La grandezza di Burton Anderson e il peso di una contraddizione

di Alessandro Morichetti

Pubblicato su Enogea 40 e in 5 puntate sulla pagina FB della rivista (cui rimando), un lungo articolo di Burton Anderson offre tra i 100 e i 200 spunti di riflessione. Ho conosciuto questo grande uomo del vino italiano in una occasione in cui poi, lo ammetto, peccai di gioventù con un titolo potente (“Lo scandalo del metanolo è la cosa “migliore” mai successa al vino italiano. Parola di Burton Anderson“) che avrei dovuto circostanziare ed argomentare meglio. Tirata d’orecchi e lezione recepita, ci sta. Adesso leggiamo però insieme questo stralcio della lunga intervista tradotta da Giampaolo Gravina perché poi ci ricollego un paio di riflessioni (e chi non ha Fb se lo faccia leggere, per ora): Grandi disgustazioni di Burton Anderson.

Riflessione numero uno: Molti dei miei scrittori di vino preferiti campano facendo un mestiere precisamente descritto qui. Assaggiano in batteria, scrivono, danno valutazioni numeriche, recensiscono. Di loro ho una grandissima stima ma questo fanno. Sbagliano? Certo. Però UNA DELLE utilità del wine writing è offrire informazioni fruibili con certa velocità per l’acquisto. Tu decidi di chi fidarti, poi ti confronti con un taglio critico piuttosto che l’altro. Ma questo implica listoni, assaggi anche veloci seppure analitici, segnalazioni.

Riflessione numero due: Il numero dei campioni degustabili con lucidità è oggetto di continue disamine. Se ne parlò anche qui con una serie di commenti pepati in cui a confrontarsi furono la fazione “professionisti del vino”, capitanata da Cernilli Daniele, e quella “porthosiani”, capitanata dal Gianpi Giacobbo. Quanti vini sono degustabili al giorno? Le degustazioni in batteria hanno senso? Le anteprime sono attendibili?
Perché non possiamo prendere botte piena e moglie ubriaca. Applaudire Anderson e poi sbatterci tutto l’anno per correre dietro a degustazioni seriali cui diamo un valore e a cui leghiamo fiumi di parole non mi sembra sia il massimo della coerenza. Mettiamoci d’accordo. Io non le amo, le trovo utili per qualcosa, però se le facciamo non possiamo poi nasconderle dietro un dito.

Per ora, mentre ci rimugino sù, prima che un domani qualcuno dica “Perché io sono stato cultore di Burton Anderson, dopo essere stato allievo di Veronelli”, sarei molto interessato a frequentare in vita cultori di Burton Anderson quindi chi si ritrova in quanto scritto sappia che cercherò di contattarlo quanto prima.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

2 Commenti

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MadeinVino.COM

circa 11 anni fa - Link

C'è molta differenza tra degustare bianchi o rossi, ad esempio c'è chi dice che è più facile degustare 40/50 bianchi di seguito che 10/12 rossi da invecchiamento in quanto i tannini bloccano la sensibilità.

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gp

circa 11 anni fa - Link

Un rapporto di 1 a 5 mi sembra del tutto irrealistico. Un assaggiatore con un minimo di allenamento, se ha un po' di tempo a disposizione, riesce ad affrontare 10-12 vini quali essi siano (purché non siano... vini al metanolo!). Invece 40-50 vini anche se privi di tannino affaticano chiunque, esclusi gli assaggiatori seriali del "mastica e sputa e avanti un altro".

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