Una recensione alcolica a The Wolf of Wall Street

di Fiorenzo Sartore

Dritti alla meta: questo è un grande film, che può non piacere solo alcolicamente. Arrivato ai titoli di coda dell’assai-lungo-metraggio (tre ore) in quanto spettatore ero felice, ma in quanto alcolofilo imprecavo come un personaggio del cast, nei modi più coloriti e irriferibili. Del resto pare che Leonardo Di Caprio in Wolf of Wall Street abbia raggiunto il record di “fuck” mai pronunciati.

Ho cercato di capire cosa non mi fosse andato a genio. Potrei dire: è tutta invidia. Ho assistito a tre ore di eccessi alcolici, chimici e sessuali da parte di una cricca di broker straricchi. Per tutto il tempo, soprattutto, ho sofferto della mancanza di sospensione dell’incredulità, cioè di quella magica sensazione che mi fa staccare il cervello e accettare la favola sul grande schermo.

Tanto per capirci: la sospensione dell’incredulità è quella cosa per la quale in Independence Day accetto serenamente che uno scienziato trasmetta in modalità wireless un virus da un computer Apple ad un sistema operativo alieno, allo scopo di azzerare i soliti scudi di forza che proteggono i velivoli degli extraterrestri cattivi. E’ tutto così assurdamente surreale che lo accetto beato, col sorriso sulle labbra, e mi godo il film fracassone.

In Wolf of Wall Street la maledizione è dovuta agli eccessi alcolici (e a tutti gli altri eccessi, vabbè) dei protagonisti. L’enofilo che guarda non può sospendere l’incredulità. Non è possibile bere a quel modo, farsi ogni genere di droga a quel modo, e avere rapporti di ogni genere non protetti, per lo più con professioniste, ed essere produttivi. E’ una visione disturbante. In definitiva, non è un film per enofili. Passiamo la vita a fare discorsi salutisti, “bisogna bere poco, due bicchieri a pasto” e tutto il resto. Poi come si fa a reggere tre ore di questo?

Come se non bastasse, il personaggio di Jordan Belfort esiste davvero, e l’intera storia è in effetti ricavata dalle sue memorie di stock broker truffaldino. Il giovane Belfort-Di Caprio all’inizio del film (e della carriera) è tenero: beve acqua, al tavolo col broker affermato che gli spiega, all’incirca, come funziona il lavoro. Soprattutto, gli spiega che per star bene bisogna esagerare coi cocktail Martini e con la cocaina.

Ma il periodo virginale dura pochissimo. Il tempo di arrivare all’esame da broker, e Jordan è già a mollo nella triade di eccessi che segnerà quasi tutto il resto del film.

Ecco, il film è questo: un crescendo orgiastico nel quale Jordan Belfort diventa un broker di successo. Fregandosene della legge. Non è mia intenzione spoilerare ma insomma, la visione di questi uffici frequentati da gente che pare seria, in realtà sfondo per sesso di gruppo tra impiegati perennemente strafatti, provoca appunto incredulità, quando non ha un effetto comico. Nel paese del politicamente corretto un’impiegata pratica una prestazione orale davanti ad una folla di colleghi festanti, assiepati sotto l’ascensore a vista. No, davvero, è tutto normale?

Ogni situazione è perfetta per dare fondo agli eccessi. Nuove acquisizioni, vendite, guadagni: gli uffici sono inondati di Champagne e prostitute. Io assisto acido e ripenso all’ultima volta che ho spiegato ad un cliente (5 minuti fa) che non bisogna esagerare con l’alcol.

D’altra parte le riunioni di lavoro, o i discorsi motivazionali ai venditori sottoposti, si tengono in uno stato di perenne allucinazione, a causa delle sostanze alcoliche e chimiche che il giovane manager e gli altri membri del team dirigenziale assumono in quantità.

E quando non è l’alcol, sono le droghe più strane e underground, come il Quaalude, assieme alla solita cocaina, che vanno a miscelarsi a distillati, Champagne, e a tutto quel che possibilmente può provocare alterazione. Poi questi vendono azioni e fanno milioni. E’ o non è irritante?

Il crescendo orgiastico ha vere e proprie vette inarrivabili, come il viaggio in aereo verso Las Vegas, per festeggiare l’addio al celibato di Jordan, prossimo alle nozze (con una fotomodella, ovviamente).

Nonostante questo, l’azienda prospera. Vende titoli in modalità discutibili, facendo intravedere i probabili, imminenti guai con l’FBI (nuovamente cerco di non spoilerare ma insomma). Ma soprattutto, facendo utili spaventosi. Il socio di Jordan annuncia il risultato di una transazione favorevole, e in mano ha una bottiglia di Dom.

Insomma, avrete capito, alla fine le cose si complicano, e del resto basta leggere la biografia di Jordan Belfort per sapere come finisce. Quando tutto precipita, il segno grave che il cambiamento pare irreversibile è il detox del protagonista. Eccolo agli arresti domiciliari, in attesa di sviluppi, a fare qualcosa di totalmente insolito.

Donnie Azoff (interpretato dal mio adorato Jonah Hill), il socio, sodale, amico di una vita di transazioni balorde ed eccessi, non si capacita del tutto: birra analcolica? Ma com’è possibile?

Per il resto, aiuta la recensione letta su Le parole e le cose. Scrive Pietro Bianchi: “Mettiamoci il cuore in pace. Non esistono film che riescano a mostrare sullo schermo il capitalismo finanziario”. Più avanti continua: “Sta qui la differenza tra Wall Street – Il denaro non dorme mai di Oliver Stone, dove il mondo finanziario di Wall Street è preso come emblema delle storture del capitalismo contemporaneo, e ne diviene un simbolo, e il nuovo bellissimo film di Martin Scorsese, The Wolf of Wall Street. Scorsese non ha realizzato un film sul mondo della finanza, ha voluto semmai estrarre dal mondo finanziario un unico particolare, che tuttavia è fondamentale: quello del suo effetto anestetico rispetto ai rapporti sociali che stanno attorno”.

Dunque è (quasi) tutto qui: chi si aspettava, come me, di vedere un qualche tipo di film-denuncia sulle storture del “capitalismo”, soprattutto di uno dei suoi volti feroci, i giochi di borsa, probabilmente resterà deluso. Certamente delude sul piano della recensione alcolica (tipo questa o questa).

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

1 Commento

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Marco

circa 10 anni fa - Link

Possibile cercare sempre la denuncia? Il messaggio? Vi hanno mai detto che per i messaggi ci sono email, sms, watsup ecc? Scorsese aveva materiale per fare un gran film e ha semplicemente realizzato una bomba: trovatemi un altro film, che sia di azione, che abbia un ritmo così incredibile. È un film perfetto, recitato alla grande, diretto da un genio. Se poi interessa la denuncia dei brutti sporchi e cattivi c'è sempre Marco Manetta e il suo Fatto quotidiano. Almeno al cinema fateci godere.

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