Se puoi sognarlo, puoi farlo: Salon 1996 vs Krug 1996 vs Dom Perignon Œnothèque 1996

Se puoi sognarlo, puoi farlo: Salon 1996 vs Krug 1996 vs Dom Perignon Œnothèque 1996

di Alessandro Morichetti

Queste le regole d’ingaggio: una bottiglia a testa e il padrone di casa che aggiunge uno sparring partner a sorpresa. È la tanto attesa serata dei mostri di Champagne 1996, il confronto tra top indiscussi. Etichette note e assaggio blind, sai cosa c’è ma non sai dove sono piazzati Oenoteque (già bevuto una volta: Dom Perignon Œnothèque 1996 spiegato a mia madre), Krug (mai coperto), Salon (già bevuto una volta troppo tempo fa).

Ci assentiamo un attimo mentre il sommelier serve i vini, poi via veloci in postazione come segugi. Già il colore dice. Iniziamo ad alternare annusate, ipotesi di riconoscimento e giusti ammonimenti ad analizzare il gusto più che la possibile etichetta.

Secondo e quarto si somigliano, più chiari. Il terzo si stacca, più carico e quasi aranciato. Il primo galleggia su qualche specie di tè. Annusata veloce: crosta di formaggio (1), champenoise fresco (2), tostatone fin troppo (3), champenoise dolce e pasticcere. Non ancora in bocca ma iniziamo a scalpitare pacificamente di dubbi. Così al volo tra 2 e 4 ci sono Dom Perignon e Salon. Non trovo Krug, 1 si sta ancora assestando e questo 3 non mi fa impazzire: temo sia lui ma in una versione decadente che non gli appartiene.

1) Quasi rosa/tè. Naso ferroso, mallo di noce, ora lattico ora ossidativo. La crosta di pecorino va e viene e diverte quando va. Si assesta solo in parte anche in bocca e al contatto con l’aria rimane birbante e scomposto. Non si allunga per tutto il sorso, a un certo punto frena il suo ardore. Sarà Tarlant. 87

2) Giallo chiaro paglierino. Didattico in un mix di panificazione, mela verde, caramella di montagna e una note ricorrente di mentuccia e clorofilla. Questo tono ricorrente sul verdino, perfettamente amalgamato, mi ricorda cosa non avevo amato fino in fondo di Œnothèque 1996 e cioè una sensazione di eterno ventenne che pure a 40 anni farà il giovane brillante. Sorso continuo e profondo, acidità vivissima. Mentalmente mi rileggo e trasmette esattamente la stessa sensazione: “Il naso è delicatissimo e fine: erbette aromatiche, floreale, crosta di pane, poi rosmarino, timo e tostatura di caffè, poi scorze di agrumi e qualcosa di mentolato. Ricordi e suggestioni di cose comunque fresche e delicate, non pugno diretto e incisivo, ha una delicatezza affascinante. In bocca il vino suggerisce un’idea di scioltezza e quasi esilità, non è grosso o grasso ma slanciato e dal profilo perfettamente bilanciato. Il sorso è molto bello e infiltrante, profondo ma lieve, trasmette una idea di facilità giovanile davvero potente“.
Per un paio di commensali risulta il più gradito ma – siamo ancora alla cieca – è il confronto col numero 4 a distinguere un finale al fotofinish da una fuga dell’ultimo kilometro che va in porto. 93/94

3) Giallo molto carico. Caffettoso, albicocca, tostatura e vaniglietta ci sono ma un poco oltre le attese. C’è tanta materia, è il più vinoso ma trasmette ad intermittenza una idea di scollinamento, non ci conquista e la conclusione è di essere di fronte ad una bottiglia che ha patito. Mannaggia. Era Krug ma solo in etichetta.  S.V.

4) Colore chiaro, fresco. Naso di pane alla griglia e pan brioche, floreale e sfumato. Già così dispone a bestia e ne assaggio un goccino piccolo, rotondo, lungo, compiuto… porcacciamiseria questo è il più buono! Poi col tempo esce una pasticceria strepitosa nella delicatezza, ha il naso migliore e per quanto mi riguarda indiscutibilmente pure il sorso. Rifletto a voce alta: se è Salon è la mia ultima bottiglia ma sono contento e mi attacco al contempo. Se è Dom Perignon mi confermo un pessimo blind taster ma ne ho altre due da parte. È Salon 1996, il mio top di giornata. 97/98

Ah, ma non era mica finita poi. Quando ormai stiamo filosofeggiando di massimi sistemi, lo chef de cave mette in tavola due rossi e li serve coperti. Poco didascalicamente annusiamo e assaggiamo: il primo è una splendida femmina profumata dalle gambe lunge e dal fisico asciutto e tonico: si girano indistamente maschi e femmine. Il secondo è un bell’omaccione burbero, barba lunga, ascella pezzata e After Eight sciolto nella tasca. Stessa vigna (Clos Vougeot grand cru), entrambi 2002. Il primo – Georges Mugneret – semplicemente buonissimo, finisce in un amen. Il secondo – Dominique Laurent – rimane per metà in bottiglia.

Compravendita finale: scambio alla pari una bottiglia di Dom Perignon Œnothèque 1996 con una di Krug 1996 perché c’è scocciato un po’ a tutti.

PS: sono un decerebrato. Krug 1996 lo avevo bevuto 6 anni fa per festeggiare il mio compleanno. Ero giovane, lui era buonissimo e nemmeno ricordavo il post in stile bimbominkia. Brutta la vecchiaia, specie da giovani.

[Foto cover: Sir Panzy. Altre foto: A. M.]

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

2 Commenti

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Vinogodi

circa 8 anni fa - Link

...Alessandro , io correggerei " il confronto tra top indiscussi" in "confronto fra medium level indiscussi" . Salvo Salon 1996 , direi nella top ten , gli altri sono di "indiscusso valore medio" , indipendentemente dal Krug sfigato , che grande è in condizioni normali ...

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Max

circa 8 anni fa - Link

Commento sterile.

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