Quello che non mi piace del vino naturale, tra l’altro
di Alessandro MorichettiIl post che segue comparirà come introduzione sul catalogo di Arkè – Distribuzione Vini naturali insieme ai testi di Andrea Scanzi, Roy Paci e Franco Giacosa. Lo trovate anche sul blog di Arkè con una piccola introduzione.
Il mio battesimo nel vino è un dono di mamma AIS (Associazione Italiana Sommelier) e babbo Porthos. Ho fatto la prima vendemmia all’Aurora di Offida, azienda bio da oltre trenta anni. Sono per certi versi un “nativo naturale”: chi lavora in campagna puntando al minor impatto ambientale e in cantina giocandosi la partita con zolfo e ben poco d’altro merita rispetto perché necessita di competenza, cuore e coraggio in parti uguali. Di produttori che si muovono in questo orizzonte – e questo intendiamo con “produttori di vino naturale” – ce ne sono sempre di più ovunque nel mondo e spesso sfornano meraviglie. Il fiume in piena è inarrestabile ma c’è un però e un episodio lo fotografa esattamente.
Siamo a fine 2011, Natural European Wines (evento VinNatur) a Zurigo. Conosco un enologo di fama e mi aggrappo a lui come una cozza per girare tra i banchetti. Di fronte a uno spontaneamente umile produttore pugliese, dopo aver apprezzato un paio di etichette, l’enologo sentenzia con fare quasi paterno: “Qui c’è del brett, non va bene, stacci attento”.
Sono passati quattro anni e quell’enologo, Franco Giacosa, è uno dei miei punti di riferimento: la sua storia, bellissima, parla chiaro. Novello San Paolo, il fu direttore tecnico di Casa Vinicola Zonin (avete presente?) diventa consulente di VinNatur: gli uomini crescono e non finiscono mai di imparare. Il momento in cui Angiolino Maule incontra Franco Giacosa è il punto di non-ritorno, la congiunzione astrale che rende il vino naturale così appassionante. Qui nascono nuove grammatiche e nuovi canoni estetici, molto del gusto cristallizzato viene rimesso in discussione. L’approccio di Giacosa alle problematicità del vino cosiddetto naturale mi piace e lo sposo.
Cosa non mi piace del vino naturale? Quando la grammatica riveduta e corretta diventa assenza di grammatica, quando l’iper-soggettività diventa magnificazione acritica di qualsiasi deviazione, quando il non saper fare diventa affermazione compiaciuta di naturalezza.
La deriva peggiore è poi quella di chi colloca la naturalità (100% uva e basta) su un piedistallo – per cui il convenzionale o poco naturale è un senza-dio – più esclusivo che inclusivo. Ritornano esattamente i tratti che Emile Durkheim individua studiando la sociologia delle religioni: distinzione sacro/profano e ritualismo condiviso (si frequentano solo certe fiere, si bevono solo certi vini) puntano ad individuare una comunità di riferimento ben definita, nouvelle vague di happy few.
E questo, con la socialità del pane e salame, c’entra ben poco.
21 Commenti
Mike Tommasi
circa 8 anni fa - LinkUno dei più bei post sul vin nature del 2015.
Rispondipeter pin
circa 8 anni fa - Linkper me unoi dei peggiori.......
RispondiLeonardo Finch
circa 8 anni fa - Link"Quando la grammatica riveduta e corretta diventa assenza di grammatica, quando l’iper-soggettività diventa magnificazione acritica di qualsiasi deviazione, quando il non saper fare diventa affermazione compiaciuta di naturalezza" Parole che fanno bene al movimento del vino naturale e che andrebbero stampate e distribuite ai quattro venti... ah già, in effetti lo saranno :-)
Rispondiclaudia
circa 8 anni fa - LinkAlla terza rilettura ripeto e ribadisco che per praticare una viticoltura ed un'enologia delle 'braccia conserte 'occorre conoscere tantissimo. Occorre non sedersi sulle granitiche certezze dell'enologia di sicurezza. Per il resto voglio essere taggata anche quando Morichetti va in bagno.
Rispondirampavia
circa 8 anni fa - LinkRagazzi datevi una calmata. L'altro giorno ho riso come un matto leggendo "Dieci regali per l'enostrippato..." di Tomacelli; adesso quasi mi commuovo leggendo questo post che in poche righe esprime quello che da sempre penso del "vino naturale". Lasciate qualcosa anche agli altri.
RispondiClaudia
circa 8 anni fa - Link'Fare e conservare il vino e'una continua lotta contro la sua naturale tendenza a diventare aceto' cit.
Rispondicarolaincats
circa 8 anni fa - Linkavevo un commento di pancia ma meglio che rileggo più e più volte, in più e più giorni....
RispondiMaurizio Gily
circa 8 anni fa - Linkgood job Alessandro. Quello che hai scritto è un messaggio molto chiaro e forte ai produttori disposti ad ascoltare, a mettersi in discussione, a imparare cose nuove, invece di autocelebrarsi e gongolare alle blandizie di chi, sia pure in buona fede, fa il loro male: cioè i lodatori acritici dei vini naturali, ma non buoni.
RispondiCristiana Lauro
circa 8 anni fa - LinkPienamente d'accordo con Maurizio. E bravo Morichetti!
Rispondiil farmacista goloso
circa 8 anni fa - LinkDa ignorante del vino posso solo dire che quando la bottiglia è buona, "naturale" che si svuoti in un baleno. Non dipende dall'etichetta, ma dalla piacevolezza che il liquido racconta al palato. Puzze, durezze, spigolosità, tannini sgraziati, legni mal dosati, tutto concorre a lasciare il bicchiere mezzo pieno per la dissonanza che si avverte eccome, anche da chi non ha studiato. Come la musica, il vino è armonia e melodia.
RispondiPaolo Cianferoni
circa 8 anni fa - LinkConcordo, ma con una postilla. Il vino deve essere buono, ma per farlo con i criteri di grande pulizia, (sempre!), occorre introdurre metodologie che a volte col "naturale" poco si addice. Sopratutto con i cambiamenti climatici dove il PH si innalza, dove l'acidità totale diminuisce e il Brett ha gioco facile. A questo punto possiamo cercare un compromesso. Non demonizziamo il Brett, né lo lodiamo: ognuno nel suo percorso degustativo cerchi e trovi ciò che vuole in quel momento. Ma non dividiamo questi mondi, sarebbe una sconfitta. A mio avviso di base, la base, è sempre il territorio. I territori sono composti da quasi infiniti ecosistemi dove il viticoltore ne è parte: ogni viticoltore deve avere la libertà di interpretare più o meno naturalmente, con più Brett (solitamente più naturale, ma più puzzolente) o meno Brett (più o meno leggermente naturale, ma meno puzzolente) il proprio vino. Sarà il mercato a premiarlo o a penalizzarlo.
RispondiFrancesco
circa 8 anni fa - LinkGentile Paolo, il brett rappresenta quasi sempre, (ma praticamente sempre), un infezione nel mondo del vino. Non c'è nessuno che dica "Qui ci manca del brett, andiamo a prenderne un po' e correggiamo". Stando molto attenti con la pulizia, non c'è nessun brett, anche nei vini naturalissimi.
RispondiLuigi
circa 8 anni fa - LinkParole adattissime anche al di fuori del mondo del vino.
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 8 anni fa - LinkAccidenti che articolo di buon senso, condivisibile e per nulla polemico! Complimenti, bello davvero. Ma che ti è successo, nella Notte Santa hai avuto la visita dello spirito dei Natali passati come Scrouge?
RispondiFabrizio
circa 8 anni fa - LinkBello...complimenti sinceri, se "naturale" fosse tra virgolette...sarebbe quasi perfetto. Per le stesse condivisibili ragioni bene illustrate in questo articolo. Perché il confine è labile e nessuno può arrogarsi il diritto di attribuire patente di "non naturale" al vino di chi lavora in maniera diversa (artigianale/industriale è la distinzione tra vini che, in verità, mi trova maggiormente d'accordo...). E perché alla naturalità maggiore possibile si può, e si deve, tendere...senza mai pensare di averla raggiunta, e senza eccessi, integralismi, e pretese di esclusività, in ogni senso. Cordiali saluti e auguri
Rispondirampavia
circa 8 anni fa - LinkVerrà il giorno in cui non sentiremo più la necessità di distinguere tra vino industriale, naturale, bio, biodinamico, simbiotico e chi più ne ha più ne metta. In Francia il DRC (mica noccioline) e molti altri non hanno sentito il bisogno di comunicare in etichetta la loro "conversione" al naturale, al bio o ad altro. Ho come l'impressione che il continuo dichiararsi "naturale" o il fregiarsi di certificazioni più o meno autorevoli nasconda una certa insicurezza.
Rispondimichele fino
circa 8 anni fa - LinkMolto bello, Alessandro. Bravo davvero anche ad aver dato uno sviluppo che mi pare ottimo alla tavola rotonda del 15 dicembre. Grazie.
RispondiElisa Mazzavillani
circa 8 anni fa - LinkVorrei fare una precisazione, è vero che utilizzare zolfo e ben poco d’altro merita competenza perchè sono da utilizzarsi come prodotti di copertura e a differenza dei sistemici non hanno effetto retroattivo, ma è anche vero che in certe annate particolarmente fredde la sistemia non funziona o funziona solo in parte e l'uso di rame e zolfo è la gestione più intelligente con cui fare protezione. Bel pezzo Ale.
RispondiDaniele
circa 8 anni fa - LinkStrani figuri si aggirano sui Social network ultimamente... I pasdaran della rivoluzione enoica (cit) che trollano la timeline e i commenti di chiunque tenti semplicemente di aprire bottiglie sforzandosi di dedicarci due parole... Trollano in modo spocchioso irrispettoso maleducato e sentenzioso appigliandosi a ciò che nella loro mente appare un riferimento al democristianesimo gamberorossiano conformato... Prendendo dei granchi pazzeschi e facendo delle figure barbine. Mi rivolgo a voi. Leggetevi questo post e avviate un esame di coscienza... Ma come minimo. Cin
Rispondizzzz
circa 8 anni fa - LinkFinalmente una sintesi del naturalismo non solo da condividere, ma da diffondere e propagandare, per sconfiggere i pasdaran (che sono, anche per esperienza personale, perfettamente descritti dall'ultimo paragrafo). Bravo. Il vino è buono quando è buono, non quando ha una certa etichetta.
RispondiPatrizia
circa 6 anni fa - LinkSei stato molto "alto", quasi commovente. Capisco cosa sta dentro le parole e a quello che ne muove il significato. Bravo.
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