Ti sei avvicinato al vino e quello s’è spostato un po’ più in là

Ti sei avvicinato al vino e quello s’è spostato un po’ più in là

di Pietro Stara

Alcuni corsi si propongono di avvicinarci al vino: con modalità intransitiva. Come ad un traguardo, ad una meta. Oppure ad un oggetto. Oppure ancora ad una persona inanimata. Per tentare di conoscerla, per abbordarla timidamente, monacalmente. Maniacalmente se d’impeto e con mancanza di riguardo. Lui, il vino, se ne sta lì bello fermo, sornione, impettito, furbastro e finto tonto.

La bottiglia mostra il culo per spiegare la faccia: quattordici gradi e mezzo, gradevole profumo di mora, un bel rosso rubino, morbido e suadente, si abbina a carni rosse e cacciagione. Da servire a temperatura ambiente. Ammicca il ragazzaccio! Sembra già di sentirlo. Ora si cingono le spalle alla bottiglia e la si piega leggermente in avanti, dovesse darci qualche altra suggestione. Barbera con un po’ di merlot. Furbaccio. Usa pure il viagra. IGT e imbottigliato da chi lo fa nel 2014. Se non bastasse.

È giunto il momento di girare voluttuosamente la bottiglia come in un passo ballerino appena iniziato e repentinamente cortado (interrotto). Di tutto punto vestita: agghindata in testa e fasciata intorno al collo in un’unica soluzione di un rosso vivo e acceso sotto cui cinge, senza soluzione di continuità, un girocollo moderno, essenziale. Numerario e numerato. Una scollatura abbondante lascia libere le spalle sino al corpetto giallo a stringerle sul seno e sui fianchi. Uno schianto. Un simbolo araldico disegnato sul corpetto rimanda ad una tradizione antica e sicura, certezza di pregio e notabilità.

Un imberbe puledro di una famiglia prestigiosa alberga sussiegoso nelle vestigia trasparenti di una madre appassionata e severa. Un lento casqué all’indietro, per guardarla ancora negli occhi e rompere gli ultimi indugi. Solfiti sberluccicano negli occhi. Soltanto un tappo ci separa dalla conoscenza e dalla riverenza. Meravigliosa modernità plasticosa priva di molestie e di interferenze alcune. Un’ultima piroetta prima di liberare il vino da quell’angusta e dorata prigione. Faccia a faccia come in un western e soda. Da soli.

Lui sempre muto, spoglio, attonito. Pareva di conoscerlo.

[Immagine – Crediti]

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Pietro Stara

Torinese composito (sardo,marchigiano, langarolo), si trasferisce a Genova per inseguire l’amore. Di formazione storico, sociologo per necessità, etnografo per scelta, blogger per compulsione, bevitore per coscienza. Non ha mai conosciuto Gino Veronelli. Ha scritto, in apnea compositiva, un libro di storia della viticoltura, dell’enologia e del vino in Italia: “Il discorso del vino”.

13 Commenti

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sergio

circa 8 anni fa - Link

Non è lungo questo post di Pietro Stara. Ma è denso e pieno di suggestioni. . Il fatto che il prof Nicola Perullo abbia scelto Intravino per presentare il suo libro non è un caso. . Qui ci sono uomini e donne che scrivono maledettamente bene ...e già "raccontano" il vino in un modo nuovo.

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Matteo

circa 8 anni fa - Link

Questo modo di scrivere è tipico dei "Moccia": arzigogoli che non portano a nulla.

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Vinogodi

circa 8 anni fa - Link

...ci sono alcuni "autori" (fra le quali un paio di femmine) che leggo molto volentieri ...

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A3C

circa 8 anni fa - Link

Stara... bene?

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Suslov

circa 8 anni fa - Link

Antani.

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Andrea

circa 8 anni fa - Link

Bello! Quindi bisogna indovinare il vino in questione .....ma cosa si vince? Se mi dici la bottiglia in argomento non partecipo ;-)

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Riccardo

circa 8 anni fa - Link

Bacucco di Monte delle Vigne? Ho vinto qualche cosa?

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Riccardo

circa 8 anni fa - Link

Nabucco non Bacucco!!! Il correttore ha colpito!

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sergio

circa 8 anni fa - Link

Federico Moccia(famigerato) nella Treccani: "La sensazione di uniformità nasce forse dal fatto, innegabile, che negli ultimi anni tra i narratori si registra una netta propensione per la medietà linguistica, intesa come rifiuto sia del riciclaggio di materiali linguistici appartenenti alla letteratura del passato, sia di soluzioni sperimentali. Ma naturalmente, le possibilità espressive disponibili pur senza palesi escursioni al di fuori della medietà sono quasi illimitate. Certamente in alcuni narratori, evidentemente interessati solamente alle storie da raccontare, destinate a lettori di scarse pretese, l’opzione per l’italiano medio non è altro che un riflesso dello scarso impegno profuso nella scrittura. Un esempio di mediocrità stilistica è costituito dal fortunatissimo La solitudine dei numeri primi (2008) di Paolo Giordano; ad un livello più basso di controllo sulla forma si situa spesso la fiorente narrativa per adolescenti, il cui esponente più famoso (o meglio famigerato) è Federico Moccia."(dalla Treccani) . Quindi, essere paragonato a Moccia è un insulto. . Ho notato che quando noi lettori, in un post, lodiamo l'autore o l'autrice del post c'è quasi sempre qualcuno che esprime, invece, il suo dissenso. E spesso lo fa con un insulto: neanche Cristiana L e Sara B sono state risparmiate, ad esempio. Secondo me è normale, è fisiologico, in un dibattito pubblico, non piacere a tutti: non siamo in privato tra amici. E non censurarli è un merito per Intravino(anche perché il dibattito risulta più "vero" ed interessante) . "Le lodi mi rendono umile, ma quando mi insultano so di aver toccato le stelle." (Oscar Wilde)

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Andrea

circa 8 anni fa - Link

Giusto, ma attenzione: qualcuno viene "insultato" sullo stile, altri/e sui contenuti......

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Fiorenzo Sartore

circa 8 anni fa - Link

Di solito qui facciamo attenzione a limitare gli "insulti". Può succedere che qualcosa ci sfugga ma normalmente stoppiamo solo gli interventi pesanti, o pesantemente trolleschi. Ciò detto, data l'occasione approfitto per raccomandare a tutti i cortesi telespettatori moderazione negli interventi, grazie (faccina sorridente). E grazie a Sergio per il suo commento.

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capex

circa 8 anni fa - Link

Anche i partecipanti alle discussioni vengono a volte "insultati" e non solo da gli altri partecipanti se la vogliamo dire tutta. Comunque Intravino è sempre piacevole.

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Cristiana Lauro

circa 8 anni fa - Link

Mi piace da morire come scrive Pietro. Ho letto una buona parte del suo "Discorso del vino". È un testo importante, storico, che si impone. Una come me per arrivare in fondo a una roba del genere deve sperare in un'altra vita e in un fegato nuovo. Mi piace la confidenza che ha Pietro con registri assai diversi. Una forma di duttilitá che altro non è se non intelligenza. E poi è sensibile al ritmo, ha la punteggiatura sulle dita. Forte questo post!

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