Per la costruzione di una memoria condivisa di Luigi Veronelli

di Alessandro Morichetti

Quando Luigi Veronelli, per tutti “Gino”, apriva la strada del giornalismo enoico in Italia io non ero nato. Ieri avrebbe compiuto 85 anni e raccogliendo informazioni sulle guide ai ristoranti per la mia tesi di laurea, gli scrissi anche io nel 2003. Mi rispose con lettera dattiloscritta e firmata, e la conservo come quella che mio padre ricevette da Indro Montanelli, più vecchia di 30 anni. La quantità di allievi veri o presunti del Gino non si conta più e certi nomi non li menzionerei neanche. Di certo, l’Alessandro Masnaghetti – direttore di Enogea – intervistato nel video sopra da Ivano Antonini è stato uno dei più vicini e fidati. Non ascoltarlo è un peccato capitale.

Un altro ricordo mica male lo devo a Danielle Cernilli, un giovane wine writer indipendente romano. Alla domanda “Che ruolo ha avuto Veronelli nell’aprire un sentiero della comunicazione che poi il Gambero Rosso ha reso strada a tutti gli effetti?”, così mi ha risposto l’ex direttore del Gambero:

Mi fa piacere parlare di Gino, perché il suo nome per tutti gli amici era quello. Lui ha inventato la critica enologica in Italia perché è stato il primo a parlare dei vini in modo non solo letterario, come avevano fatto Mario Soldati, Paolo Monelli e Piero Accolti prima di lui. Gino assaggiava e valutava in concreto, dando i punteggi ad ogni singola etichetta, e non parlando di vino in generale. Ha anche inventato un linguaggio, che molti hanno poi imitato con minore efficacia. “Vino da meditazione” è un suo neologismo, oggi entrato nel modo di parlare e di scrivere di vino di tanti.

Ma Gino non era solo uno scrittore di vino, era un intellettuale a tutti gli effetti. Uomo coltissimo, grande polemista, pieno di coraggio e di personalità. Un vero Maestro, insomma, che io ho avuto la fortuna di conoscere profondamente e del quale mi definisco (e lui mi definiva) “allievo”. Orgogliosamente, aggiungo. Lui più scrittore e visionario, io più giornalista e “tecnico”, lui più “one man gang”, io più coordinatore di squadre di lavoro. Lui più “bomber” e più geniale, io più catalogatore ed assaggiatore. Ma lui faceva sognare, aveva una capacità evocativa che pochi hanno avuto nel mondo del vino, da grande scrittore qual’era. Le Guide all’Italia Piacevole di Garzanti del 1968, il Catalogo Bolaffi dei vini italiani, che ebbe diverse edizioni, dal ’72 ai primi degli anni Ottanta, e che poi continuò per un paio di edizioni con la Giorgio Mondadori, sono state in assoluto le opere più complete ed innovative della sua epoca. Io credo di essermele imparate a memoria. Poi va sottolineato che quando Gino scriveva, non c’era nulla prima di lui.

Noi, anche il Gambero, abbiamo trovato la parte più dura del percorso già fatta. Ricordo che quando uscì la guida dei vini nel novembre del 1987 lui mi disse che era un bel lavoro ma che si sarebbe aspettato più novità, visto che non c’era una sola azienda della quale lui non avesse già scritto. Aveva ragione.

Tra gli allievi del Gino mi sembra di ricordare Gianfranco Fino, Luca Maroni (“Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno” [cit.]) e non so quanti altri. Facciamo che questa diventi una bacheca condivisa in cui condividere ricordi, racconti ed emozioni di quell’uomo senza cui, magari, molti di noi ora starebbero a parlare di giardinaggio e pesca sportiva. Vorremo bene anche a chi magari trova eccessivo buonismo attorno al ricordo di un personaggio controverso come ogni grande che si rispetti.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

33 Commenti

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kenray

circa 13 anni fa - Link

questi attacchi di enonostalgia aka sdolcinati epitaffi post mortem aka rivisitazione dl pianto greco...mi fan venire il diabete addendum ora che ci penso..una volta ho scritto a cicciolina..ma non mi ha mai risposto.

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Schigi

circa 13 anni fa - Link

Quando morirai, sulla tua tomba ci verrò a pisciare. Così, per farti felice.

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kenray

circa 13 anni fa - Link

mi farò cremare al limite ti fai una sniffata

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Andrea Gabbrielli

circa 13 anni fa - Link

Gino lo dovevi accettare per quello che era: uno straordinario personaggio ricco di umanità e anche di contraddizioni. Dotato di grande fascino non hai smesso di essere curioso. Per certi versi la scelta dell’anarchia che ha sempre rivendicato nel corso della sua vita andava perfettamente d’accordo con quel suo essere giornalista e scrittore, affabulatore e comunicatore di rara efficacia. Ho iniziato a leggere Veronelli negli anni Settanta quando avevo 18/20 anni. Il primo approccio è stato con dei libretti con la copertina di plastica che facevano parte della biblioteca di mio padre. Della collana, denominata Biblioteca del Gastronomo, ancora conservo quattro titoli, tre sono di Veronelli ( I vini francesi, La Cucina d’Amore e La Cucina di Notte ) e uno di Carnacina ( Le Salse). Il nostro punto di incontro è stata Pantelleria dove lui per molti anni ha avuto un immobile che però non ha mai vissuto. E’ stato l’unico che ha accettato di pubblicare su Ex Vinis ( settembre 1997) una mia inchiesta su quanto stava succedendo al vino dell’isola in quell’epoca. Molti altri mi avevano detto di no, per paura delle conseguenze. Poi la collaborazione anche con I semi. Negli ultimi anni l’ aspetto”politico” che per molto tempo sembrava dimenticato era balzato fuori con prepotenza: spiazzando tutti aveva iniziato un fitto confronto con i giovani dei Centri Sociali con i quali aveva promosso Terra e libertà/ Critical wine. Questa, come altre iniziative “movimentiste” che aveva intrapreso nel corso della sua vita per la difesa dei diritti dei più deboli, davano la misura non solo della sua unicità ma anche della sua capacità di “sentire” e di interagire con gli altri. Non ha mai avuto paura di prendere posizione nette. Era un socio onorario di Libera Uscita, l’associazione che tra l’altro si batte per la depenalizzazione dell’eutanasia. Ecco il brano di un testo intitolato “Eutanasia – morte bella serena “ che aveva scritto nel 2000. “ Io sono una quercia spinosa che ha dato buone ghiande. Svelo un segreto: in me hanno vissuto e vivono fascinose cocciniglie capaci di preparare tinture scarlatte. Robusto, resistente, alto, voglioso di produrre ghiande e di ospitare cocciniglie; nell'esatto momento della loro scomparsa - ghiande e cocciniglie - (calano, oh se calano) invoco d'essere tagliato. Le cocciniglie su un cadavere produrrebbero tinture cineree. Sarò invece descritto, sino al centunesimo - come la quercia di Tolstòj: "Sul margine della strada c'era una quercia. Probabilmente più vecchia delle betulle che formavano il bosco, era dieci volte più grossa e due volte più alta di ogni betulla". Andrea Gabbrielli

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Armando Castagno

circa 13 anni fa - Link

Grazie, Andrea.

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Tommaso Farina

circa 13 anni fa - Link

Io non condividevo con alcuni pensieri fuori dalla professione, ma un giorno definì "splendidi" alcuni miei articoli, e onestamente mi sono sentito onorato, orgoglioso. Ho capito che la strada che stavo facendo era quella giusta. Avevo vent'anni e mezzo, se non sbaglio.

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Tommaso Farina

circa 13 anni fa - Link

"Io non condividevo CON LUI", scusate l'errore.

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Nelle Nuvole

circa 13 anni fa - Link

Gino Veronelli invento' un programma tv "colazione allo studio 7" Ancora lo ringrazio per avermi salvato dalla noia di tante domeniche con entrambe le nonne a pranzo. Ha tanti meriti, certo, che verranno raccontati da altri. Vorrei pero' aggiungere che era anche un terribile "provolone" a volte superando il limite del semplice apprezzamento femminile. Noto che quando un personaggio famoso non c'e' piu' si tende a fargli fare la fine di Gianni Agnelli: a che cavolo di ora si svegliava la mattina per avere il tempo di telefonare a mezzo mondo come tutti si affrettarono a dichiarare una volta scomparso l'Avvocato? Cosi' con Veronelli, amici e allievi a gogo'. Mi sembra che nei suoi ultimi anni fosse stato messo un po' da parte. Sbagliero'...

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Franco Ziliani

circa 13 anni fa - Link

tutti noi che facciamo questo strano/meraviglioso lavoro di giornalisti del vino dobbiamo tutto a Veronelli. Senza il suo esempio e le sue intuizioni oggi le nostre vite sarebbero profondamente diverse. Quindi ognuno di noi, anche il sottoscritto che si é permesso di criticare, vivo Gino, alcune sue scelte, abbiamo il dovere di contribuire alla creazione di una memoria condivisa e grata. Quello che non mi piace e che rifiuto é che qualcuno si erga a continuatore ed erede di Veronelli, cosa che non si sognano di fare Gigi Brozzoni, tuttora direttore del Seminario Veronelli, Francesco Arrigoni, che ha lungamente lavorato con Gino e nemmeno suo genero Arturo Rota. E' questo che m'indigna, la faccia tosta di qualcuno, che a Veronelli dovrebbe limitarsi a rendere omaggio e dire grazie, come tutti noi...

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Franco Ziliani

circa 13 anni fa - Link

una precisazione: ovviamente non mi riferisco né al Masna né tantomeno a Cernilli.

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Ivano Antonini-EnoCentrico

circa 13 anni fa - Link

Concordo con Franco. Tutti quelli che hanno a che fare con il vino oggi, devono tutto a Veronelli! Anche le nuove generazioni che non lo hanno conosciuto... Io non mi considero un suo allievo (ma di Masnaghetti in un certo senso sì e quindi è come se lo fossi...), ma quando ho iniziato con il mio lavoro, non c'era il web e tutte le nuove forme di comunicazione e quindi i suoi scritti, le sue riviste e le sue guide erano la mia bibbia. Purtroppo, rimpiango di averlo incontrato poche volte e a malattia già avanzata, ma quei dialoghi fatti di pochi minuti, mi rimarranno impressi per sempre nella mia memoria. Frequentavo assiduamente il Seminario Permanente, perché erano delle "palestre" di crescita e non dimenticherò mai la commozione di quel giorno, grigio e freddo, al cimitero di Bergamo per regalargli l'ultimo saluto. Ci manchi tanto, caro Gino!

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flaminio cozzaglio

circa 13 anni fa - Link

Andate a rileggervi cosa scrivevano i vari Cernilli nei primi anni dei loro cataloghi/riviste , quando bisognava far le scarpe a Veronelli , dopo , questo è vero , aver imparato tutto da lui .

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Alessandro Morichetti

circa 13 anni fa - Link

Se ci fai una sintesi tu è meglio, non saprei dove cercare e ho più di un dubbio che troverei qualcosa nella direzione che indichi.

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cernilli

circa 13 anni fa - Link

"I vari Cernilli" non scrivono di vino. Nella mia famiglia lo faccio solo io e non ho mai scritto nulla che fosse meno che rispettoso nei confronti di Gino, del quale sono stato amico da quando l'ho conosciuto, nel marzo del 1979, fino a quando è scomparso. Tutti coloro che ci conoscevano, da Giannola Nonino a Maurizio Zanella, da Cesare Pillon a Paola Mura, potrebbero facilmente testimoniarlo. Quindi il signor Coccaglio farebbe bene a parlare di altri e a non tirare in ballo il mio nome in modo superficiale e cialtronesco.

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cernilli

circa 13 anni fa - Link

Scusa Morichetti, ma siccome non ci sto alle affermazioni insultanti del signor Coccaglio o Cozzaglio o come diavolo si chiama, mi permetto di autocitarmi. Quello che leggerete, se vorrete, qui sotto è un editoriale uscito sul Gambero Rosso del luglio del 1998. Gino era vivo, non proprio sulla cresta dell'onda, ma in gran forma. Le ragioni di Veronelli di Daniele Cernilli Spesso si sente dire che la gratitudine non sarebbe di questo mondo. A vedere quanto sta accadendo oggi nell’ambiente del vino nei confronti di un grande personaggio come Gino Veronelli non si può che confermare la giustezza di un simile detto. Fino a qualche anno fa, infatti, le sue prese di posizione, le sue polemiche, in una parola, le sue idee, erano al centro delle discussioni di chi, per un motivo o per un altro, si occupava di vino. Da un po’ di tempo a questa parte, invece, di lui si parla meno, quasi si trattasse ormai di una vecchia gloria e non di chi ha inventato la critica enologica e il giornalismo enogastronomico in Italia. Una situazione paradossale, visto che in altri settori famosi e anziani giornalisti sembrano vivere un momento di eccezionale popolarità e sono spesso presenti in importanti trasmissioni televisive. Del vecchio Veronelli, geniale affabulatore e uomo di cultura raffinatissima, se ne ricordano in pochi. Forse perchè ha scritto prevalentemente di cibo e di vino, argomenti evidentemente “volgari” e minori per il nostro mondo intellettuale, anoressico e provinciale. Eppure Veronelli nel mondo del vino è stato fondamentale in almeno due momenti. Il primo fu proprio all’inizio della sua carriera, negli anni Sessanta, quando iniziò a parlare di “cru” e di vini ottenuti solo dalle uve prodotte direttamente dalle singole aziende. Lo slogan che usò era “il miglior vino lo fa il contadino”, dove per “contadino” intendeva più che altro il viticoltore, fosse anche il principe Boncompagni Ludovisi di Fiorano. Ma la sua idea, mediata ovviamente dalla tradizione francese, può oggi essere considerata di una lungimiranza eccezionale. Cosa sono le ricerche sulla zonazione che ormai si fanno in molte zone d’Italia se non l’applicazione scientifica di quelle posizioni? E siamo sicuri che se Veronelli non avesse tanto battuto su quell’argomento molti viticoltori medio piccoli avrebbero iniziato a produrre in proprio anziché conferire le uve alle cantine cooperative o alle grandi aziende commerciali o industriali? La seconda intuizione davvero importante fu, invece, una decina di anni dopo, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. Si trattava della “scoperta” delle barriques anche per i migliori vini italiani. Certo, l’uso delle botticelle di rovere francese da noi fu sperimentato da Giacomo Tachis nella cantina di Sassicaia, poi in quella della Marchesi Antinori. Ma Veronelli fece da megafono a tutto questo e fu in parte merito suo se il Sassicaia divenne in breve un vino famosissimo e se molti produttori si posero per la prima volta il problema di sperimentare nuove strade. Oggi, almeno per la maggior parte dei grandi rossi, l’uso della barrique è quasi un dato scontato. E di certo non per i profumi vanigliati o per la “concia” del legno nuovo, ma per precise questioni tecniche, come la stabilizzazione delle sostanze coloranti e la maggiore capacità di tenuta nel tempo. Eppure quando Veronelli ne parlò con grande convinzione non furono in pochi a contestarlo duramente, in genere a sproposito. Qualcuno ricorderà la polemica definizione “i vini del falegname” che Davide Paolini, collaboratore de Il Sole 24 Ore, affibbiò ai vini “barriquati”. Invece aveva semplicemente ragione il vecchio Veronelli, e forse, di tanto in tanto, sarebbe opportuno ricordarselo e dargliene atto.

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Giulia Angela

circa 13 anni fa - Link

..costruzione di una memoria condivisa... che vuol dire? ci sono in giro perfino fin troppi "figli" di Veronelli. Grande Veronelli, un uomo Libero, ma libero davvero, uno che "rompeva" gli schemi e li rompeva sul serio.. mica come tanti che lo scimmiottano e sotto sotto sono un groviglio di contraddizioni, viltà, di finte lotte, finte libertà, e giù, chi più ne ha più ne metta. dogmi, religioni, armate schiaviste. La costruzione di una memoria condivisa..? per me? senza dubbio il "PIACERE". piacere della carne: cibo, vino, sesso = carne, sangue, cervello. Veronelli, un uomo libero davvero, un uomo che godeva del piacere riservandosi per questo condanne morali e materiali. Poco tempo fa...o forse molto tempo fa (non ricordo più)... in preda ad una onda scomposta di ormoni febbricitanti definii un uomo l'unico probabile erede di Luigi Veronelli. Mi sbagliavo. Luigi Veronelli E' Luigi Veronelli.

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davide bonucci

circa 13 anni fa - Link

Questo è un bel ricordo, mi piace molto. Meno agiografico e ufficiale, lo fa risentire come vivo e pulsante, particolarmente nelle pulsioni più passionali ed erotiche, non comunicate al grande pubblico.

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flaminio cozzaglio

circa 13 anni fa - Link

Il dubbio è la strada della ricerca . A cavallo degli annni80/90 Veronelli era , basta sfogliare le riviste , un vecchio rimbambito (circa 60 anni) fiducioso delle proprie qualità individuali , mentre era d'uopo affidarsi al giudizio di squadroni ben allineati . Come si sa , il numero produce opinione , almeno per la critica militante . Ah , scusa , dimenticavo , il dubbio è anche quello stato d'animo che indica l'inutilità della ricerca , almeno , di un certo tipo di ricerca , quella che infastidisce i dogmi , i propri , è chiaro .

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Paolo Tombolini

circa 13 anni fa - Link

(premessa... sarò lunghissimo, sorry) Forse l'ho raccontato ad una decina di persone, ma adesso che scopro questa bacheca con tale suggerimento, ho una voglia matta di raccontarla la *mia* parte di storia in cui ho incrociato Luigi Veronelli. Poi la richiudo nel cassetto. 2001. Era il tempo che Esperya lanciava un'idea-sito chiamato Enotrya che aveva l'ambizione forse coerentemente rappresentata nei contenuti, ma non altrettanto nell'esperienza degli acquisti e dei prezzi al pubblico, di offrire una vasta selezione dei vini diciamo *pregiati* da tutto il mondo. Per far ciò si era dotata di un tunnel-cantina lunga 100m dove "stagionavano" al buio, in umidità e temperatura costante, qualche migliaio di etichette. Antonio Tombolini, ideatore di Esperya e Enotrya, era entrato in contatto con il gruppo Veronelli credo, se non sbaglio, per via del progetto delle De.Co. (denominazioni comunali, uno degli obiettivi eno-gastro-culturali di Veronelli) e anche per gli oli che Veronelli aveva selezionato, mi pare. Massimo Bernardi, allora uomo-comunicazione in Esperya ne saprebbe i minimi particolari e magari correggermi ove sbaglio. Quando si pensò al lancio di Enotrya, il contatto già esisteva, ma Veronelli non era mai stato da noi; così accettò volentieri di far da padrino alla e-cantina, anche concedendosi 4 giorni nelle Marche, accompagnato dalla sua raffinatissima e assai eno-competente moglie. Prima di dieci ore dal suo arrivo io ne sapevo poco o niente, del programma intendo. A due ore dal suo arrivo Antonio mi dice che era fuori e non sarebbe arrivato che dopo cena, mentre Veronelli giungeva a Loreto accompagnato da Filippo Polidori. Mi fece prenotare da Andreina, un posto oggi cresciuto molto; quella sera non diede il massimo, anche perchè mancava Errico, il giovane chef, ma Veronelli era stanchissimo e non "fece appunti", ricordo come reggeva con fatica la luce diretta, aveva voglia di andare a letto, era un comune mortale anche lui ...un primo assaggio e poi... ecco che iniziai la mia *storia con Veronelli: il suo autista per quei giorni. Lo accompagnai quella sera a Recanati dove dormiva ospite della Contessa e Conte Leopardi, luogo in cui sarebbe stata "inaugurata" Enotrya, con una degustazione di 5 grandi etichette 1985 italiane vs 5 grandi 1985 francesi nelle Cantine sotto il Palazzo Leopardi. La mattina dopo andammo a visitare Bocca di Gabbia: certo per chi come me era ancora un pò "astemio" di eno-cose, vedere l'effetto di *portare* Veronelli in una cantina o in un ristorante era qualcosa di unico: ma non per l'aurea che il personaggio si dava, ma per gli occhi dei suoi interlocutori che si "incendiavano" di riconoscenza per ogni suo gesto, parola, anche rimbrotto o consiglio. Il giorno dopo andammo per i colli del Verdicchio: l'appuntamento era da Colonnara e quando arrivammo penso che c'erano almeno un centinaio di persone, ma quella a cui subito Veronelli dedicò maggior calore fu... il cantiniere anziano, che ci aspettava nella zona delle barrique... era forse il più anziano lì e sembrava che con Veronelli avessero fatto le elementari insieme. Ma c'è un aneddoto unico da Colonnara, che per farci vedere tutti i vigneti più impervi per i cru di Verdicchio, mi pare per il Tufico, mi fa arrivare praticamente dentro il vigneto... così quando riparto mi accorgo...che ho una ruota bucata!!! ma ci pensate con Veronelli a bordo e una ruota bucata!... e adesso? - mi dissi - nessun problema, prima di un respiro praticamente 15 operai della Colonnara avevano "alzato" la mia macchina, cambiato la gomma, e manco al box Ferrari, eravamo pronti per ripartire... tanto veloci, che Massimo Bernardi, sempre navigatore della ns missione, che nel frattempo guarda caso era stato sempre al cellulare, manco s'era accorto... beh, l'unico cruccio nella storia comica è stato che per quel tempo perso lì, dovemmo rinunciare alla visita da Lucio Canestrari di Coroncino. Veronelli volle però chiamarlo dalla macchina per salutarlo e gli promise che si sarebbero presto rivisti. Quella sera, rientrati a 60 all'ora con il ruotino, era previsto riposo fino a cena e poi, cambiata la gomma, da Moreno Cedroni alla Madonnina. Per Veronelli quella cena fu eccellente, Moreno servì tutto, e Veronelli sembrava compiaciuto forse, ancora più del sapore, della voglia di osare dello chef. Curioso a ritorno lo scambio di vedute fra Veronelli e sua moglie: per lei la cena non era stata molto buona, troppo... strana e scomoda "con quei cucchiai", e lui invece convinto e contento. Rimanevano 2 giorni, non ricordo benissimo la sequenza, ma certo i contenuti. Direi allora che il primo dei due forse fu la degustazione alle Cantine del Palazzo Leopardi con i top wine francia vs italia 1985, a cui parteciparono un po' di nomi noti che Massimo e Antonio avevano saputo convocare. Poi fu divertente la cena, organizzata con la collaborazione delle strutture di Schonhuber Franchi e la regia gastronomica di Eleonora e Marco Casolanetti dell'Oasi degli Angeli, nonchè produttori del Kurni, con l'alberghiero di Loreto a servire di tutto punto, a cui Vizzari ricordo "assegnò" un non-male 14/20...che considerato si fosse in un magazzino... L'ultimo è il giorno di una colazione che ricordo con intimità. Poi la giornata la trascorre con Antonio a parlare di progetti e idee. Quindi la sera si dice stanco, ma noi non potevamo non fargli l'ultima proposta: si va da Mauro Uliassi. Chiamo e prenoto: siamo tutta la solita banda di Esperya, con Veronelli e moglie. Entra in sala e credo che forse anche Catia e Mauro potrebbero ricordarselo, fu un bel momento; mi pare che Veronelli anticipò subito che non sarebbe andato oltre una certa ora. Infatti dopo gli antipasti e assaggi di primo, mi chiese di poter andare, si scusò con lo chef e salimmo in macchina. Anche qui una storia buffa, si fece rileggere dalla moglie la recensione (non di una sua visita) di Uliassi nella sua guida dell'anno, e le disse di prendere degli appunti... io provavo ad origliare... ma dovevo essere un autista professional... cmq, la storia narra che l'anno dopo Uliassi ebbe qualcosa in più... Ci salutammo quella sera, mentre tutti gli altri stavano continuando una cena da Uliassi che fu definita da alcuni presenti *storica*, e poi ci rivedemmo ad un convegno a cui andai al Salone del Vino. Qui, in questo sito, in tanti sicuramente avranno storie e unicità vissute con Veronelli. Veronelli, che mi disse dal primo giorno, come diceva a tutti, "chiamami Gino" ...e che io non ci riuscivo e non ci riesco. Tengo "da conto" una sua dedica scritta e un suo sincero abbraccio.

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Paolo Tombolini

circa 13 anni fa - Link

...solo una doverosa aggiunta... unica fu anche la visita alla Cantina e alla nuova imponente area interrata delle barrique di Umani Ronchi con la famiglia Bianchi-Bernetti a fare da padroni di casa. dovere di cronaca.

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Schigi

circa 13 anni fa - Link

La cosa più bella di Veronelli da morto è che ognuno dice che, quando era vivo, gli ha fatto tanti complimenti. Io me lo ricordo diverso.

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Nelle Nuvole

circa 13 anni fa - Link

Bravo Schigi, bevi tanta birra, ma il cervello lo tieni sveglio e anche la lingua. Niente da dire sul contributo di Gino Veronelli, ma se non ricordo male negli ultimi anni della sua vita se ne parlava come di chi aveva fatto il suo tempo e ormai era perso in discorsi fumosi e ottenebrati dall'alcol. Non sara' stato nessuno di quelli che in questo post ha fornito memorie commosse, ma avoglia se c'era gente che lo considerava cosi'. E mi viene il latte alle ginocchia quando leggo "il piacere della carne=cibo,vino,sesso, carne, sangue, cervello (manco il macellaio sotto casa) Se uno ti tocca il culo, ti tocca il culo. Puoi essere Veronelli uomo libero vero, ma sempre un pochino stronzo sei, anche inconsapevolmente e sempre per amore dell'eterno femminino da sposare al vino.

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Franco Ziliani

circa 13 anni fa - Link

ancora una volta totalmente d'accordo con Nelle Nuvole. E comincia a diventare imbarazzante quanto io tenda a trovarmi in piena sintonia con lei... Non mi riconosco più... :)

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Davide Bonucci

circa 13 anni fa - Link

Non mi pare il caso di fare del moralismo sui passati approcci maldestri di un defunto. Se era una persona schietta e sanguigna, non c'era da aspettarsi qualcosa di diverso nei comportamenti con le donne, temo. O mi venite a dire che preferivate veder vivere un Veronelli educatino e magari un po' frustrato. Sarebbe passato nel dimenticatoio: una personalità forte è fatta anche di eccessi e sgradevolezze, la Storia ne è piena e ne abbiamo esempi didascalici anche oggi. Sinceramente, questa cosa me lo rende più simpatico... :D Tempi diversi, adesso basta uno sguardo venuto male e c'è il rischio di una denuncia per stalking...

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Nelle Nuvole

circa 13 anni fa - Link

E chi fa moralismo, mi da solo fastidio che da una parte ci si batta il petto per una persona che negli ultimi anni della sua vita veniva quasi considerato un reperto archeologico dal nuovo che avanza e dall'altra che gli si giustifichino certi atteggiamenti perche' era sanguigno e simpatico, una personalita' forte. Se ti approfitti della tua posizione e notorieta' per fare il paterno e intanto allunghi la manina non e' un gioco alla pari perche'la persona che ne e' oggetto e' piu' debole. Comunque chissenefrega, volevo solo raccontare un lato meno onorevole di una persona che di onori ne merita sicuramente tanti. Gino Veronelli e' un pilastro della storia del vino italiano, per certi aspetti addirittura un genio anticipatore di tante tendenze. Mi sembra che nessuno abbia parlato di come era rimasto positivamente sorpreso della qualita' dei vini californiani, in occasione credo della sua prima visita in loco. In tempi di "barriccaggio selvaggio". Pero' non ne facciamo un santo.

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Giulia Angela

circa 13 anni fa - Link

....ehi ehi ehi, Nelle Nuvole...quanta foga, che succede? vittima di qualche toccata di culo? E' cosi bello il sesso, magari non lo pratichi da un pò, se vuoi ti presto la mia collezione di De Sade. Veronelli era libero... (!).

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Nelle Nuvole

circa 13 anni fa - Link

Si' grazie prestamelo cosi' mi libero anch'io. Visto? A parlare di certe cose si trova sempre un'amica caritatevole.

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Vinogodi

circa 13 anni fa - Link

...pure io...

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Vinogodi

circa 13 anni fa - Link

...pure io . Così come i vecchi giornalisti enogastronomi , per chi li ha conosciuti , si sa che erano se non proprio dei gran puttanieri , senz'altro amanti non solo del buon mangiare e buon bere ma anche , senza tanti giri di parole , di ottima grazia muliebre . Come il grande Franco (Tommasi Marchi) , proprio il Gino e il Gianni (Brera) ... tutto il resto è poesia...

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Davide Bonucci

circa 13 anni fa - Link

Pure Gianni Brera provolone?! Tutti morti troppo giovani... :(

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flaminio cozzaglio

circa 13 anni fa - Link

Veronelli ha scritto più/meglio di tanti letterati : non si può ricordare tutto . Nel suo primo viaggio in California lo accompagnarono , entusiasti come lui dalla scoperta dei barricati , Bologna e Zanella , non ricordo gli altri nè ho voglia di sfogliare il mio archivio . I santi vengono santificati perchè non sono troppo frequenti ....ma per essere quasi santo le qualità di un Veronelli bastano e avanzano .

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Pasquale

circa 13 anni fa - Link

Penso che duesono le cose che piu'di tante altre ricordano, ma sopratutto sono il naturale evolversi e la continuazione del lavoro, dello spirito, della passione...di Luigi Veronelli: La guida "I vini di Veronelli" curata da Gigi Brozzoni e il progetto "La terra trema" www.laterratrema.org ...

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Andrea Gabbrielli

circa 13 anni fa - Link

A mio modesto parere questo dibattito sulla memoria condivisa – l’idea di discuterne è davvero buona e giusta - conferma, purtroppo, la nostra capacità di dividerci quasi su tutto. Peccato, davvero un peccato.... Gino meritava qualcosa di più.... anche perché alcune cadute di tono potevano proprio essere evitate

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