Ristorante Mantra: sapessi com’è sano sentirsi raw vegan a Milano

di Leonardo Romanelli

Si riesce a sopravvivere mangiando crudista e vegano e, magari, senza bere nemmeno vino? L’ultima è una provocazione, d’accordo, il vino esiste ma ci sono poche etichette ed è più facile pasteggiare con cocktail magari a base di frutta, non troppo pesanti in quantità alcolica. Quindi la risposta è sì, almeno per quanto riguarda Mantra, ristorante milanese aperto a gennaio da Marina dell’Utri che firma anche i prodotti detox in vendita all’interno.

Non esiste una vera cucina, bensì degli essiccatoi dove portare i vari alimenti ad una temperatura massima di 42°. Lo spazio preparazione è in bella vista sulla strada, si entra ed il banco del bar è subito nella sala d’accoglienza, con i prodotti in vendita nel banco frigo ed altri appesi alle pareti. Si accede, infine, all’unica sala con circa 30 coperti sempre occupati, e non è strano considerando la qualità degli alimenti proposta.

Il cuoco, Alberto Paluello si è fatto le ossa a Los Angeles, viene da Treviso, ed ha entusiasmo ed idee chiare. Dopo le ferie saranno fatti i primi correttivi, l’ambiente risulta appena asettico e può migliorare in atmosfera: non è comunque quella assurda di tanti locali vegetariani, vegani, macrobiotici (non che ci debba essere per forza un legame tra le tre voci, era tanto per far capire il genere) che sono frequentati in maniera quasi fideista, da una clientela che non sembra poi così interessata alla qualità organolettica.

Non esiste un vero menu degustazione ma sarebbe divertente, perché l’esperienza si rivela avvincente, a partire dagli stuzzichini: l’insalata di cavolo nero toscano con salsa al formaggio di anacardi è la classica alternativa sana al salatino, così come i crackers di zucchine e noci al rosmarino o quelli con funghi shitake.

Inizio con TELL, tortelli di cocco giovane alla carota con ripieno stagionato di noci su fondue al pomodoro e se li servissero in fondina sarebbe ancora meglio: la salsa abbinata all’insieme è, comunque, favolosa!

Si prosegue con lo GNOK, gnocchi di sedano rapa con salsa alla salvia e gremolata di pistacchio, di consistenza ricca, saporiti. Poi arriva il picco con lo SPAGH che non sono altro che spaghetti di alghe kelp, cacio e pepe con un’intensità di piccante assolutamente deliziosa.

Il fritto di mare? Eccolo: CAL, ovvero, calamari di funghi cardoncelli con romesco al pomodoro e salsa tartare, appena da completare, a mio avviso, con un accompagnamento piccante.

Ci può rinfrescare la bocca con INSY MUST, misticanza abbinata con pere, avocado, pomodori pachino affumicati, finocchio marinato, emulsione alla senape e spuma di limone, da godersi per l’insolita speziatura che fa capolino tra un boccone e l’altro.

I dolci sono di quelli che soddisfano i golosi: dal CIOK, la torta al cioccolato fondente, al CHEEZCAKE costituito da crumble di zenzero e cheesecake al lime, senza fare a meno del TIRAWMISU, crema di cocco  su una base di mandorle e nocciole all’essenza di caffè (senza caffeina, come specificato).

Servire il caffè è una concessione all’Italia, in effetti non pensavo che in un ristorante crudista non lo si potesse servire. Sulle bevande il divertimento, grazie al barman presente, è assicurato: versioni personalizzate di Mojito, di Daiquiri, con ginger ale fatta al momento, dai profumi intensi e sapori che non tendono mai al troppo dolce: nel dubbio, dirlo prima. Le porzioni fotografate sono fatte per l’occasione, solitamente sono molto più abbondanti!

Primi, secondi ed insalate dai 12 ai 14 euro, dolci 8 euro.

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Leonardo Romanelli

“Una vita con le gambe sotto al tavolo”: critico gastronomico in pianta stabile, lascia una promettente carriera di marciatore per darsi all’enogastronomia in tutte le sfaccettature. Insegnante alla scuola alberghiera e all’università, sommelier, scrittore, commediografo, attore, si diletta nell’organizzazione di eventi gastronomici. Mescolare i generi fino a confonderli è lo sport che preferisce.

2 Commenti

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Nelle Nuvole

circa 9 anni fa - Link

un PLAUS a Leonardo Romanelli che si sacrifica sull'altare della "gastronomia alternativa di brutto", detta anche CHECASIN, a Milano, con temperature africane, ovvero MEMORO.

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Ganascia

circa 9 anni fa - Link

poracci

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