Terlano. La vecchiaia può dare enormi soddisfazioni

di Francesca Ciancio

La parola “vecchio” spaventa. Si usano spesso dei sinonimi, tipo antico, vissuto, di grande esperienza. E invece è una parola bellissima, perché ha in sè la forza di ciò che ci sopravvive: le montagne, l’acqua, il vento. Anche i vini vecchi sono così. Ieratici e indifferenti al nostro umore. Eppure pronti a farsi bere. Come i bianchi della Cantina di Terlano, un paese che, percorrendo ad alta velocità la superstrada tra Bolzano e Merano, passa praticamente inosservato. Quando, invece, si arriva dalla provinciale dopo avere attraversato la frazione Siebeneich (Settequerce), il ripido pendio vitato che domina l’abitato del comune si apre in tutta la sua maestosità. L’intera parete è composta da un blocco di porfido quarzifero, ricoperto da uno strato sottile di terra utile, che nelle parti più alte tende a scomparire. Da questi terreni e dall’altitudine dei vigneti (da 400 a 900 metri slm) il Pinot Bianco Vorberg trae la sua forte e inconfondibile mineralità. Poi c’è la sapienza degli uomini, che è tempo che si tramanda: prima Sebastian Stocker che ha svelato le incredibili doti di longevità di quel terroir, poi Hartmann Donà e infine Rudi Kofler che ha continuato a esaltarne le caratteristiche. Perché fare i conti con la vecchiaia può dare enormi soddisfazioni.

1 Commento

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Andrea Pagliantini

circa 11 anni fa - Link

Non so bene se si tratti di abominevole reato, ma i vini vecchi amo chiamarli affettuosamente nonni e in silenzio mi metto ad ascoltare cosa dicono. E hanno tante cose da dire, molto di più dei vini attuali.

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