Tartufo e sapori di Langa e San Miniato, paralleli e meridiani tra cucina, nebbiolo e sangiovese

di Andrea Gori

E’ spesso complicato tracciare paralleli tra sangiovese e nebbiolo, ma in questa stagione, dove il richiamo del tartufo è primigenio e atavico, ci sono due zone più di altre sotto i riflettori: Alba e le Langhe, e San Miniato, che ogni anno attira una quantità enorme di appassionati di tartufo. Questi, invece di confrontarsi con il nebbiolo, spesso usano in abbinamento i vini locali, che stanno vivendo un momento di vitalità sorprendente.

Da un lato la biodinamica, e dall’altro la riscoperta di metodi di vinificazione meno invasivi sottolineano la potenza del sangiovese di zona e cercano di distillarne classe ed eleganza. A tavola con alcune intriganti e goderecce preparazioni di Papaveri e Paolo con Paolo Fiaschi, ristoratore di lungo corso e conclamata bravura, si sono snodati alcuni assaggi, a confermare la qualità indiscussa del nebbiolo in abbinamento, declinato anche ai piani più alti di Barolo e Barbaresco. Ma anche con alcuni intriganti abbinamenti in chiave tartuficola con il sangiovese marino sapido e polposo di zona, assieme ad altri vitigni riscoperti in modalità bollicine, e macerazione.

Reciso IGT Toscana Pietro Beconcini 2007. Dolce amarena e resina, Mon Chéri e bella salinità; bocca sfumata e territoriale, rocciosa e saporita, finale con nota calda e fruttata di ribes, finezza di tannino, armonico e gradevolissimo. 88

Reciso IGT Toscana Pietro Beconcini 2008. Lavanda, ribes e salsedine con tracce di mirto e alloro, candito di arancio rosso, tannino agile e ficcante; finale con una punta di calore un poco sopra le righe. 86

Reciso IGT Toscana Pietro Beconcini 2009. Una lieve traccia affumicata apre il quadro, che va subito su note di chinotto e menta e tanta ciliegia e durone; tannino di ottima maturità e grana, agile eppure ricco: grande vino. 90

Barolo Bussia Giacomo Fenocchio 2007. Esplosione di oro incenso e mirra, poi talco e bacca di vaniglia, cassetto della nonna e cipria, amarena; bocca severa ma passionale e saporita, tannino ideale e bell’equilibrio complessivo che regala una beva notevole. 88

Barolo Bussia Giacomo Fenocchio 2008. Rotondo e dolce di frutta già al naso, ha durone e menta come note traccianti attorno alle quali ruotano pepe e anice; bocca morbida e fruttata con energie e rotondità ben dosata. La grande annata tira fuori la sua classica mineralità da Bussia e il piacere di una bevuta sicura e completa: un fuoriclasse. 93

Barolo Bussia Giacomo Fenocchio 2009. Rosa canina e grande tono balsamico con menta e resina, allegro e brioso con note di confettura di arancio, ribes rosso e pepe nero; bocca pronta e con tannino beverino e ricco, che strozza un poco il sorso restando comunque una grande interpretazione “in levare” dell’annata 2009. 90+

Barolo Villero 2004 Fenocchio. Austero e imperioso inizialmente, poi menta agrumi e chiodo di garofano, fumé, tabacco e pittosporo; bocca dal tannino intenso e sottilmente rugoso ma che esalta il bel frutto. Manca un’idea di centro bocca, ma ha nota affilata e minerale che lo salva. 88

Reciso Pietro Beconcini IGT Toscana 1999. Salsedine e sottobosco, resina e cardamomo, ematico; bocca carnosa che rivela ancora persistenza e struttura. 85

Reciso Pietro Beconcini 2001. Tartufo e anice, amarena e menta piperita; bocca balsamica e ariosa ma con tannino un poco ingessato; il finale fruttato svela una gioventù impressionante. 88+ (c’è ancora margine!)

L’Erede Cupelli Trebbiano Metodo Classico San Miniato. Guardando approfonditamente la geologia di San Miniato la domanda sul perché non si sia mai provato a fare un metodo classico sorge spontanea. E’ quindi sorprendente se sono solo 4 anni che è in atto questo coraggioso tentativo di declinare il trebbiano di zona in versione spumante. Solo 20mila bottiglie per ora, ma davvero un grande frutto: ha maturità e profondità aromatica difficili da trovare in Toscana. Ovviamente eleganza e finezza del modello francese sono distanti, ma il frutto pieno e la freschezza mediterranea fatta di agrumi, pesca, ginestra e una nota nocciolata molto piena sono indiscutibili e piacevolissimi. Da contestualizzare, ma estramemente ben fatto e godibile, specie su un tagliolino al tartufo fatto come si deve. 85

Bianco Daphné 2011 Cosimo Maria Masini. Il culto del Trebbiano toscano ha pochi adepti, ma a San Miniato pare aver attecchito molto bene. Merito anche di prodotti come questo che uniscono le convinzioni biodinamiche al minimo intervento in cantina e soprattutto alla voglia di dare dignità ad un vitigno troppo spesso solo onesto comprimario. Tecnicamente un vino orange con ben 12 mesi sulle fecce in tonneau, non lascia in realtà troppo spazio alle ossidazioni rivelando un naso ricco di frutta e spezie che sorprende soprattutto in bocca per una bevibilità notevole e un corpo quasi da vino rosso. Chiude sapido e con un agrumato curioso, che rinfresca e lo rende ideale su piatti dai grandi profumi ma corpo non eccessivo, come quelli allo zafferano o al tartufo. 85 (ma 90+ se amate gli orange).

Rosso Mafefa 2009 Agrisole. Un blend storico e quasi tradizionale per la zona, con il sangiovese che cresce anche troppo bene da queste parti ma che la malvasia nera bilancia bene, tra aromi di frutta di bosco carnosi, speziatura e tabacco dolce. Bocca lieve e sapida che in tavola non stanca, nonostante al naso appaia molto dolce e ricco. Sorprendente. 86

Rosso IXE 2010 Pietro Beconcini. Il sorprendente tempranillo a San Miniato ha visto in Leonardo Beconcini il suo nume tutelare e protettore da sempre, con tante ricerche e approfondimenti che hanno portato a declinare il vitigno in due versioni: una più corposa e ricercata (il Vigna alle Nicchie), e questo IXE, un grande successo di immagine e di pubblico per via del naso esplosivo dolce e conturbante di spezia, frutto di bosco, mirtillo, menta, alloro, liquirizia e chiodo di garofano, il tutto senza uso di legno. In bocca sa essere delicato come un peso leggero, e si rivela ottimo su cacciagione di piuma e altre specialità al tartufo locali ma non solo. 84

Vigna alle Nicchie 2009 Tempranillo Pietro Beconcini. Un succo intenso e particolare di more, visciole, mirtilli e pepe nero con un cangiante sottofondo di spezie orientaleggianti, canfora, incenso e rimandi al sottobosco. Bocca imponente ma meno di un tempo, per un vino che impatta deciso sul palato ma che prova a regalare momenti di finezza, più apprezzabili in caso di abbinamenti che ne sfruttino la grande aromaticità e lunghezza. 87

Fedardo 2005 Vin Santo Toscano Cosimo Maria Masini. Un Vin Santo biodinamico godurioso e molto dolce al naso, con albicocca, miele millefiori e castagno e humus a fare da conduttore per una serie di aromi molto coinvolgenti e classici, veicolati da una discreta volatile. In bocca il vino risulta però poco stucchevole e quasi dissetante con una bevibilità sorprendente per un vin santo. 85

 

 

 

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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