Tre aspetti sostanziali (più uno) per capire la particolarità del successo di Barolo e Barbaresco

Tre aspetti sostanziali (più uno) per capire la particolarità del successo di Barolo e Barbaresco

di Alessandro Morichetti

Il vitigno nebbiolo, la Marchesa Falletti, i Sorì e le vinificazioni varie: tutto vero e necessario per inquadrare le Langhe di Barolo e Barbaresco ma ci sono alcuni aspetti altrettanto sostanziali da conoscere e poco trattati nella letteratura di settore. Mi ci è voluto qualche anno per focalizzarli e comporre il puzzle ma adesso mi sento un langhetto adottivo migliore. Sebbene qui non abbiano il verdicchio, possiamo perdonarli.

Cosa rende le Langhe quel posto pazzesco di cultura del vino e dell’imprenditoria ad esso applicata?

1) La storia. Questa è la terra di Camillo Benso, conte di Cavour, del quale ammiro ogni giorno il Castello di Grinzane, patrimonio dell’Umanità Unesco. Fu il primo Presidente del Consiglio del neonato Regno d’Italia e con Luigi Einaudi – economista emerito, secondo Presidente della Repubblica e fondatore della Giulio Einaudi Editore – rappresenta uno dei pilastri del pensiero liberale, del progresso civile ed economico in Italia. Queste radici, unite ad una spiccata propensione per il gioco d’azzardo, hanno convogliato nell’imprenditoria una savoir faire fortemente caratterizzante. Se poi aggiungiamo quello stupendo affresco storico offerto da due colossi della letteratura italiana contemporanea come Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, ecco che viene fuori una struttura dell’autocoscienza di Langa semplicemente unica. Oltrepassato il Tanaro c’è un’aria diversa, è incredibile ma si respira. Essere di Langa è una roba fortissima e molto profonda, per nulla intuitiva.

2) La Regia Scuola Enologica di Alba. Istituita da re Umberto I, a statuto speciale con corso sessennale, è la prima una tra le prime scuole enologiche e senza ombra di dubbio il fattore caratterizzante e meno esplorato dei vini di Langa ma c’è un motivo. Per i forestieri non esiste, non ne inquadrano il ruolo, è solo una scuola come tante. Per gli autoctoni è pane quotidiano come il cielo e le colline, è “l’eno”, scuola di vita e di vino. Ci sono passati più o meno tutti, pochissime e corazzate le donne, bestie di Satana gli uomini. Immaginiamo un Istituto tecnico per meccanici ma applicato al vino. Tanti i nomi dei prof. storici (Arnulfo, Cagnasso, Cavallo, il preside Dell’Olio, Rissone…), indimenticabile il Numero Unico di sesta: mentre noi al liceo organizzavamo folkloristici soirée, ogni sesta raccoglie(va) in un volume il profilo dei singoli studenti, raccontati dagli stessi e introdotti con ogni forma di soprannome, gossip e tratto caratteristico giocato ben poco di fioretto.

A differenza di forse qualsiasi zona vitivinicola del Vecchio Mondo, quindi, due delle denominazioni oggi più rinomate d’Italia vengono sostanzialmente prodotte da gente che è andata a scuola insieme, ha sperimentato insieme, è andata in gita e ha cementato un plus di autocoscienza produttiva che è collante anche nelle differenze. Qui e non altrove il produttore vicino è stato compagno di banco e di crescita e una domanda che mi piace sempre ai produttori di zona è quella sui compagni di scuola. Qualcuno fa ancora cene di leva, ad una mi sono intrufolato, millesimo 1971: Albaretto Alessandro, Cavallotto Alfio, Chiappone Daniele, Cortese Pier Carlo… Il link più recente, invece, è stato Sergio Germano + Silvano Pasquero Elia (Paitin).
Fortemente voluta da Michele Coppino, Ministro dell’Istruzione, albese  – ad Alba solo pochi sanno chi fosse Michele Coppino – fu fondata nel 1881 e diretta da Domizio Cavazza, un emiliano avanti di mezzo secolo, cui si deve anche la cantina sociale di Barbaresco (1894), sulle cui ceneri dopo la Seconda Guerra Mondiale sarebbe nato quel mirabile esempio di cooperativa a livello mondiale che è la Produttori del Barbaresco.

Listino 1907 della Cantina sociale del Barbaresco. La dicitura a fondo pagina ha fatto storia: “Non chiedere campioni”.

3) La Ferrero. La Mamma, Il Colosso, La Ricchezza. Se ne andava proprio un anno fa il grande Michele Ferrero, l’uomo più ricco d’Italia per Il Sole 24 Ore o il signor Michele per quelli di Langa. Se a un italiano medio chiedi di Alba, l’80% risponderà tartufo, il 15% Barolo e Barbaresco e solo il 5% Ferrero. “Ha inventato la Nutella (1964), le Tic Tac (1969), i Ferrero Rocher (1982) e tanto altro. È stato un alfiere del capitalismo familiare e il suo motto era: “Lavorare, creare, donare”. L’imprenditore di Alba era amato dai dipendenti e non ha praticamente mai concesso una intervista in vita sua, tranne rarissime apparizioni sulla stampa locale.” Che c’entra col vino? Se non si conosce la dinamica delle assunzioni dei langhetti con garanzia di poter continuare a coltivare vigna e campi, non si intende perché in Langa la frammentazione dei terreni sia proseguita fino ad oggi (ben più che altrove).

Queste le radici. Il resto è storia quasi contemporanea perché prima delle fortune di ora qui il vino si vendeva poco e male. Questo ha pungolato l’albesità e dagli anni Sessanta si è iniziato a scoprire il mondo cercando soluzioni nuove. Qualcuno ha girato per Napa, Borgogna, Bordeaux, qualcuno è restato. Poi ci furono i Barolo Boys, ma questa è un’altra storia.

Bonus:
4) Presenza massiccia di manodopera straniera. Paradossale o meno che possa sembrare, le colline più costose d’Italia sono quelle meno coltivate da italiani. Sembra incredibile ma un 70/80% della manodopera è costituita da macedoni, rumeni e albanesi (fonte: Coldiretti) infaticabili e operosi, spesso organizzati in cooperative (più o meno esemplari). Se da una parte, quindi, prosegue incessante la mappatura dei cru, o MGA (Menzioni Geografiche Aggiuntive) in legalese, dall’altra non ci sono frotte di giovani vignaioli impazienti di coltivare Villero, Bussia, Cannubi e Vigna Rionda (“Guarda, quello pota agli Asili”) . Nella ricca e benestante Alba, girare con gli scarponi interrati non è ancora del tutto cool ma potrebbe diventarlo.

[Foto cover: LangheVini. Foto del Castello di Grinzane: Wine Tasting Experience]

avatar

Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

16 Commenti

avatar

Maurizio Gily

circa 8 anni fa - Link

Bravo Alessandro, hai colto. In verità come scuola prima di Alba venne Conegliano (e anche lì le cose pare che non vadano malaccio per i viticoltori) e prima ancora San Michele, ma quella non vale perché all'epoca era impero austroungarico. E comunque anche lì il sistema funziona, visto che i vigneti valgono più o meno come a Barbaresco. Quindi quello che hanno in comune queste tre zone è una scuola fondata prima del '900. Sarà un caso, probabilmente...

Rispondi
avatar

michele fino

circa 8 anni fa - Link

Quinto: L'individualismo competitivo langhetto. Il vino si fa buono per essere meglio del vicino e POI per venderlo in America. Da altre parti, i fattori sono invertiti e il risultato cambia del tutto.

Rispondi
avatar

carolaincats

circa 8 anni fa - Link

moricchio, la scuola enologica Gian Battista Cerletti è nata nel 1876, quella di San MIchele nel 1874 dapprima come istituto di ricerca e poi come scuola agraria. Detto questo che vale solo perchè sono cerlettiana, posso dirti che anche da noi si fanno cene di classe tutt'ora tra compagni ed insegnanti e molto spesso si raccontano le "monade*" che venivano scritte nella "porta dee monade" che c'era in ogni classe e che ora hanno o ridipinto o cambiato (con sommo dispiacere di noi che dicevamo monade in interrogazione). Conegliano è paragonabile ad Alba come grado di fighettismo, e ci sono anche li ragazzi che chiamano le colline col nome di battesimo. Io però quando mi sono sentita dire dalla rinalda che la mia ex scuola è un gioiello mi sono sentita fiera di quei muri coi pavimenti scricchiolanti di legno, un pò incurvati, e delle aule a gradinata in cui arrivavi solo se eri in 6° sa o ave, dei gessi che al contatto con la lavagna mi facevano i brividi... della stupenda aula magna affrescata e dei laboratori in cui trovavi l'erbaio o l'insettario o pezzi di animale compresi i feti in barattoli di vetro sotto spirito... ho amato molto quella scuola, per tutto quello che è stato vissuto li, comprese le bocciature. La langa è molto bella ed è un luogo dove vengo con piacere per trovare persone molto care e per rilassare mente, cuore e fisico. Alba ha posticini molto belli, come il duomo, dove mi piace a volte fermarmi. Poi come a Conegliano ci sono anche li dei mostri... e fa male al cuore vederli, e ancora più male sapere che qualcuno ha fatto si che esistessero. "monade*" scemenze, frasi sbagliate che venivano dette in interrogazione e prontamente scritte da qualche parte per poi essere, ad insaputa dell'interessato, scritte in una porta o nel retro della porta della classe dall'addetto a tale scrittura. esempio di monada: prof. cos'è il colostro? interrogato: il latte che fa il vitello!!!

Rispondi
avatar

Andrea Gabbrielli

circa 8 anni fa - Link

Precisazione. "La casa editrice Einaudi viene fondata nel 1933 da un gruppo di amici, allievi del liceo classico D'Azeglio. Seppure in anni e in classi diverse, questi giovani avevano avuto tutti come professore Augusto Monti, che li aveva educati ai valori della cultura, della libertà e dell'impegno civile. Intorno al più giovane di loro, Giulio Einaudi (1912), si erano così raccolti Leone Ginzburg (1909), Massimo Mila (1910), Norberto Bobbio (1909), Cesare Pavese (1908), affiancati successivamente da altre figure come Natalia Ginzburg (moglie di Leone) e Giaime Pintor. (Il brano è tratto dal sito della casa editrice Einaudi) Insomma Luigi Einaudi non ha fondato nessuna casa editrice. E' stato suo figlio Giulio Corretto, grazie. [a]

Rispondi
avatar

Sergio

circa 8 anni fa - Link

ma Luigi è quello dei Poderi Luigi Einaudi di Dogliani, giusto? per quello è stato citato nel post? Sì.

Rispondi
avatar

dino koccio

circa 8 anni fa - Link

Bell'articolo.Sulla Langa analisi arguta la Sua. Se mi permette vorrei solo suggerire un nome per renderla più umanistica:Renato Ratti. Moltissimi altri hanno firmato le pagine di successo di questa terra benedetta. Ma Ratti sta alla Langa del vino come Springsteen al rock

Rispondi
avatar

Marco

circa 8 anni fa - Link

Articolo davvero bello ed informativo. Certo fa riflettere: non è che quello che definiamo terroir è in parte determinato magari anche da una scuola enologica comune?

Rispondi
avatar

M.G.

circa 8 anni fa - Link

Beh, lavorare in vigna è molto duro e non mi risulta sia pagato con stipendi alti. A torto o a ragione, gli italiani snobbano alzarsi alle 4 del mattino per andarsi a fare un mazzo tanto in vigna: è un dato di fatto. Le medie-grandi aziende devono assumere per forza (in maggioranza manodopera straniera) e possono cercare, compatibilmente col territorio in cui operano, di meccanizzarsi il più possibile. Nelle piccole aziende, il lavoro se lo fa (anche) il proprietario (e la sua famiglia), per risparmiare il più possibile sugli stipendi (ricordo che uno stipendio netto su base arbitraria 100, al datore di lavoro costa 180 circa).. Ciò avverrebbe anche se gli stipendi fossero più alti, comunque. Nel caso di zone "fighe", che spuntano prezzi più alti a bottiglia e hanno altissima percentuale di venduto, il piccolo proprietario diciamo che può essere più "rilassato" e non "costretto" a lavorare a pieno regime e può permettersi più assunzioni. Ecco quindi spiegato perché nelle zone più prestigiose c'è più manodopera di base straniera. Per quanto riguarda i lavori molto tecnici (potatura, impostazione e conduzione agronomica, ecc. ecc.), sono importanti gli studi e l'esperienza, i compensi sono più alti (non dico stipendi, perché questi lavori possono anche essere svolti da liberi professionisti e/o consulenti); quindi è chiaro che in questi settori ci siano parecchi italiani (o francesi o di altre nazioni con elevata cultura vitivinicola).

Rispondi
avatar

M.G.

circa 8 anni fa - Link

Era un commento relativo solo al punto 4) ovviamente..

Rispondi
avatar

federico graziani

circa 8 anni fa - Link

Marco, concordo in pieno con il tuo commento, per questo mi sono innamorato del lavoro che sta facendo Salvo Foti sull'Etna, lui dice "coltivare le persone" e con un compenso più alto del minimo accettato, investe sugli uomini perchè siano felici di alzarsi presto al mattino e accudire vigne come le sue o la mia e non credo di sbagliarmi nell'affermare che serve cultura e conoscenza per comprendere una vite e gestirla al meglio.

Rispondi
avatar

jack vincennes

circa 8 anni fa - Link

insomma io tutta storia secolare e prestigiosa proprio non la vedo. Anzi. Mi sembra tutto molto recente come recentissimo è il successo delle 2 denominazioni. A essere larghi di manica diciamo che gli anni 80 sono l'anno zero per una zona che è sempre stata marginale e dove per secoli hanno regnato fame e miseria. Niente a che vedere, per esempio, con Montalcino che trovandosi sulla via francigena per secoli è stato caratterizzato da un fiorente mercato del vino oppure pensiamo alla Valtellina, altra grande terra di nebbiolo, che quando in langa a stenti sopravvivevano esportava i propri vini in tutta europa e il cui lascito oltre all'affascinante paesaggio terrazzato è rappresentato dalla migliaie di cantine scavate nel terreno e nella roccia che testimoniano una inestimabile tradizione secolare. L'esercizio fatto in questo scritto mi sembra più che altro confacente col detto "hai fatto i soldi?? e ora fatti gli antenati!" e l'ottimo Morichetti volontariamente o no ha colmato anche questa lacuna.

Rispondi
avatar

Alessandro Morichetti

circa 8 anni fa - Link

L'Italia è piena di zone valide o validissime che ancora non sono esplose e forse non esploderanno mai: questa è esplosa a tal punto da finire in cima e qui trovi alcuni dei motivi. Corollario: il mondo è pieno di gente con antenati e senza soldi.

Rispondi
avatar

Marco Meneghelli

circa 8 anni fa - Link

Tutti parlano di vino e terroir pochi come te Alessandro parlano di tutto quello che circonda il vino e di chi lo fa. bellissimo articolo da far leggere a chi dall'altra parte del mondo compra e scrive di Cannubi solo perchè fa figo.

Rispondi
avatar

CABUTTO CELINA

circa 8 anni fa - Link

Grazie io sono nata a Batolo scuola nel collegio di Barolo Poi trasferita Mi manca

Rispondi
avatar

CABUTTO CELINA

circa 8 anni fa - Link

Io sono nata s Barolo scuola nel castello allora scuole superiori Poi traferirti Ora in montagna Mi manca

Rispondi
avatar

Giampiero Sappa

circa 8 anni fa - Link

Enotria '82. Scuola di vita. Professori: Cavallo, Borgogno, Rissone, Utelle, Astegiano...e mi scuso con gli altri, anche loro nell'olimpo dei "miei" grandi. Apprezzo le cose che dice. Ha colto delle sfumature che, come sempre, sono quelle che fanno la differenza. Corretta la risposta a Jack Vincennes. L'invidia, se non immediatamente seguita dall'emulazione, semina molto ma raccoglie poco o nulla.

Rispondi

Commenta

Rispondi a jack vincennes or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.