Se la tua bocca “accoglie generosamente anche il sorso più voluminoso” forse dovresti farti qualche domanda

di Leonardo Romanelli

All’inizio fu il grande Veronelli a voler “épater le bourgeois”, ovvero lanciare un sasso nello stagnante mondo del vino della sua epoca: descrizioni futuristiche, linguaggio stralunato, paragoni improponibili, una strategia poi pienamente riuscita per far diventare il vino e chi lo produceva un protagonista. Tante le leggende su di lui, dal sentore di sperma snasato in uno Champagne Krug in presenza dell’allora titolare Remy che gli chiede gentilmente se si era lavato le mani prima di effettuare la degustazione, ai sentori del sudore di un cavallo lanciato al galoppo in una notte di mezza estate; frasi che lasciavano il segno, ma Luigi Veronelli sapeva come e quando dirle.

Poi, alla sua scomparsa, gli epigoni, ovvero, tutti coloro che hanno visto di cosa era capace il Maestro e hanno cercato di superarlo, magari da destra, esagerando e creandosi un linguaggio impossibile da capire ai comuni mortali.

Ed ecco svelato l’arcano: io parlo in maniera incomprensibile affinché tu, con gli occhi lucidi per l’emozione, possa riconoscermi quale Sovrumano Degustatore. Da qui nascono tutti coloro che, stando ai loro racconti, sanno distinguere le interiora di cinghiale da quelle di lepre, quelli che per sentire l’odore della ruggine vanno a leccare le reti di recinzione in campagna o entrano in un pollaio per capire definitivamente cosa è la “merde de poule”.

Qui saremmo ancora moderatamente nel tecnico ma, volendo, esistono anche quelli che mettono per iscritto i loro incubi notturni o i loro sogni sopiti e mai svelati, categoria che se la batte da vicino con le scrittrici di gran moda oggi, quelle dei porno soft(che se poi sono uomini, si firmano da donna che vendono di più!).

Esagero? Beh, sentite questa: “Il retrogusto finale è lungo e persistente e permea la trachea di piacevoli sensazioni edonistiche, come l’incontro con la propria amata.” Non fa certo pensare ad una bevuta, quando anche prima, nel descrivere i profumi si arriva a raccontare un sequestro a rischio stupro: “pervasivi profumi che assalgono letteralmente il naso e lo tengono in ostaggio come una squaw bianca catturata dagli apache”.

Riconoscere 13(!) profumi diversi in un vino è, diciamolo, un esercizio che neanche al Rin Tin Tin dei tempi d’oro sarebbe riuscito: sarei curioso di vedere se il degustatore riconosce, ad occhi bendati, la differenza tra marasca e durone (parlo di ciliege, per chi non è avvezzo al linguaggio “professionale”).

Superare di slancio i 12 aggettivi per descrivere il gusto sono, invece, la dimostrazione di come, in mancanza di argomenti, si possa riempire l’aria di parole inutili. Pare quasi di vederlo il Sovrumano Degustatore alle prese con il vino e il dizionario dei sinonimi e dei contrari: un “elegiaco” buttato un po’ a caso, un “baritonale” che mette in crisi i melomani per non parlare poi di frasi che, tolte dal contesto, fanno capire quanto siano misteriosi i meandri della mente: “Naso maschio”, “Solidità fin quasi a sfiorare la rigidezza” e vette poetiche del tipo “Il tratto gustativo assume tutti i colori del sottobosco, malinconici e assorti”.

Ma non si era detto che il vino doveva essere per tutti? Chiudo con una nota personale: da qualche anno porto nei teatri uno spettacolo che sfotte simpaticamente codesti personaggi e, regolarmente, a fine serata mi arrivano i complimenti “Per la fantasia dimostrata nello scrivere uno spettacolo teatrale sul vino”.

No, signora mia, è tutto tragicamente vero.

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Leonardo Romanelli

“Una vita con le gambe sotto al tavolo”: critico gastronomico in pianta stabile, lascia una promettente carriera di marciatore per darsi all’enogastronomia in tutte le sfaccettature. Insegnante alla scuola alberghiera e all’università, sommelier, scrittore, commediografo, attore, si diletta nell’organizzazione di eventi gastronomici. Mescolare i generi fino a confonderli è lo sport che preferisce.

18 Commenti

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Tommaso Farina

circa 11 anni fa - Link

Bellissima riflessione

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Samuele

circa 11 anni fa - Link

Durante una fiera un avventore, in vena di rompere i allegramente cosiddetti, mi chiese di fare insieme l'analisi sensoriale di uno dei miei vini. Mi prodigai chiaramente in un'attenta e scientifica analisi dai colori, ai profumi, al gusto andando a richiamare tutti i rimandi al mio territorio che il vino riportava alla mia mente. Alla fine il mio ospite mi guardò un pò annoiato e mi chiese:" Tutto qui ?! " Forse si aspettava che gli parlassi di profumi di donna che cavalca nel tramonto o di primavera intrisa della bellezza di un fiore al suo sbocciare. Purtroppo in tanti si aspettano questo tipo di degustazione nonostante tutto.

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maurizio gily

circa 11 anni fa - Link

Noto che è in ribasso il sentore di zibetto, forse i più giovani non ne hanno nemmeno sentito parlare. Eppure lo zibetto, o gatto muschiato dell'Abissinia, era un tempo un descrittore abbastanza in auge tra i degustatori con superpoteri. A quel tempo le secrezioni animali erano ancora usate in profumeria (zibetto, castoreo, muschio che non è un vegetale ma una secrezione del musco o muschio, un cervide asiatico) tuttavia dubito che ai corsi dell'ONAV o dell'AIS venissero esibiti zibetti vivi su cui esercitarsi. In ogni caso per maggiori informazioni copio da wikipedia: La secrezione delle ghiandole peri-anali dello Zibetto (Civettictis civetta), è raccolta a scopi commerciali ed è anch'essa chiamata zibetto. Per raccoglierla, legano saldamente l'animale alla gabbia e poi premono con le dita la borsa anale per farne sgocciolare il contenuto dai numerosi canali che vi fanno capo. Il liquido appiccicaticcio che cola viene raccolto con cucchiai e si procede poi ad ungere la borsa ghiandolare col latte delle noci di cocco o con latte animale, per ripristinare il normale stato cutaneo dell'animale. In genere si estrae lo zibetto settimanalmente. Appena raccolto, si presenta come una schiuma bianca, che si va facendo più scura via via che si asciuga, fino a diventare giallo-bruna, modificandosi nel suo profumo. Essa è insolubile nell'acqua ma parzialmente solubile nell'etere e nell'alcol, mescolata con il quale assume un odore gradevole. Fonde a 36 °C. Contiene dal 50 al 70% di acidi grassi. Lo zibetto estratto ha un odore acuto, simile a quello del muschio, dovuto allo zibettone (civetone), un chetone che è uno dei più antichi ingredienti dei profumi e che è oggi prodotto anche artificialmente. Contiene tristearina, trioleina, resina, olio essenziale e una sostanza colorante. In Arabia e in Africa viene usato anche per curare alcuni disturbi ormonali come la caduta dei capelli. Molto usato come profumo nell'antichità e come ingrediente nei profumi naturali del XIX secolo.

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ruggero romani

circa 11 anni fa - Link

Give me an ounce of civet, good apothecary, to sweeten my imagination.

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Eleuthymologus

circa 11 anni fa - Link

L'oggetto di questa nota di degustazione non è il vino, bensì il glande. Come non applaudire al coraggio di chi finalmente denuncia la peccaminosa, etimologica ambiguità del termine "organolettico"? "Organo" + "-lettico", da -lepsis, quindi da un tema del verbo greco lambàno, cioè prendo. Analisi di presa dell'organo.

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armin kobler

circa 11 anni fa - Link

da tecnico che un po' si è occupato di analisi sensoriale questo pezzo mi è piaciuto moltissimo.

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bruno

circa 11 anni fa - Link

Credo sia un pezzo molto utile per avvicinare le persone al vino. Forse è arrivato il momento di parlare del vino in una maniera più essenziale, cercare di aiutare gli appassionati a capire di più l'identità del vino stesso. Territorialità autenticità unita all'impegno dell'uomo che lo rende elemento culturale di socialità di scambio e conservazione della tradizione. Lo sfoggio di inutili marcatori credo non faccia il bene del vino stesso ma solo una inutile esibizione che nulla porta al movimento enologico.

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Leonardo Romanelli

circa 11 anni fa - Link

L'idea che mi sono fatto è di un "fuori tempo", ancora oggi descrivere i vini così fa una sensazione strana, come se uno facesse un discorso in pubblico utilizzando parole di fine Ottocento

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bruno

circa 11 anni fa - Link

...così come fuori tempo appaiono molti dei degustatori che nell' inutile (secondo me) sfoggio di marcatori lanciano il messaggio "sia ben chiaro siamo noi e solo noi i comunicatori del vino" tenmtando di chiudere il mondo della comunicazione a chiunque voglia farlo in maniera diversa. Da parte mia invece penso che comunicatore del vino è appunto chi riesce a comunicarlo, cioè ad emozionare attraverso l'identità il lavoro e la cultura storico territoriale che c'è dietro al vino stesso. Ecco per quanto mi riguarda è li che io trovo l'unicità del vino e non........nell'anice stellato...

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Alessandro84

circa 11 anni fa - Link

Un sommelier che apprezzo molto, di solito molto preciso e sobrio, tempo fa ha tirato fuori dalla manica una splendida sinestesia da salto doppio carpiato: un sussurro di miele. Così poetico che mi ha provocato un sospiro di commozione...

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Marco Bolasco

circa 11 anni fa - Link

"...lo svanito allarga svasando", era un'espressione utilizzata nella descrizione dello Chardonnay di Cesconi in un'importante guida diversi (parecchi) anni fa. È rimasta scolpita nella mia memoria...

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Sir Panzy

circa 11 anni fa - Link

Sottoscrivo ogni parola. Bravo Leonardo Romanelli!

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Maria Grazia

circa 11 anni fa - Link

Bravo Leonardo! Ricordo il tuo spettacolo al Teatro del Sale come uno dei momenti più formativi per me per capire come andare oltre lo stantìo linguaggio tecnico e come rendere il vino con uno linguaggio accessibile ed umano . Grazie ancora oggi. Uno spasso assoluto allora e una bellissima iflessione ora.

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Rossano Ferrazzano

circa 11 anni fa - Link

esiste l'esagerazione del complicato, e anche quella del semplicistico esistono i degustatori che si fingono capaci millantando complessità mai percepite, e anche quelli che, altrettanto incapaci, pretendono di non dover dimostrare né dire nulla in nome della crociata per rendere universalmente accessibile la comprensione del vino quando si stigmatizzano -come si deve fare- gli eccessi del primo tipo, bisognerebbe sempre ricordarsi anche dei secondi, imo

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Giampiero Pulcini

circa 11 anni fa - Link

"I francesi parlano di parfum per i bianchi e di bouquet per i rossi. Non siamo tanto pignoli: diciamo che un vino è profumato, che ha un aroma, se ce l'ha. I cugini dicono anche chaud d'un vino forte, alto di gradazione; complet di un vino che ha tutti i requisiti del suo standard; dur di un vino duro, senza velluto, che manca di moelleux, di morbidezza; enveloppé, involuto, per dire che scappa in bocca, non ha corpo, non è rotondo né pieno; frais, cioè fresco, quando vi è armonia fra tenore alcolico, acidità ed estratto; fruité, d'un vino che sa veramente di uva; sec. secco, detto dei bianchi; vert, acerbo, che allega i denti. Noi definiamo i vini con gli stessi aggettivi e con qualche altro, come pulito, fluido, liscio, razzente, amaro, abboccato, vivo, molle, spento, maturo, giusto, focoso, vellutato, denso, pesante, compatto, sincero. Si capisce che si può bere anche senz'avere precisa cognizione di tutto questo: ma allora non si ha nemmeno il merito degli animali, che si dissetano bevendo gratuita acqua. E chi beve per mero vizio di gola o con fini distorti, subito lo vedi: gluglueggia con l'epiglottide come le bottiglie mal inclinate alla mescita: per delicato e nobile che sia, il vino se lo pompa come un oscena, birra: e si nutre di quello come potrebbe un amante della poesia mandando a memoria una composizione in lingua sconosciuta: i soli suoni non bastano: e così le sorsate." (GIANNI BRERA).

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Emanuele

circa 11 anni fa - Link

Giampiero, if you please: fonte/passo?

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Andrea Colzi

circa 11 anni fa - Link

L'elemento “fuori tempo” è la sensazione più netta che si prova quando si leggono certe degustazioni, così spesso arcaiche ed allo stesso tempo dispersive, soprattutto con le vere sensazioni che si provano di fronte ad un vino ed al suo concetto di piacere. Mi è capitato di andare da clienti che alle volte sono quasi spaventati di parlare di vino, come se il non riconoscere certi sentori come la scheda descrive, fosse poi causa di fustigazione, il contrario di quello che è successo a Samuele con l'avventore, e la sensazione non è delle più piacevoli, anzi. Lo scopo della comunicazione di solito, ed in questo caso specifico, è promuovere il vino come un piacere, per l'uomo in generale, e non solo per delle caste, per poi trovarsi a lamentare che non viene capito ed apprezzato, ma soprattutto consumato (perchè lo si deve BERE e non solo ammirare) nel modo giusto. Così si allontanano la maggior parte dei consumatori che si vorrebbero invece avvicinare, sia per cultura che per mercato. A Leonardo faccio una lode sia riguardo il suo spettacolo "Come diventare sommelier in 50 minuti" con Alessandro Masti, che ho auto il piacere di vedere 2 anni fa alla presentazione di un azienda che rappresento, sia alle sue doti di comunicatore smart e pieno di iniziative, ed anche in questa riflessione si legge la professionalità diretta e onesta, facendo il riferimento alle ciliegie, cercando di non aggirare, come spesso succede, il referente con la solita saccenza e presunzione che i più hanno in questo mondo.

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Lorenzo

circa 11 anni fa - Link

Davvero centrato, complimenti! E ora i compiti a casa: tenere un pò a freno i mille profumi e aromi descrittori del compagno di merende Gori....(si scherza, naturalmente, anche se lo smile non mi si attacca)

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