Velenitaly. Il ricorso in appello di Maurizio Gily è una causa da sostenere per la libertà di tutti

di Alessandro Morichetti

Torniamo a parlare della sentenza che condanna Maurizio Gily a risarcire per 5.000 euro più spese legali e interessi il giornalista Paolo Tessadri, criticato -e stando alla sentenza di primo grado diffamato- per il suo articolo “Benvenuti a Velenitaly” sull’Espresso, nell’aprile 2008.

L’obiettivo della raccolta è, come dice lo stesso Gily, “15.000 euro, tanto è stato stimato il costo complessivo dell’azione legale che, con i miei mezzi, non potrei sostenere. Mi impegno a tenere informati tutti i sottoscrittori sugli sviluppi, sulla raccolta e sull’utilizzo dei fondi.”

Noi abbiamo contribuito con 100 euro e può farlo chiunque su BuonaCausa, a questo indirizzo. Chi volesse leggere la sentenza integrale la trova qui e quello riportato sotto è uno dei passaggi fondamentali per avere chiaro l’esito:

Venendo ora al merito del presente giudizio, occorre valutare se l’articolo pubblicato dal dott. Maurizio Gily, in sostanziale replica critica all’articolo pubblicato lo stesso giorno dal dott. Paolo Tessadri, abbia rispettato il decalogo del buon giornalista, concentrando l’attenzione – così come proposto dall’attore – sul terzo requisito, quello della continenza, atteso che non vi è questione in ordine al fatto che il dott. Gily, nello scrivere, abbia riportato notizie vere (nel senso sopra illustrato di vere, in quanto ricostruite in base a fonti attendibili, sia pure contrapposte a quelle indicate dall’altro giornalista) e di indiscutibile interesse pubblico (salute dei consumatori di vino, mercato vitivinicolo).
La conclusione, dopo un attento esame del testo dell’articolo, è una sola, ossia che il dott. Gily sia andato ben oltre, nelle sue modalità espressive, nell’accostamento delle parole e delle frasi, il legittimo diritto di critica, sfociando in un attacco personale nei confronti del dott. Tessadri:
– innanzi tutto va chiarito che la critica sviluppata nell’articolo è chiaramente e inequivocabilmente diretta, prima che al settimanale L’Espresso, proprio al suo giornalista Paolo Tessadri, individuabile sia dal richiamo al titolo del suo pezzo (“Benvenuti a Velenitaly”) sia dalla citazione di nome e cognome in un punto dell’articolo e del solo cognome in altro punto;
– in secondo luogo, viene utilizzato un tono, negativo e aspro, che tende proprio a ridicolizzare il dott. Tessadri: si pensi alla frase in cui si fa riferimento all’esistenza di altri alimenti diversi dal vino, come Coca Cola e simili, che vengono addizionati “senza, con ciò, provocare il cancro, come il giornalista Paolo Tessadri ha invece appreso da chissà quale fonte, forse direttamente dall’Altissimo”), così da indurre a credere che egli si sia inventato la notizia, ovvero la abbia pubblicata senza verificare le proprie fonti (laddove in Tessadri aveva chiaramente citato le sue fonti, rappresentate dai provvedimenti di significato di un articolo, e quindi idonei, di per sé, a fuorviare e suggestionare i lettori più frettolosi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva escluso il requisito della continenza per il tono sprezzantemente sdegnato e scandalizzato del sottotitolo, da leggere necessariamente come collegato con il titolo, nonché per l’uso insinuante delle parole, che mirava ad attirare negativamente l’attenzione dei lettori e ad accreditare come verità accertata i documenti e le circostanze oggetto di notizia, malgrado la veridicità ed attendibilità degli stessi fossero ancora da accertare).
sequestro probatorio di due stabilimenti in cui si produceva vino, emessi pochi giorni prima l’articolo proprio nell’ambito di indagini sulla sofisticazione del vino con prodotti pericolosi per la salute pubblica; si pensi, altresì, alla frase in cui si afferma che le informazioni di cui all’articolo del Tessadri sono “panzane. A quanto dato sapere fino ad oggi di velenoso, in quell’intruglio destinato ai prodotti di “primo prezzo”, non c’è un bel niente, di cancerogeno neanche, se non nelle fantasie horror di Tessadri”, così facendo apparire quest’ultimo come persona che riferisce fatti che sono frutto delle sue mere e personali opinioni e/o paure, ancora una volta in maniera del tutto svincolata da qualsiasi aderenza con la realtà;
– in terzo luogo, non solo si ridicolizza, ma si offende proprio la persona dell’autore dell’articolo criticato, laddove si afferma che non vi sarebbe alcuna traccia di sostanze pericolose per la salute, ma “ormai il danno provocato al vino da incredibile ignoranza, sciatteria, protagonismo e avidità di incassi era fatto”: la notizia del Tessadri sarebbe, dunque, il frutto di questi vizi, frutto di incompetenza, mancata indagine della verità, esposizione trascurata, con un unico obiettivo, ossia di far parlare di sé, per ottenere profitti. Questa frase, in sé e per sé (oltre che non apparire corrispondente alla verità, dal momento che la notizia del Tessadri aveva una fonte autorevole, peraltro citata, ossia il Pubblico Ministero che stava indagando e che aveva già firmato i sequestri di due stabilimenti e il giorno dopo avrebbe firmato un decreto di sequestro di migliaia di ettolitri della sostanza vinosa ivi prodotta, ma questo aspetto si è detto che viene tralasciato) è denigratoria, esprime riprovazione con parole che colpiscono l’onore personale e professionale del giornalista avversario;
– si pensi, infine, anche alla frase in cui si censura l’articolo del Tessadri in quanto si tratterebbe di “finto scoop, dunque, non perché le notizie sull’esistenza del vino truffaldino siano false, ma purtroppo vere, ma vecchie di settimane se non di mesi, e già riportate dalla stampa: si è atteso Vinitaly per servire una minestra riscaldata, addizionandola di allarmi quasi certamente falsi per la salute pubblica e relativi titolacci in copertina”: orbene, la notizia era talmente vecchia che il giorno dopo il PM di Taranto ha emesso il provvedimento di sequestro del vino addizionato; anche in questo caso la frase ha lo scopo di indicare la mancanza di professionalità dell’autore dell’articolo, che avrebbe fornito una notizia non solo vecchia, ma modificata mediante l’aggiunta di fatti allarmanti, quasi certamente falsi.

Concludendo, la critica del dott. Gily contenuta nell’articolo oggetto di causa, deve ritenersi lesiva della reputazione professionale del dott. Tessadri, laddove ha censurato con toni ridicolizzanti e denigratori il contenuto dell’articolo da quest’ultimo pubblicato, facendolo apparire come un giornalista non serio, non rispettoso delle fondamentali regole di verifica delle fonti e dei fatti, disposto a ciò per un titolo in copertina e per ottenere facili guadagni.

Così Maurizio ha ricostruito sinteticamente la questione nel nostro post “Sussurare la verità, urlare la menzogna“:

Il nocciolo della questione è semplice: la sofisticazione ci fu, ma, essendo praticata nel solito modo in cui la si pratica da sempre, cioè attraverso la fermentazione di mosti annacquati e arricchiti, il suo prodotto era sostanzialmente innocuo per la salute, e certamente non un killer capace di uccidere come sostenne Tessadri, sulla base di un’ipotesi investigativa remota, tutta da verificare e poi verificata errata. Questo fu ampiamente dimostrato nel corso delle indagini e dichiarato ufficialmente da due ministeri congiuntamente, oltre che da un magistrato inquirente, il quale censurò fortemente la scelta di pubblicare notizie allarmistiche di quel tipo senza averne le prove. Io citai queste fonti e mi limitai a prendere in giro abbastanza bonariamente il collega, per i suoi slanci di fantasia e per la sua evidente incompetenza della materia, che non è ovviamente una colpa, ma “se non sai, informati”, soprattutto se quello che scrivi può fare danno a un intero settore economico. Ad esempio in quell’articolo si diceva che l’acido cloridrico (la cui presenza nel vino non era comunque accertata, ma lo è invece nel nostro stomaco, che lo produce per digerire i cibi) è cancerogeno: affermazione che ha lo stesso valore scientifico che dire che la luna è fatta di marzapane.

Noi vogliamo che Maurizio Gily sia libero di definire nel modo che merita chi merita di essere definito a quel modo, e se magari l’Italia non fosse dietro a Botswana e Niger nella classifica 2013 di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa saremmo già vari passi avanti.

avatar

Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

3 Commenti

avatar

maurizio gily

circa 10 anni fa - Link

grazie. Spetterà alla mia difesa discutere il merito di questa sentenza, ma un paio di cose voglio ancora dirle. 1. la frase "ha appreso da chissà quale fonte, forse direttamente dall'Altissimo" non si riferiva ad una notizia, né vera né falsa, ma ad una affermazione che il giornalista fa in astratto e di suo, e cioè che l'acido cloridrico sarebbe una sostanza cancerogena (insieme ad "altre", non citate, e mai trovate). Alessandro ha già riportato il mio pensiero sul valore scientifico di questa affermazione, cioè che è come affermare che la luna è fatta di marzapane. Non si contesta qui l'attendibilità, anche solo presunta, o l'esistenza di una fonte, si contesta la competenza di chi parla su un argomento che non conosce, e quindi scrive, non per mala fede, ma per non conoscenza (si chiamerebbe anche ignoranza, ma dirlo è incontinente), cose che mettono paura al lettore ma non sono vere in senso assoluto. Invece di dargli dell'incompetente uso una perifrasi garbata, una domanda retorica, e per questo sarei incontinente. Viene il dubbio che il giudice non abbia letto con attenzione questo passaggio. Ne parlò ampiamente anche Dario Bressanini (con cui talvolta litigo su facebook sugli ogm, ma che resta un ottimo divulgatore scientifico e un chimico assai preparato) sul suo blog. I suoi post sono molto interessanti. Chi volesse approfondire ne trarrà notevoli spunti. http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/04/04/vino-al-veleno/ http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/04/16/vino-al-veleno-e-velenitaly-reprise/ La nostra legislazione è molto chiara nel classificare le sostanze chimiche, con tanto di relativi pittogrammi. Nessuna tra le sostanza citate, a proposito o a sproposito, è cancerogena, e nessuna è classificata tossica. Allora scrivere che quel vino, fasullo quanto si vuole, illegale quanto si vuole, uccide provocando il cancro che cos'é? vi pare che "cattivo giornalismo" o "panzana" siano espressioni incontinenti? A quel giudice pare di sì. A me pare di no. Le notizie non sarebbero vecchie? Quella del sequestro non è vecchia, ma l'esistenza delle tre inchieste, quella di Veronella, quella di Massafra e quella del Brunello, cioè le fondamenta di tutta l'inchiesta Velenitaly, erano tutte avviate da settimane o da mesi senza destare l'attenzione dell'Espresso, riservata all'apertura di Vinitaly. Trovo particolarmente curioso questo passaggio "atteso che non vi è questione in ordine al fatto che il dott. Gily, nello scrivere, abbia riportato notizie vere (nel senso sopra illustrato di vere, in quanto ricostruite in base a fonti attendibili, sia pure contrapposte a quelle indicate dall’altro giornalista)". Nella mia logica elementare, se le cose che dico io sono vere, quelle che scrive l'Espresso sono false. O viceversa. Tertium non datur. Si fa riferimento all'ordinanza di sequestro del procuratore di Taranto per giustificare quello che scrive Espresso: ma quel sequestro era precauzionale, al fine di verificare se il vino fosse effettivamente pericoloso per la salute: un'ipotesi, che nel servizio dell'Espresso diventa una certezza, anzi si rincara la dose e si dice che quel "vino" addirittura ammazza la gente (non "potrebbe": lo fa) provocando il cancro. Poi si confondono le critiche al giornalista a quelle alla testata, è ovvio che quando parlo di sete di guadagno non mi riferisco al giornalista (che di certo non ha disegnato l'infame copertina) ma alle scelte gossip-oriented dell'editore, e non solo stavolta. E mi fermo qui, scusandomi per l'autoarringa non richiesta. Ciao

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 10 anni fa - Link

Gilly è stato condannato per aver scritto (forse un po' troppo veementemente, ma certo non più di tanto) che l'estensore dell'articolo "velenitaly" ha mancato a due precisi obblighi deontologici dei giornalisti; controllare la veridicità di ciò che scrive, e non infangare gente innocente sulla base di accuse che, se verificate, si sarebbero rivelate false. Non so se essere più scandalizzato dalla sentenza, o dall'assenza di condanna dell'articolo dell'Espresso da parte dell'Ordine dei Giornalisti. Contribuirò alla difesa di Gilly, e solleciterò il Consorzio del Brunello a fare lo stesso.

Rispondi
avatar

maurizio gily

circa 10 anni fa - Link

Caro Stefano, sarà tanto se l'ordine non sanziona me. Grazie del tuo appoggio, quello del Consorzio del Brunello sarebbe poi una gran cosa. Quest'anno verrò a Montalcino per Benvenuto Brunello, il 22 febbraio. Spero di vederti. E di vedere tanti produttori che conosco e che non conosco.

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.