7 Pinot Nero dal mondo a Vinexpo New York con Elin McCoy

7 Pinot Nero dal mondo a Vinexpo New York con Elin McCoy

di Salvatore Agusta

In occasione di Vinexpo New York, manifestazione tenuta lo scorso 5 e 6 marzo presso il Jacob K. Javits Convention Center, ho avuto l’onore di prendere parte ad una interessantissima master class dedicata alla produzione del pinot nero nel mondo, concentrata esclusivamente sui vini provenienti da regioni diverse dalla Borgogna e dalla California.

La MC, organizzata da Decanter e tenuta dalla bravissima Elin McCoy, si prefiggeva l’obiettivo di rispondere ad una serie di quesiti. Cosa si intende oggi per pinot noir, ed è giusto tenere a mente come parametro di giudizio solo le produzioni francesi? Quali sono i caratteri essenziali delle produzioni internazionali e quali sono le principali aree al mondo per qualità dei risultati?

Va subito affermato che sia in sala sia più in generale nel mondo del consumo del vino, vi sono due ben differenti approcci al complesso mondo del pinot noir. Per un verso, c’è chi esplora le diverse declinazioni di questa uva secondo stretti parametri legati alla Borgogna che di fatto portano ad un approccio troppo drastico ed irrealistico. Per altro verso, c’è chi ha imparato a trovare, in ogni diversa versione, un tocco di autenticità, e per questa ragione apprezzarla in virtù di un terroir che ha saputo dare una propria personalità all’uva in questione.

Ed è questo, secondo Elin, il giusto approccio: ogni regione deve sapere trasmettere una vibrazione diversa.

Per ciò che concerne le fasce climatiche e le zone di produzione, si è concluso che il freddo deve essere la chiave per l’identificazione di nuovi terroir. Infatti, forse più di ogni altro aspetto, il freddo rappresenta la condizione climatica di partenza per la coltivazione di un’uva che in fasce climatiche più temperate o in zone più soleggiate sembra perdere il suo stato di grazia. Elin raccontava che quasi tutte le aree toccate durante la master class in principio furono ritenute troppo fredde per la coltivazione dell’uva.

Durante il tasting abbiamo assaggiato 7 vini, diversi sia per terroir che per annata, ognuno degno rappresentante della zona di appartenenza.

Tolpuddle Vineyard, Coal River Valley, Tasmania, Australia 2016 (13%)
Tasmania, forse la ricorderete per i simpatici diavoletti che la popolano, è un’isola al sud dell’Australia.

Nell’emisfero australe sud vuol dire freddo ed infatti si tratta di una delle zone più fredde in assoluto da quelle parti. Qui, dal genio di Martin Shaw e Adam Wadewitz, che hanno rilevato l’azienda nel 2011, nasce una delle più interessanti espressioni di pinot noir dell’Australia. Le uve provengono da alcuni vigneti localizzati sul versante nord-est della tenuta (20 ettari in tutto) al confine con il fiume Coal. Il vino matura in rovere francese (di cui il 30% nuovo) per circa 8 mesi prima dell’imbottigliamento.

Si tratta di un vino particolarmente aromatico, con sentori di frutti di bosco freschi. L’acidità permane sebbene sia stato operato un uso inteso del legno ma in definitiva il vino si presenta un po’ troppo semplice, con uno stile prettamente californiano. Manca ogni forma di austerità ed eleganza e seppure il sorso sia piacevole e il finale persistente, l’assenza di “earthy notes” relega il vino ad una dimensione troppo lontana dalle concezioni classiche del pinot noir. Non è né un bene né un male, ma va puntualizzato al fine di definire lo stile delle produzioni della Tasmania. Prezzo sullo scaffale 80$ circa.

Meyer Family Vineyards McLean Creek Road Vineyard, Okanagan Valley, British Columbia, Canada 2013 (13.50%)
Siamo passati al Canada, in particolare nella fascia sud est, la British Columbia.
Nel versante più a sud, verso il confine con gli States troviamo, dislocate non troppo lontano dall’Oceano Pacifico, le cascate d’Okanagan. Nella valle antistante sono localizzate le vigne delle famiglia Mayer. Diversamente da quanto si possa pensare, qui piove davvero poco e il clima freddo ricorda le condizioni delle steppe eurasiatiche. A capo dei processi di vinificazione troviamo Chris Carson. Uve provenienti da unica vigna, lieviti naturali, maturazione in rovere francese (25% nuovo) per 11 mesi. Il vino è decisamente burgundy style. Intenso, strutturato ma elegante e fine al tempo stesso. Colore tendente al terra di Siena bruciata; note di ciliegia matura, buona acidità, e tannini setosi. Solo 650 casse prodotte per una gemma che sullo scaffale può esser reperita a soli $35. Decanter lo ha valutato con 89 punti. Posso ritenermi più che soddisfatto.

Felton Road, Block 5, Bannockburn, Central Otago, New Zealand 2012 (14%)
La Nuova Zelanda, terra di splendidi sauvignon blanc, ma anche di interessantissimi pinot noir.
Ci troviamo nella parte dell’isola localizzata più a sud. Sulle sponde del lago Dunstan, e dei diversi fiumi che si formano dal lago, sorgono tante cantine a conduzione prettamente familiare. Si tratta di paesaggi che definirei assolutamente fiabeschi. Clima continentale, il più freddo di tutta la Nuova Zelanda. Poca pioggia ma una buona esposizione solare, tranne per gli inverni che tendono ad connotarsi per eccessiva nuvolosità. Felton Road è una delle cantine di maggior talento del Central Otago. Viticultura biodinamica e dal 2001 sono stati piantati dei cloni Dijon. Blair Walter è l’enologo mentre la baracca viene portata avanti dal fondatore Nigel Greening. Vi risparmio il resto, tranne che il vino matura per 18 mesi in rovere francese (45% nuovo) all’interno di una stanza in cui viene mantenuta in filodiffusione musica classica 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Ovviamente i vini non vengono né filtrati né subiscono alcun altro “trattamento di bellezza”.

Premesso che il vino risulta assolutamente interessante, lo consiglio solo a coloro i quali hanno desiderio di affrontare un vino che tendenzialmente si esprime con delle note piuttosto aggressive. Cuoio, pelle, sottobosco umido e frutti rossi maturi, acidità elevata e tannini semi selvaggi. Io ho trovato assenza di equilibrio ma, di nuovo, si tratta di uno stile del tutto autoctono. Quindi cheapeau! Decanter lo ha generosamente valutato 91 punti, $70 dollari sullo scaffale.

Bernhard Huber, Wildenstein R Grosses Gewächs, Malterdinger Bienenberg, Baden, Germany, 2012 (13.50%)
Baden, ovvero la regione che si trova subito dopo il Reno al confine con l’Alsazia, è terra di grandi vini.
La piccola tenuta di famiglia di Bernard Huber si trova nella parte orientale della regione, nel villaggio di Malterdingen ed i suoi vigneti di pinot noir fanno parte della striminzita schiera di grand cru di Germania (Grosses Gewächs). Spesso i vini di Bernhard Huber vengono scambiati per produzioni della Borgogna: la giustificazione sta nel fatto che secondo studi recenti le sue viti sono giunge in Germania 700 anni fa tramite una delegazione di monaci, spostati in territorio tedesco. Inoltre la consistenza calcarea del terreno nonché le condizioni climatiche ricordano per lunghi tratti la più rinomata Cote d’Or. Per migliorare ulteriormente la percezione delle qualità espresse nel vigneto, Bernard ama raccogliere le sue uve all’inizio della finestra di maturazione, promuovendo i singoli terroir, e avendo come obiettivo finale quello di combinare con equilibrio da un lato concentrazione, maturità e complessità con eleganza, freschezza e purezza dall’altro. La vinificazione include una percentuale di grappoli interi, la fermentazione malolattica avviene in rovere francese nuovo, prima di travasare il vino in botti e lasciarlo a maturare per circa 18 mesi; il vino viene imbottigliato senza chiarificazione o filtrazione.

Al naso risulta fresco e pungente, con sentori di cassa di legno, cuoio e foglie di tabacco essiccato. Il palato dimostra complessità, si alternano note speziate, frutti di bosco freschi e la grande acidità che ne determina un finale lungo, vibrante e persistente. Tuttavia non si tratta di Borgogna e mentirei se affermassi che è possibile ritrovare la stessa eleganza. Prezzo sullo scaffale $160. Lo comprerei? No, poi vi dico il perché.

Garcia + Schwaderer, Sofia, Casablanca, Chile 2013 (13.50%)
Si tratta di una selezione speciale di diversi cloni, provenienti dai settori più freddi della Valle di Casablanca in Chile. Le vigne sono localizzate in altopiani granitici caratterizzati dalla presenza di argilla rossa. Sofia è un vino prodotto secondo un particolare piano, al fine di esprimere non solo appartenenza ad un territorio ma, cosa che a me piace molto di più, appartenenza ad una cultura, quella cilena. Sofia viene definito come eleganza, freschezza e giovialità, vino dalle poche pretese ma con grande personalità.

Il blend è composto dal 40% di clone selezione M. “Valdivieso”, 30% clone n. 777 e 30% clone selezione M. “Concha y Toro”. Nessun passaggio in botte, solo 6 mesi di acciaio inox e tre mesi in bottiglia prima di essere messo in commercio. Il vino esprime una piacevole freschezza, con tannini leggeri e frutti di bosco concentrati. Un pinot noir rustico, quasi goliardico direi. Tutto sommato si denota una certa armonia e il vino ha un buon finale, sebbene non troppo accattivante. Decanter gli ha dato 87 punti; io sono stato più generoso. Il prezzo sullo scaffale è di circa $20. Grandissimo valore.

Gottardi, Mazzon Riserva, Blauburgunder, Alto Adige, Italia 2012 (14%)
Il Südtirol è luogo votato alla coltivazione dell’uva e, tra le diverse varietà, Mazzon è celebre per le larghe distese di pinot noir, con una intensa esposizione solare, un freddo vento di montagna proveniente dalle limitrofe Dolomiti e un mix di elementi che genera un suolo poroso e abbastanza secco. La combinazione di questi fattori naturali con le tecniche di gestione della vigna usate da sempre dalla famiglia Gottardi, permettono la realizzazione di eleganti vini di intenso spessore e integerrima struttura. Il vino viene affinato per circa 12 mesi in barrique francese (25% nuove) e per ulteriori 8 mesi in botti grandi.

Al naso risulta più delicato del palato, con sentori di frutta rossa fresca e polposa e leggere note di fieno e vaniglia. Al palato, invece, sprigiona tanta robustezza ed intensità con un’ottima sapidità e un piacevole fascio di tannini che avvolgono dolcemente la bocca. A parere di molti una versione leggermente meno sgraziata dei più celebri pinot noir della Borgogna. Costo medio intorno ai 75-80 dollari. Sì, tutto sommato, un ottimo prezzo per il valore del vino.

Bodega Chacra, Treinta y Dos Pinot Noir, Patagonia, Argentina, 2014 (13%).
Concludiamo questa carrellata di vini con il meglio in cui ci si possa imbattere. Qui tocchiamo vette che a tratti fanno piacevolmente dimenticare la Borgogna e perdonate se per qualche scettico il mio pensiero possa suonare blasfemo. Questo non è un pinot noir, questo è il Re dei pinot noir fuori dalla Borgogna. Ci troviamo in Argentina, nella parte più bassa, dove il freddo ricorda le temperature della Tasmania. Siamo al limite del coltivabile, dopo non molto inizia il deserto patagonico. L’altezza è di circa 300 metri s.l.m. in una alta valle solcata da alcuni fiumi che si perdono nei successivi chilometri di foresta patagonica.

In questo paradiso fatto di luce, alberi e acqua, si scorgono, tra le sponde del Rio Negro, terreni argillo/sabbiosi mentre nei Rodados Patagónicos, ovvero pianure più basse, troviamo maggiormente detriti di ghiaia. L’intera superficie risulta essere abbastanza ventosa tale da ovviare all’eccessiva umidità. Inoltre per buoni tratti dell’inverno le temperature scendono vertiginosamente permettendo il necessario riposo invernale.

Trattasi della più fervida delle cantina biodinamiche. Chacra è stata creata da Piero Incisa della Rocchetta (sì, è proprio il nipote di Mario Incisa della Rocchetta, creatore di Sassicaia) nel 2004, con l’unico intento di ricercare l’espressione più autentica del microclima e del terroir di Mainqué. Rispettando l’ambiente, seguendo i principi biodinamici e biologici, Piero si impegna giorno dopo giorno a produrre vini che siano trasparenti, puri e delicati.

Chacra Treinta y Dos è il risultato di uve provenienti da un solo vigneto, suddiviso in parti e piantato nel 1932 su un terreno stratificato con argilla, sabbia e ciottoli. Di grandissima struttura e spessore, questo vino possiede una gran longevità. Morbido e vellutato, tuttavia, dimostra una buona bevibilità sin da giovane. Rosso non filtrato con note molto equilibrate di spezie tostate, erbe andine, con il carattere macerato di fragola matura e ciliegia. Delicatissime note di sottobosco, foglie umide e funghi. Complesso, strutturato, delicato, bilanciato, elegante… non saprei altro che aggiungere. Ah sì provatelo! In Italia le produzioni di Chacra si aggirano molto spesso sotto i 50 euro, sarebbe veramente un peccato non approfittarne.

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Salvatore Agusta

Giramondo, Francia, Lituania e poi Argentina per finire oggi a New York. Laureato in legge, sono una sorta di “avvocato per hobby”, rappresento uno studio di diritto internazionale negli Stati Uniti. Poi, quello che prima era il vero hobby, è diventato un lavoro. Inizio come export manager più di 7 anni fa a Palermo con un’azienda vitivinicola, Marchesi de Gregorio; frequento corsi ONAV, Accademia del Vino di Milano e l’International Wine Center di New York dove passo il terzo livello del WSET. Ho coperto per un po’ più di un anno la figura di Italian Wine Specialist presso Acker Merrall & Condit. Attualmente ricopro la posizione di Wine Consultant presso Metrowine, una azienda francese in quel di New York. Avevano bisogno di un italiano ed io passavo giusto di là. Comunque sono astemio.

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