Finalmente posso fantasticare di come si diventa Master of Wine. L’intervista a Roberto Anesi

di Alessandro Morichetti

Insieme ad Alessandro Torcoli (Civiltà del Bere) e Anastasia Roncoletta (Allegrini), Roberto Anesi è uno dei 3 candidati italiani in corsa per il prestigioso titolo di Master of Wine. Trattandosi di un riconoscimento mai arrivato in Italia, così figo che puoi metterlo sull’elenco telefonico come fossi un Dott., Avv., Ing. o semplice Test. di Cazz. Figl. di Putt., mi sono precipitato a contattare Roberto – sommelier trentino (e patron del ristorante El Pael di Canazei) appassionato, modesto e sempre sorridente – per chiedergli come funziona, quanto costa, cosa si beve, quanto si studia. Praticamente tutto. E ho finalmente avuto risposta!

Quando e perché hai deciso di tentare il cammino per MW? Come mai secondo te non ce n’è ancora uno/a italiano?
Come spesso accade tante cose iniziano quasi per scherzo… Ho ricevuto una e-mail dall’Istituto Grandi Marche nella quale si comunicava l’inizio di un seminario introduttivo alla Tenuta Tignanello. Avevo già seguito qualche informazione sul programma di studio master of wine ed ero molto attratto dalla sua “internazionalità” ed ho così deciso di parteciparvi.
Al termine del weekend, poi, abbiamo sostenuto un esame di idoneità che ho passato. Da lì ho pensato e ripensato per 100 giorni se iscrivermi o meno ed alla fine ho deciso di provare a giocarmi le mie carte per non avere nessun rimpianto un domani. Sicuramente un lungo periodo di studi mi aiuterà ad approfondire le mie capacità di degustazione, mi aiuterà ulteriormente dell’approfondimento dell’inglese tecnico (che ritengo un patrimionio di valore assoluto).

Perchè non abbiamo ancora un italiano?? L’ho chiesto anche io ai MW che ci hanno seguiti in Toscana e la loro risposta è stata secca: “gli italiani non hanno senso critico e non affrontano l’argomento direttamente ma ci girano attorno. Detto questo sanno sicuramente degustare molto bene i vini”.
Personalmente credo che il modello di studio molto anglosassone sia un ostacolo piuttosto importante per noi che proveniamo da modelli di istruzione diversi.

Come funziona? Quanto costa?
Il Master of Wine Study Program* è un impegnativo percorso formativo della durata di tre anni che conduce alla prova di ammissione all’Institute of Masters of Wine. Organizzato in Europa, Nord America e Australia, il programma di studi è così strutturato:
First Year & First Year Assessment (FYA): una giornata di corso introduttivo nel mese di dicembre; sette giorni di seminario a gennaio e altri due giorni in primavera. La valutazione prevede una prova di degustazione su 12 vini e la stesura di due componimenti. Obbiettivi: studio e acquisizione delle abilità di analisi di un Master Wine con sviluppo di pensiero critico e capacità di scrittura di testi sulla degustazione.
Second Year & MW examination (Parte 1 e 2): due giornate di corso introduttivo in autunno, cinque giorni di seminario e un esame in primavera nelle sedi di Londra, Napa e Sidney. Tale esame prevede: una parte pratica con la degustazione cieca di 12 vini e una parte teorica con composizioni circa la produzione vinicola, il business del vino e tematiche di attualità enologica.
Third Year: MW examination (Parte 3): una dissertazione di 10 mila parole su un argomento originale relativo al mondo del vino.
Il costo di iscrizione al programma è di 3000£.
Certo… Londra non è proprio dietro l’angolo per cui vanno calcolati anche gli spostamenti, le bottiglie di vino, i libri, ecc.

Da quanto hai iniziato? Cosa ti ha colpito?
Sono andato a Londra per la prima volta a fine novembre per la giornata introduttiva, la scorsa settimana invece abbiamo partecipato al seminario di Rust. Dovrò andare a Londra ancora 2 volte volte prima dell’esame di giugno per degli ulteriori giornate di approfondimento.
Nel nostro programma però ci sono anche delle scadenze mensili che dobbiamo rispettare per l’invio di degustazioni su vini che ci vengono dati da loro e per delle tesine.
Di cose che mi hanno colpito ce ne sono veramente molte: dall’efficenza di tutto lo staff all’alta professionalità delle persone che abbiamo incontrato o con le quali abbiamo avuto a che fare, la serietà e l’integrità dell’Istituto.

Se diventassi MW come cambierebbe la tua vita?
Se devo essere sincero ti rispondo subito che non lo so e che non ci ho mai pensato.
Intendo dire che il programma di studio è veramente notevole, le qualità richieste sono importanti, il tempo da dedicare è tantissimo e quindi non ho mai preso in considerazione l’idea di poter diventare un domani un MW.
Certo… se tutto andasse per il migliore dei versi e questo accadesse allora dovrei fare delle riflessioni e capire come dare il giusto peso ad un titolo così poco conosciuto in Italia ma estremamente importante in tutto il resto del mondo.

Chi sono i tuoi colleghi? E i tuoi insegnanti? Qualcuno ti ha colpito particolarmente?
Nel seminario di Rust la classe era formata da circa 45 studenti provenienti da ben 18 diverse nazionalità nel mondo. Devo ammettere che questo “melting pot” di professionisti del vino è stato l’elemento in più, il vero valore aggiunto all’esperienza. Chiacchierare con il ragazzo che importa vini ad Hong Kong o con il sommelier australiano, con chi commercia vino in Brasile o Venezuela e poi parlare con l’importatore di vini a Londra esperto in mercati asiatici ti arricchisce e ti da punti di vista estremamente stimolanti e nuovi.
Per quanto riguarda i nostri relatori MW non posso che parlarne in toni entusiastici. Nelle varie lezioni ho capito che ad un titolo del genere non ci si arriva per caso e devo dire che la loro preparazione spesso mi ha lasciato davvero stupito. E’ però nell’approccio alla degustazione che ho notato una metodica davvero precisa, puntigliosa a tratti quasi maniacale… non per niente uno dei loro motti dice “degusta come un detective e scrivi come un avvocato”!!!
Direi che tutti i relatori mi hanno ampiamente soddisfatto e citarne uno in particolare toglierebbe merito agli altri ma se devo però farti proprio un nome ti direi Christy Canterbury, una MW residente a NY: di lei mi ha impressionato l’estrema attenzione che dedicava ogni singolo assaggio anche nelle degustazioni itineranti che ogni sera ci aspettavano in albergo al rientro dalla giornata di studio.

Cosa hai studiato e assaggiato fino ad ora?
Il programma della settimana è stato decisamente molto interessante con degustazioni cieche tutte le mattine che venivano poi discusse assieme a tutta la sala o in piccoli gruppi in un successivo debriefing. I pomeriggi erano più dedicati alla teoria: i monopoli della Scandinavia, mercati emergenti ed estremamente diversi come quello canadese e quello russo, una bellissima degustazione con lo chef de cave di Bollinger, il piano strategico di marketing dell’Austrian Wine, un corso di potatura in vigna (sotto la neve!!!) ed altro ancora.
Riguardo i vini degustati però non posso farti nessuna confidenza in quanto ci è stato espressamente richiesto di non divulgarli per rispetto dei corsisti del seminario australiano che di terrà tra poco e di quelli del secondo anno a Bordeaux che assaggeranno le stesse cose.

Dimmi 5 vini strepitosi che ti hanno fatto assaggiare e perché ti hanno emozionato.
L’ultima sera abbiamo portato tutti due bottiglie da condividere a cena con il gruppo su invito dell’Institute quindi puoi immaginare quante cose buone giravano in quella sala… ho assaggiato uno scalpitante e coinvolgente Barolo 1964 Giuseppe Mascarello, un elegantissimo Clos Rougeard Les Poyeux 2003, un Vouvray 1989 (ma non ricordo il produttore) dalla complessità enorme ed un Porto Vintage 1963 Ferreira ed un Ausbruch Pinot Grigio 1981 di Peter Schandl, piccolo produttore proprio di Rust, dolcissimo (300 gr/l.) ma equilibratissimo!!

Io ho portato due bottiglie di Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 1997 che hanno riscosso un successone tra tutti… davvero un bel modo per rappresentare il mio territorio!

[*Fonte: Civiltà del Bere]

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

21 Commenti

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Armando Castagno

circa 11 anni fa - Link

"Gli italiani non hanno senso critico e non affrontano l’argomento direttamente ma ci girano attorno". Come no. Suonano anche bene il mandolino, se vanno in Svezia spopolano, sono gente allegra, piena di inventiva. Quasi tutti hanno baffi neri, inoltre.

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Mr. R.

circa 11 anni fa - Link

Si chiamano anche tutti Mario. Guarda un pò!

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Rossano Ferrazzano

circa 11 anni fa - Link

Io stavo per scrivere ugualmente in riferimento a questo passaggio, ma per cercare di capire che cosa significa/significherebbe che i professionisti del vino italiani non hanno senso critico. L'unico altro riferimento all'approccio critico spunta fra gli obiettivi del primo anno di corso: "Obbiettivi: studio e acquisizione delle abilità di analisi di un Master Wine con sviluppo di pensiero critico e capacità di scrittura di testi sulla degustazione." Dunque se è questo quello a cui ci si riferisce, bisognerebbe capire quale sia l'idea di "abilità di sviluppo di pensiero critico" che hanno i MW. Potrebbe essere un fronte di approfondimento particolarmente interessante, sia in direzione della comprensione della cultura critica dei MW, sia di quella italiana.

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Riccardo Campinoti

circa 11 anni fa - Link

Io invece che penso che la maggior parte dei MW di vino italiano non ci capisca granche', guarda un po'

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stefano

circa 11 anni fa - Link

Condivido perche un mio amico "enologo" anche lui si è scritto, e dal ritorno da Londra mi ha fatto intendere che non conoscono il territorio Italiano di Viticoltura ed Enologica è non sarebbe importante conoscere le nostre varietà di uva perche stando al loro dire sono i vitigni Internazionali che bisogna conoscere nelle variabili del paese di provenienza "oltre ai top".

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Francesco Maule

circa 11 anni fa - Link

E bravo Roberto! Ci manca proprio in Italia, e` una vergogna! E bravi pure Anastasia e Alessandro, auguri a tutti. Io i pochi MW che ho conosciuto avevano tutti una professionalita` incredibile, voglia di ascoltare e di scambiare pareri, senza presunzioni. E si capisce che sotto hanno una conoscenza incredibile!

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Flachi10

circa 11 anni fa - Link

"gli italiani non hanno senso critico e non affrontano l’argomento direttamente ma ci girano attorno." è la più grande CAZZATA che ho mai sentito in 31 anni di vita. Vivo e lavoro all'estero da parecchio tempo, nella società dove sono ora convivono e lavorano persone di tutte le nazionalità (30 minimo, da ogni angolo del paese). Quindi non parlo per sentito dire. Si vede che questi signori hanno una conoscenza davvero minima degli italiani.

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Alessandro Morichetti

circa 11 anni fa - Link

Immaginavo che il passaggio rilevato avrebbe fatto discutere e il grassetto non è casuale. Sarei felice se Roberto ampliasse quella percezione. Che nessun italiano sia mai diventato un MW - titolo riconosciuto in tutto il mondo e capace di garantire ruoli di prestigio - è un dato di fatto e bollarne la spiegazione come semplice luogo comune temo non ci aiuti a capire le vere ragioni. Che il vino italiano in consessi internazionali, spesso, fatichi a vedersi riconosciuto il ruolo che merita temo sia un corollario dello stesso ragionamento. Il secondo corollario è che praticamente nessun critico italiano ha risonanza a livello mondiale. Le 2 o 3 eccezioni non fanno altro che confermare la regola. O sbaglio? Anche nel novero dei MW ci saranno personaggi meno stimolanti ma negare che il livello medio sia alto-altissimo mi suonerebbe poco credibile.

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Risiko

circa 11 anni fa - Link

Alessandro, parli di 2-3 critici idi vino italiani che hanno risonanza a livello mondiale? Sei stato generoso, io di critici (giornalisti et similia) che abbiano cosi tanta rilevanza internazionale (per rilevanza non intendo soltanto scrivere per Decanter o per una qualsivoglia seppur prestigiosa rivista internazionale, ma essere chiamati a discutere di vino a tavole rotonde e conferenze con i vari Robert Parker, Jancis Robinson etc etc) non ne conosco manco mezzo. Le uniche personalità del vino universalmente riconosciute a livello internazionale, e per questo ascoltate, sono due produttori: Angelo Gaja e Piero Antinori.

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Roberto Anesi

circa 11 anni fa - Link

Sarà forse utile che chiarisca meglio quella frase perchè vedo ha suscitato l'orgoglio nazionale che credevo si manifestasse solo ogni 4 anni durante i mondiali!!! In una riflessione sui perchè della mancanza di un MW italiano sono emersi ostacoli non da poco come la lingua che necessariamente deve essere quella in inglese per tutto il corso ma soprattutto il fatto che questo sistema prevede degli esami scritti che trattano argomenti precisi che devono essere sviscerati utilizzando anche molti esempi come supporto. Il mio interlocutore sosteneva che nelle correzioni gli italiani dimostravano sempre un'ottima conoscenza e delle grandi capacitò degustative ma che tendevano a non essere precisi e coincisi nelle dissertazioni che dovevano essere corrette spesso con una nota del genere "grande risposta che però esula dall'argomento". Ripeto, credo sia proprio questo modello anglosassone veramente lontano dal nostro sistema educativo e didattico italiano e, sinceramente, ammetto che anche a me la cosa preoccupa un pò. Per quanto riguarda la qualità dei nostri vini e la conoscenza di tanti MW sul nostro territorio non posso che parlarne bene per quanto ho potuto personalmente verificare. Ah... l'Istituto MW sarà in viaggio studio in Italia quest'anno, esattamente in Alto Adige ed organizzerà un evento molto grosso a Firenze nel 2014... credo che questo testimoni bene la loro attenzione per l'Italia.

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francesco vettori

circa 11 anni fa - Link

"Abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani". Senza perdere tempo. Breve confronto. Affermazione dell'autore dell'articolo: "“degusta come un detective e scrivi come un avvocato”!!!" Affermazione di Eugenio Amato, tratta da qui: http://www.plekos.uni-muenchen.de/2002/ratenaios.pdf "Tra le varie definizioni che sono state date della civiltà greca (e romana)"- E AGGIUNGO IO QUELLA ITALIANA e NON ANGLOSASSONE - "vi è anche quella significativa e sintomatica di Bankettkultur o anche di Trinkkultur. Il simposio era un momento fondamentale della vita sociale greca, in cui persone della stessa estrazione si riunivano in un determinato momento con lo scopo di scambiarsi idee ed opinioni riguardo a vari argomenti, ed un luogo di riflessione dove si cercava di comprendere meglio le pratiche sociali della propria civiltà, dove si sviluppava la memoria collettiva, poetica e visiva, in una parola l’identità culturale, accompagnando le discussioni con cibo e vino. [...]" Preferisco girare attorno all'argomento. Alla salute

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gianpaolo

circa 11 anni fa - Link

Eppure gli inglesi amano gli italiani (almeno mia moglie, che è inglese, cosi dice), ma la differenze culturali sono cosi grosse che spesso portano al muro contro muro piuttosto che al confronto. Per gli inglesi siamo pieni di misteri. Come possiamo sopportare una classe politica come quella esistente, per es., è una delle cose inspiegabili (sia per loro che per molti di noi a dire il vero); oppure come possiamo essere cosi bravi, geniali a livello individuale e cosi' negati nel team work. Non posso che fare il piu' grosso in bocca al lupo a Roberto per l'obiettivo che si è dato. Non credo che dall'intervista traspaia l'enormità dell'impresa, basti pensare che di persone che lo hanno effettivamente fatto in 3 anni credo ne esistano pochissime, meno delle dita di una mano. Quattro, o meglio cinque anni sono l'orizzonte temporale piu' fattibile, anche se esitono persone che ci hanno messo oltre 10 anni, e altre, molte, che hanno gettato la spugna. Ero a Londra l'altro ieri per la cosegna dei Diplomi del Wset, ed ho avuto modo di chiaccherare a cena con un MW sul perchè l'Italia non abbia ancora nessuno. Sicuramente c'e' un problema anche di lingua, che va maneggiata piuttosto bene per riuscire, ma tra le persone che erano li' con me, alcuni sono giovani italiani che vivono e lavorano in Inghilterra, e sono preparati e agguerriti. E' solo questione di tempo, nei prossimi 5 anni credo che avremo il/i primi italiani MW.

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Rossano Ferrazzano

circa 11 anni fa - Link

Avere dei MW italiani vorrà certo dire avere dei comunicatori di primo piano del vino italiano, che saranno formati alla cultura enoica anglosassone. Siamo sicuri che questa cosa potrà essere solo positiva? Io rilancio il tema già proposto prima: che cosa intende un MW quando parla di "pensiero critico"? Perché a sentire e leggere quello che dicono mediamente i MW dei vari paesi del mondo, si ha l'impressione che ci sia una certa omologazione culturale, e che spesso su molti temi i MW abbiano posizioni non sempre compatibili con la valorizzazione della produzione vitivinicola di un paese come l'Italia.

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gianpaolo

circa 11 anni fa - Link

non è che esista una categoria mentale "MW", sono persone diverse, con diverse estrazioni e diversi interessi, specialmente con diverse "specializzazioni" riguardo ai paesi produttori. Alcuni hanno passato parecchi anni in Italia (Nicholas Belfrage ad es.), ma la maggior parte sono piu' a loro agio in Francia e nuovo mondo. Molti MW sono impiegati come buyers nei wine merchants piu' famosi (come Berry Bros & Rudd) o grandi catene di supermercati e quindi sono interessati verso alcuni vini, ecc. Poi c'e' una differenza tra i "vecchi" MW, che praticamente studiavano solo la Francia, il Reno e poco piu', e quelli degli ultimi 15 anni, che studiano veramente tutti i vini del mondo. Insomma un panorama diversificato.

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Rossano Ferrazzano

circa 11 anni fa - Link

L'oggetto dello studio è certamente ormai un'enografia a 360°. Quello che mi chiedo io è quale sia la cultura specifica dei MW. Da quello che mi capita di leggere e di vedere, l'attenzione al mercato tipica degli inglesi (che non sono un paese produttore) assume spesso orientamenti culturali e appunto "critici" facilmente riconducibili più alla soddisfazione delle richieste -variabili- del mercato, di cui si fanno interpreti innescando spesso le tipiche profezie autoavveranti, che non alla valorizzazione del patrimonio vitivinicolo delle diverse zone di produzione. Insomma, i MW sono famosi e potenti, e questo fa piacere a tutti, ma ci si può anche chiedere chi siano, e come vedano il vino, no? Ovviamente ogni singolo MW avrà la sua personalità, ma questo non toglie che potrebbe esserci un indirizzo generale, che chi ha la possibilità di frequentare i convegni e di leggere testi e documenti può decifrare meglio di chi legge qualche intervista occasionale o spulcia i cataloghi dei vari importatori. Dunque, che cosa intendono i MW per "pensiero critico"? Magari Roberto Anesi può aiutarci ad avere una risposta.

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ERIC

circa 11 anni fa - Link

Avendo avuto la fortuna di partecipare alla Master Class che si è tenuta nella bellissima tenuta di Tignanello, e di aver condiviso delle belle esperienze sia con Alessandro, Roberto, Anastasia e sia con Maria Gerari (della Cantina Teanum e di origine greca) anche lei ammessa agli studi del MW, ho una mia interpretazione del perché in Italia non ci siano ancora dei MW. Come francese, anche noi abbiamo dovuto aspettare molti anni per aver il primo MW. Oggi ne abbiamo solamente quattro di cui due di essi lavorano in Inghilterra. Questo per dire che il MW è un diploma estremamente riconosciuto nel mondo anglosassone. Non credo sia un caso se uno tra i due MW che lavora in Francia è quasi sconosciuta nel mondo del vino, almeno nel nostro paese, ad eccezione del celebre ma già noto Olivier Zind Humbrecht. Intanto 4 nomi su 300, per un paese come la Francia, si dovrebbero ricordare. Per concludere direi che sono essenzialmente tre i punti sui quali si potrebbe riflettere: primo) il MW è molto riconosciuto soprattutto nel mondo anglosassone, di conseguenza ci sono pochi candidati latini che hanno l'ambizione di tentarlo; secondo) il titolo del MW sembrerebbe non aver cambiato tantissimo o completamente la vita di quei francesi che l'hanno ottenuto (O. Z. Humbrecht era già un vignaiolo molto conosciuto, gli altri sono quasi sconosciuti; terzo) sacrificarsi tanti anni per ottenere un titolo non semplice, che per di più potrebbe non far raggiungere la notorietà sperata, priva di ambizione molti bravi giovani che ne hanno tutte le potenzialità e le credenzialità. Non c'è alcun dubbio, per tutti coloro che hanno deciso di intraprendere questo percorso rimane comunque un'esperienza personale rilevantissima ed unica. Faccio un grosso in bocca al lupo ai miei ex compagni affinché possano raggiungere gli obiettivi prefissati. ERIC Mondivino (Campiglia Marittima)

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Rizzo Fabiari

circa 11 anni fa - Link

C'è poco da ironizzare, finalmente la nostra sottozona dell'isolotto europeo avrà un critico all'altezza di quelli del grande continente britannico. Così anche noi potremmo dire con orgoglio "io c'ero" quando verrà finalmente incoronato il primo Master of Wine italiota. Evviva.

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gianpaolo

circa 11 anni fa - Link

Volendo poi si tocca il punto sempre interessante, per me, del: voi non ci capite/siete voi che non vi spiegate. Non è indispensabile essere capiti dagli inglesi, e si puo' vivere senza MW, però potrebbe anche aiutare nel vendere vino in tutti quei mercati dove la presenza di emigranti italiani è trascurabile, e che richiedono uno sforzo di comunicazione molto piu alto. E si da il caso che siano i nuovi mercati in cui tutti aspirano a vendere. Quelli considerano la "scuola inglese" affidabile ed autorevole, questo mi sembra indubbio.

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jovica todorovic (teo)

circa 11 anni fa - Link

Io non riesco a non vederlo come un fatto positivo. Un fatto storico e importante. Auguro sinceremanete il successo e il raggiungimento, affatto facile, del traguardo. Condivido il pensiero di Rizzo Fabiari. Il fatto che ci sia il rischio che si possa giocare nello stesso campionato significa potre abbattere certe barriere e apoffondire, aproffindirsi reciprocamente. Secondo me al di la delle posizioni, preconcetti e una certa dose di omologazione quello che caraterizza un MW è il ritmo e la sintesi. Io credo, e da vero campione di prolissitudine, è pura autocritica che un po' più di sintesi e capacità di analisi critica concisa e circoscritta potrebbero far fare il salto della quaglia a tantissima gente in gamba. Per salto della quaglia intendo il passaggio da una lettereatura onanotecnicistica a una emozionaldivulgativa. Sarebbe anche importante che i grandi gruppi italiani, mi riferisco al vino naturalmente, provassero a ridurre i faraonici budget destinati a pettinare i manichini nascosti negli scantinati da decenni e provassero a mettere, con due lire a testa, un serio budget con cui finanziare i comunicatori del vino del futuro. Occhio non sto dicendo comprarsi i diritti ad un futuro incentrato sulprofumo di marketta, mi riferisco alla scelta di iniziare a parlare di Vino Italia stando seduti allo stesso tavolo con il resto del mondo, parlando la stessa lingua e facendosi anche capire. Non accusatemi di anglofilia...non ve ne bisogno...ho lo stesso problema di Gianpaolo.

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Roberto Gatti

circa 11 anni fa - Link

I migliori auguri a Roberto Anesi, che ho avuto la fortuna di conoscere in diverse occasioni a Trento, una persona preparata ed umanamente molto valida, senza tanti fronzoli per la testa ! I MW nel mondo sono circa 340 e la stragrande maggioranza escono dalla scuola londinese, perchè è stata la prima ad essere fondata. Personalmente mi sono trovato in diverse occasioni a degustare insieme a dei MW ( questi ad es. :http://www.esiwc.com/judgesinfo.shtml ) e devo dire che l'aspetto che piu' di ogni altro mi ha coinvolto è stata la loro semplicità e cordialità umana, gente che forte del proprio sapere, si confronta con il prossimo in maniera corretta e semplice ! Insomma gente che non se la tira, anzi.....molto ....molto alla mano ! Ripeterò tra alcuni mesi ancora queste esperienze con molto piacere, un arricchimento personale e professionale. Avessi qualche anno in meno e qualche euro in piu' farei un pensierino........ ! :)

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Elena

circa 8 anni fa - Link

Onore al merito ma penso una cosa: strano che una figura così richiesta (e a quanto dicono dai così ampi ritorni economici) sia raggiungibile solo pagando fior di soldi per corsi, lezioni in giro per il mondo e viaggi intercontinentali nelle più importanti aree vinicole...forse anche qui ci vorrebbe un po' di onore al merito

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