Randall Grahm è uno dei pochi winemaker che potresti intervistare infinite volte

di Elena Di Luigi

Randall Grahm è il winemaker proprietario di Bonny Doon Vineyard in Santa Cruz, California. Dopo aver frequentato la University of California di Santa Cruz inizia a lavorare in un wine shop di Beverly Hills dove ha la fortuna di assaggiare grandi vini. Questa eperienza lo fa tornare all’università, questa volta quella di Davis, dove si laurea nel 1979 in Plant Sciences. L’avventura come winemaker inizia subito dopo con l’acquisto di Bonny Doon e passa attraverso tappe diverse come la scelta di abbandonare il Pinot Noir a favore di certe varietà d’uva francesi e italiane, l’impiego dei tappi a vite e la scelta di elencare nelle etichette tutti gli ingredienti utilizzati nella produzione. Ancora oggi uno degli impegni principali di Randall Grahm è di rendere il vino meno pomposo e pretenzioso.

Quali delle annate fatte ad oggi sono state le più difficili?
Ogni annata può essere una sfida, ma sicuramente le prime sono state rischiose anche perché fatte senza sapere bene come crescono le uve. In California il problema non sono le vendemmie bagnate, da questo punto di vista infatti siamo fortunati, ma il caldo improvviso che stressa e brucia le viti. In questi casi dobbiamo utilizzare certe tecniche viticole, per esempio certe miscele biodinamiche che possono aiutare. Poi dobbiamo contare sulle persone per la raccolta. Quando il livello zuccherino delle uve si alza velocemente non è facile organizzare una vendemmia e questo è snervante.

Cosa ti ha portato a fare vini?
Da giovane ho lavorato in un wine shop (iniziò in modo molto casuale, entrando in un negozio di vini) ed ebbi la fortuna di assaggiare vini eccezionali. Li trovai così irresistibili che a un certo punto volli saperne di più sulla produzione. Mi convinse l’idea che se mi ero divertito a vendere i vini mi sarei divertito ancora di più a farli.

Quando hai pensato di avercela fatta?
È successo in seguito a un fallimento. Ho iniziato producendo il grande Pinot Noir Americano che si rivelò molto più difficile di quanto avessi immaginato. Poi incontrai l’importatore Kermit Lynch che adorava i vini prodotti nella valle del Rodano. Intuii che quelle uve potevano funzionare nella costa centrale della California. Questa idea così semplice si rivelò corretta e il resto, come si dice in questi casi, è storia.

Chi o cosa hai sacrificato per il lavoro?
Non molto tutto sommato, anche se per vendere i vini viaggio ancora molto e questo non mi piace. Trovo difficile stare lontano da mia figlia che ha 10 anni.

Dove ti senti più felice in una cantina o in un vigneto?
In un vigneto senza ombra di dubbio. Devo però dire che non sono un viticulturista dotato, ma quello che mi manca in tecnica lo compenso con l’entusiasmo.

Sei preoccupato per come sta cambiando l’ambiente?
Assolutamente si. Ci dobbiamo preparare a un cambiamento climatico. Nella nostra cantina Bonny Doon lavoriamo su nuove strategie che ci aiutano ad affrontare le temperature più calde e le siccità estreme. Spero di poter fare molto di più con il materiale biochar – sostanzialmente si tratta di carbone attivo che se mescolato con il concime assume interessanti proprietà agronomiche – perchè aumenta la capacità del terreno di trattenere l’acqua, stimola la crescita della simbiosi micorrizica, aiuta la vite ad estrarre i minerali, rende la pianta più resistente alle malattie e alla siccità.

Quale produttore ammiri di più?
Chiunque si dedichi sinceramente alla produzione di un vino che è vera espressione del luogo.

Quale varietà ritieni sopravvalutata?
Cabernet Sauvignon e poi Chardonnay.

Se tu potessi partecipare a una vendemmia e winemaking del passato quale sarebbe e dove andresti?
Oh, non ne sono sicuro. Il passato non mi interessa molto a meno che non parliamo di quello molto lontano. Non so se me la caverei con una piantagione di Folle, una varietà che si raccoglieva chinati dalle viti pre-phylloxera, ma sarebbe interessante poi assaggiarne il risultato.

Se uno dei tuoi vini potesse avere un ruolo in un film quale sarebbe?
Sicuramente un film di James Bond. Sarebbe bello vedere l’agente 007 sostituire un martini con il mio Vin Gris de Cigare.

Hai dei rimpianti nella tua carriera?
Si ne ho alcuni. Per esempio non aver fatto prima i ‘vins de terroir’. Forse non ero maturo o non avevo l’esperienza per poter iniziare allora questo buon lavoro.

Come ti rilassi?
Rilassarmi? Potando, una delle attività più meditative e rilassanti che possa immaginare. Se non posso fare questo mi rilasso con un cruciverba.

1 Commento

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carlo tabarrini

circa 11 anni fa - Link

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