbastanza, bisogna identificarne almeno le tre sezioni principali: piede, stelo, e appunto: bevante.

3. L’ingenuo invito “prendi un prosecchino?” scatena in voi una immediata acidità di stomaco ed un ricco travaso di bile. Non solo perché il termine “prosecchino” è diventato cacofonico come il suono delle unghie sulla lavagna, ma anche perché voi ormai bevete solo metodo classico.

4. Avete già cinque o sei cavatappi ma non saprete resistere a “quello nuovo”. Il corpo in metallo e il verme in cromo-vanadio rivettato offrirà una nuova, fenomenale, esperienza di apertura. E poi, 4 bis, com’è possibile che qualcuno utilizzi ancora quei ridicoli attrezzi con due leve, quegli ometti stilizzati con le braccia rigide, quegli orpelli “fuori ordinanza” per aprire una bottiglia?

5. Dovrete tenervi forte e respirare profondamente quando, a casa dei vecchi amici di famiglia, con 40 gradi garantiti dall’impianto termoautonomo, vi verrà servito un “bicchiere di rosso” a temperatura ambiente. Perché lo sanno tutti che il rosso si beve così, no?

6. Vi sorprenderete a riflettere se la cantinetta refrigerata è meglio a doppia temperatura o a singola, tanto sfrutterete la naturale differenza di temperatura tra la parte bassa e i piani (rigorosamente in legno) più in alto.

7. Rischierete un paio di imputazioni da codice penale quando il cameriere vi porta al tavolo il calice di vino, da voi ordinato, già riempito. Della bottiglia nessuna traccia, né de tappo o dell’etichetta. Praticamente una degustazione alla cieca.

Ed ora posso serenamente tornare a mettere ordine nella mia cantinetta a due temperature.

[Immagine: vinepair.com]

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Andrea Troiani

Nasce a Roma dove lavora a mangia grazie al marketing digitale e all'e-commerce (sia perché gli garantiscono bonifici periodici, sia perché fa la spesa online). Curioso da sempre, eno-curioso da un po', aspirante sommelier da meno.

16 Commenti

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Denis Mazzucato

circa 7 anni fa - Link

Mi hai consolato! Grazie al cielo sono parecchio distante dall'enofighettismo! Aggiungo però un punto 8 (forse un corollario dell'1), ed è il bicchiere di plastica: sopporto i bicchieri di vetro da acqua, ma quelli di plastica proprio non ce la faccio... Non arrivo a masturbazioni mentali sul rapporto tra l'ampiezza del vino e il raggio dell'apertura del bicchiere, ma almeno che la forma sia vagamente quella di un bicch... calice da degustazione.

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Luca Venturi

circa 7 anni fa - Link

Io che sono un bevitore rude non disto troppo dal fighetto (non troppo, comunque tanto). Soffro anche io dei sintomi elencati tranne due: il vocabolario degustativo, che mi appartiene ma lo tengo per me nei miei ragionamenti. Soprattutto, poi, sono affezionato al mio cavatappi, e non lo cambierei mai con un altro, figuriamoci fare una collezione. Un po' come l' orologio, è uno, è quello e voglio portarlo per sempre.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 7 anni fa - Link

Io la metterei molto più semplice; l'enofighetto è il bevitore di succhi di quercia osmotizzati, pluripunteggiati, costosissimi e coloratissimi che esala con aria ispirata "mentolato", "minerale", ahhhh..... Non necessariamente, però è frequente, frequenta solo gente "giusta" e veste shabby chic. Mi spiace per l'autore, ma è un malanno curabile solo con salassi economici quasi fatali o se si cade pesantemente in sindrome da abbandono da compagno(a) enofighetto(a).

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Luigi

circa 7 anni fa - Link

Aggiungerei tra le enofighette quelle che se le chiedi di definirsi con un vino, cadono nel dichiararsi :- Metodo classico, bionde spumeggianti e mature al punto giusto... In effetti sono gli unici vini di cui si nutrono 😜

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silvio castagnone

circa 2 anni fa - Link

Splendidi i “succhi di quercia osmotizzati” !! Grande

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Marco Prato - Il Fummelier

circa 7 anni fa - Link

Divertente e condivisibile. Tranne il punto 3. Io - pur non essendo un enofighetto - il prosecco, così come il lambrusco, non l'ho mai considerato fra le mie scelte possibili (ma come sono diplomatico oggi...) Saluti bevanti da il Fummelier™:-D

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Diego Donini

circa 7 anni fa - Link

Conosco varie categorie , non so se si chiamano enofighetti od altro, so per certo che molti di questi contengono dentro di se delle balle così grandi che talvolta li guardo e non credo possano avere tanta "capienza". Sono in accordo con Cinelli Colombini. Punto 9. Amano la vigna, ma da lontano.....preferiscono il fresco della cantina.

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Emanuele

circa 7 anni fa - Link

Punto 2. Aggiungerei....amaricante...ma che bello è questo termine...

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Mariazzo

circa 7 anni fa - Link

5 bis. Sei a casa di amici. 40°c dichiarati e salta fuori la bottiglia di vino rosso corposo a temperatura frigorifero/freezer. Forse è anche peggio di quella a temperatura ambiente hahahah

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Andrea

circa 7 anni fa - Link

Il vero enofighetto ha la cantinetta mono temperatura per l'invecchiamento e quella a due temperature per il servizio ahah

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anto

circa 7 anni fa - Link

touchè!

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vinogodi

circa 7 anni fa - Link

...senz'altro "enofighetto" è termine abbastanza spregiativo o ,perlomeno, "riduttivo" . E l'"Enofigone"?

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Sarah

circa 7 anni fa - Link

E il cubetto di ghiaccio nel bicchiere (di plastica) per raffreddare? E il cucchiaino a capodanno per non far sgasare?

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rampavia

circa 7 anni fa - Link

Catetegoria super enofighetto:
Punto 1: veramente il calice lo tengo dal piede;
Punto 2: mi intriga molto il vino croccante (successo garantito anche con chi ha una certa dimestichezza ed usa termini come corposo, alcolico, maturo, acido);
Punto 4: e i cavatappi a muro?
Punto 6: meglio una cantinetta che consenta di controllare l'umidità;
Punto 7: il reato, a dir il vero, lo commette il cameriere se il calice che vi serve costa dagli 8 euro in su. Ho il diritto/dovere di farglielo notare.

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Antony

circa 7 anni fa - Link

Bella e simpatica analisi di un processo molto avanzato di moda enogastronomica che fa tendenza ( gastronomica perché vi proporranno sempre in abbinamento salumi e formaggi da insolite provenienze.. ). Il problema di fondo e molto serio rimane la materia prima: degusterete con il rituale sopra ben descritto ...solfiti, solfiti...solo solfiti e qualche goccia di vino, se va bene, di qualità ... Meditate ....

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Bante

circa 7 anni fa - Link

Io il calice lo so che bisognerebbe tenerlo dallo stelo, ma dopo poco il mio è sempre il più opacizzato della serata. Il 'prosecchino' non lo bevo, se non è in programma una gara di rutti. Ho un solo pulitex base in acciaio, nello zaino (proprio enofava). Odio i cavatappi antropomorfi modello 'campagnolo' (con le braccia e la testa che gira). Odio i ristoratori toscani (sono toscano) che se ordini un rosso trentino ti guardano come un idiota (posso bere una Schiava, se ne ho voglia?). Dico un po' sempre le stesse cose: non sono un fan dell'acciaio, mi piacciono i tini in cemento, la buccia del pinot nero, le piante più esili dei vitigni più fini e cose così. Stasera apro un Clos de la Roche 2006 (un regalo) e vi vado in quel posto a tutti.

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