Mangiare a Trani. Le Lampare al Fortino, in una chiesa del 1200 si celebra la grande cucina pugliese

Mangiare a Trani. Le Lampare al Fortino, in una chiesa del 1200 si celebra la grande cucina pugliese

di Andrea Gori

Non è il rutilante Salento, con le sue feste e la sua mondanità, ma a Trani la storia secolare e lo splendore del capoluogo delle terre di Puglia, della città famosa in tutta Europa per il commercio del vino, sanno farsi sentire eccome. E se non bastasse l’accecante bellezza del suo porto e dei suoi palazzi, chiese e strade in pietra, Trani offre anche una miriade di posti dove mangiare e gustarsi le prelibatezze di Puglia.

Vi potete sedere in uno dei tanti locali disseminati nelle piazze della città, oppure passeggiare lungo il porto in mezzo al fiume di persone che animano la lunga banchina dietro alle barche. O potete arrivare al fortino, fino a pochissimo tempo fa abbandonato al suo destino. Poi succede che un imprenditore di successo di Trani, Antonio del Curatolo, sfida le pastoie della burocrazia, le tenaglie della finanza e anche l’invidia dei colleghi e riesce a mettersi d’accordo con il Comune per far nascere Le Lampare, un ristorante orgogliosamente slow incastonato in uno delle location più affascinanti d’Italia.

Il locale conquista presto premi sorprendenti: ad esempio il riconoscimento di Bibenda come miglior ristorante d’Italia lo scorso anno, ma soprattutto si dota di un impressionante staff di 25 persone per 60 coperti, guidati da gennaio 2016 dal giovane campano Raffaele Casale, che dopo Arnolfo a Colle Val d’Elsa, Cannavacciuolo a Villa Crespi e Armani Nobu di Milano si mette al volante di questa Ferrari da lanciare a tutta velocità.

La sfida è portare a Trani clienti da ristorazione di alto livello, senza gli eccessi della stella Michelin ad ogni costo. Soprattutto, è fare numeri che consentano la sostenibilità di un locale aperto 11 mesi l’anno, in una località comunque ancora molto dipendente dal turismo, il terzo pilastro dell’economia locale dopo la pietra, l’olio e l’incredibile mercato dei ricevimenti.

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Ai vini c’è il sommelier Alessandro Francesco, già in forza a Sadler a Milano, al Chic & Quick prima e all’ammiraglia di casa poi. Un centinaio di referenze di Champagne e bollicine italiche servite sulla terrazza griffata Bellavista, insieme a molte classiche grandi etichette italiane con un bell’approfondimento sulla Puglia, ovviamente.

Ci affidiamo alla cucina con il menu Degustazione di Mare (ce n’è anche uno di terra) proposto a 90 € a persona.

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Partenza in stile misurato ma convincente, con un filetto di baccalà e fagiolini di stagione dalla perfetta consistenza, adagiati su un estratto di pomodoro davvero sublime. Subito dopo è tempo di un piatto di crudi tipici pugliesi, ben assortito tra tartufi di mare, cozze pelose, cozze di Gallipoli, ostriche, seppia, gambero rosso e scampo da gustarsi al naturale, o con un filo di ottimo olio servito insieme. Per entrambi l’abbinamento è un calice di Contadi Castaldi Brut, efficace Franciacorta di ritrovata semplicità e pulizia.
Viene servito quindi il Panascio 2015 di Giancarlo Ceci: bombino bianco bio dalla zona, con note di gelsomino, pesca bianca e tocco di senape, dalla bocca agile, fresca, senza scosse ma nemmeno pesantezze.

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Segue una coppia di piatti creativi dove la mano dello chef appare in forma, leggera, con tocchi d’ala di scuola Cannavacciuolo come il Calamaro affumicato in salsa di ostriche, Alga nori e riso soffiato: piatto ferroso e iodato come pochi, che gioca divertendo con le note umami e marine. L’altro piatto è un piccolo capolavoro ovvero Scampo e porcino su fonduta di caciocavallo e riduzione di lamponi, che nel piatto paiono un tocco di aceto balsamico tanto riescono ad equilibrare la preparazione che ha in sé tutto per piacere: dal croccante del porcino (lucano) fritto, all’ovulo a crudo e il caciocavallo che sta sul fondo senza prevaricare nulla, in un piatto che a leggerlo sembra pasticciato ma che si rivela splendido e completo. Soprattutto se abbinato ad un vino tosto e quasi d’altri tempi come la Verdeca di Masseria Li Veli, che richiama i sapori del piatto con note di melograno e ribes, susina e mandorla, bocca sapida e precisa, tocchi di eleganza ma anche di corpo e struttura nel lungo finale che abbraccia la terrosità del fungo, rilanciandola, e bilanciando la dolcezza e la forza del caciocavallo. Per non parlare di come sta sulla meravigliosa portata di Spaghetti ai Ricci di Mare che vedete qua sotto. Uno spaghetto (Verrigni) risottato da crudo, che cresce e cuoce ogni secondo a fianco del suo sugo per un risultato di una burrosità e succulenza davvero speciali, il classico piatto della tradizione fatto da una mano di livello superiore.

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Arriva il rosato immancabile, ed è un curioso barricato come il Diciotto Fanali Apollonio da Monteroni di Lecce 2013: negramaro passato in legno con note evidenti di tostature, cocco, menta e fragola in confettura, ribes rosso e sale, tabacco e nocino. La bocca è tosta ma con freschezza commisurata alla lunghezza. Forse un poco troppo per il Raviolo del Plin con scampo cotto e crudo, crema di peperone e friggitello, un piatto discreto e divertente ma troppo cauto nei sapori.

Si arriva leggeri e golosi ai dolci di Galliano Giuseppe Vito, ai quali cediamo con piacere e non sono certo da meno del resto. Il pre-dessert è una giocosa presa in giro delle classiche orecchiette con cime di rapa: orecchiette fritte poi disidratate e soffiate, servite su un crumble alle acciughe e sorbetto di cime di rapa. Non è facile capire se è un dolce oppure no ma è davvero incantevole e riuscito.

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Così come è riuscitissima la Pastiera con gelato di pastiera e crema pasticciera con birra all’acqua di mare, un dolce leggero e delicato ma saporito, che sa essere classico senza pesantezze e fila via benissimo con l’immancabile Moscato di Trani Giancarlo Ceci Dolce Rosalia 2015. Ha note di albicocca e menta (posta anche come guarnizione della pastiera), bocca dolce ma non esagerata perché anche sapida e succosa allo stesso tempo. Notevoli anche le coccole finali, tra tutte un bignè al caffè, una crostata di fichi pugliesi e una gelatina di frutta affilata e freschissima cui attingiamo con voluttà.

C’è tempo anche per visitare le parti del locale ricavate nella chiesa sconsacrata all’interno del fortino, una sala luminosa, splendente di bianco marmo, in cui si cena a livello del mare sotto splendide volte romaniche a crociera.

Ci si alza soddisfatti e leggeri nonostante tutto e nel caso si sia esagerato, si può sempre passeggiare a lungo sul porto per tornare indietro, magari perdendosi nel vecchio quartiere ebraico, prima di mettersi a contemplare la cattedrale sul mare, una delle visioni più appaganti dell’Adriatico.

Ristorante Le lampare al Fortino
Via Tiepolo s.n. – Molo Sant’Antonio (c/o Fortino)
70059 Trani (Bat) Puglia
tel.: +39 0883.480308

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

1 Commento

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Angelo Cantù

circa 8 anni fa - Link

La bellezza del porto di Trani e della vicina magnifica cattedrale merita di essere sottolineata perché troppo spesso misconosciuta. Non conosco il ristorante di cui ci parla Andrea Gori; sicuramente difficile immaginare un'ambientazione più affascinante (detto da un milanese che ha girato la penisola in lungo e in largo).

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